Mauro Valeri

La formazione scende in campo

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noslav 02 05/18

La professionalità e la preparazione non si improvvisano ed è per questo che è nato a Nettuno (RM) il Centro di formazione per la tutela dell’ordine pubblico della Polizia di Stato dove si insegna ai poliziotti, e non solo, a gestire nel modo migliore un evento pubblico sia dal punto di vista psicologico che da quello operativo. Ne parliamo con il suo direttore, Gianpaolo Orditura. 

Che tipo di corsi si tengono nel Centro? 
Il Centro in questi anni è stato impegnato nei corsi per gli operatori di polizia di ogni ordine e grado. Naturalmente i piani formativi sono modulati in base alla platea di riferimento. Per gli operatori dei Reparti mobili il programma si compone di una parte teorica e di una addestrativa. Nella prima le materie trattate riguardano in primis gli aspetti relativi al governo e alla gestione dell’op e poi le tematiche di ordine giuridico, organizzativo, psicologico ed etico che afferiscono ai servizi di op. Ciò che più caratterizza, tuttavia, questa attività formativa è l’addestramento alle tecniche operative, che tiene conto della particolare realtà dei Reparti mobili: quella di operare in unità organiche denominate “squadre” e di essere dotati di uno specifico equipaggiamento e di mezzi speciali quali, ad esempio, gli idranti. Per i restanti operatori di polizia, compresi quelli dei corsi di base (allievi agenti, vice sovrintendenti e vice ispettori e commissari), il Centro ha elaborato tecniche operative che consentono la massima tutela e la massima flessibilità di impiego. 

Quale preparazione specifica si richiede all’operatore di polizia addetto all’ordine pubblico?
La preparazione si basa, essenzialmente, su quattro aspetti:

1) aspetto psicologico finalizzato alla gestione dello stress operativo;
2) pianificazione degli eventi finalizzata ad evitare, prevenendole, le criticità operative;
3) addestramento tecnico-operativo che consenta all’operatore di accrescere il bagaglio professionale, al fine di affrontare al meglio ed in sicurezza gli scenari di op;
4) profilo etico che tenga conto dell’esigenza di improntare la propria azione ad un corretto livello di visibilità, di tolleranza e di proporzionato rigore.

Quanti operatori formate?
Il 3 dicembre di quest’anno, ricorrerà il decennale della nascita del Centro. L’incessante attività di questi anni ha portato alla formazione di circa 20mila operatori. Al fine di migliorare l’approccio formativo vengono acquisiti i feedback dell’attività svolta attraverso la compilazione di schede di gradimento. Tali riscontri hanno rivelato un generale ed elevato apprezzamento del lavoro svolto e, al contempo, i suggerimenti forniti dai frequentatori dei corsi hanno permesso di attagliare l’attività formativa alle mutate esigenze del territorio. 

Effettuate corsi solo per il personale della Polizia di Stato? 
Negli anni sono stati formati anche operatori dell’ex Corpo Forestale dello Stato, della Guardia di Finanza e della Polizia Penitenziaria. Si tengono conferenze sulle materie di competenza, presso la Scuola Addestramento di Specializzazione della Guardia di Finanza di Orvieto, che, a sua volta, invia istruttori di tecniche operative presso questo Centro al fine di uniformare le tecniche operative specifiche.

Quali le tipologie di docenti che insegnano nei corsi e come vengono selezionati?
Vengono selezionati docenti in base all’esperienza maturata “sul campo”. Questi possono essere sia funzionari di polizia, responsabili dei servizi di op sul territorio, sia coloro che si occupano della pianificazione degli stessi. Inoltre vengono chiamati a fornire il proprio contributo esperti provenienti dalla Digos, dalla polizia scientifica, dall’Ufficio op, dai Reparti speciali, dall’Ufficio relazioni esterne, dirigenti dei Reparti mobili e psicologi della Polizia di Stato.

Sviluppate dei progetti di ricerca con atenei o aziende private?
Attualmente faccio parte di un gruppo di lavoro che partecipa, in rappresentanza del ministero dell’Interno, al progetto europeo denominato LETS CROWD, nell’ambito del programma di finanziamento della ricerca sulla sicurezza Horizon 2020. Il progetto, cui partecipano anche altre forze di polizia europee, aziende del settore e diversi atenei d’Europa, è finalizzato allo studio di nuovi metodi di gestione della folla durante lo svolgimento di eventi di massa e si prefigge lo scopo di pervenire all’individuazione e all’adozione di un modello comune di intervento nell’ambito dello svolgimento di tali eventi.

Si impara più in piazza o a scuola a gestire l’ordine pubblico?
È difficile rispondere a questa domanda, ma la vera innovazione portata con la nascita del Centro di formazione è che le esperienze dei singoli, positive e negative, sono diventate patrimonio comune. Ovviamente non come dogmi assoluti, ma come principi operativi, atteso che la materia dell’ordine pubblico è molto “fluida” e presenta molte variabili.

Quindi è fondamentale l’esperienza, ma lo è altrettanto lo studio e l’approfondimento delle situazioni che si verificano in piazza.

C’è condivisione delle best practice tra le polizie europee? 
Sia dal punto di vista dell’analisi dei comportamenti delle masse, che dal punto di vista dell’approccio all’op da parte delle forze di polizia dei diversi Paesi, risulta imprescindibile uno scambio finalizzato a ottimizzare le modalità di gestione dell’op e le tecniche operative.
Per questo gli scambi culturali sono piuttosto frequenti. Rappresentanti di vari paesi europei ed extra europei hanno più volte visitato questo Centro ed i Reparti mobili di tutta Italia. Esistono anche alcune esperienze di esercitazioni congiunte, come quella effettuata in Francia alla fine del 2014 tra Reparti inquadrati italiani e transalpini, in vista dei campionati europei di calcio del 2016. Sono stati incontri particolarmente proficui e hanno fornito moltissimi spunti di riflessione sia per quanto riguarda l’approccio all’op, sia per quanto riguarda le dotazioni e i mezzi operativi.

C’è qualcosa di “tipicamente italiano” nel nostro modo di gestire l’ordine pubblico?
Quando si pensa all’approccio “tipicamente italiano” il pensiero va inevitabilmente a ciò che ci viene universalmente riconosciuto: la capacità di rispondere efficacemente anche alle situazioni più imprevedibili. Quello che, però, sempre più sta caratterizzando la gestione dell’op in Italia, è la capacità di effettuare un’attività preventiva che consenta, nella stragrande maggioranza delle situazioni, di evitare l’insorgere di criticità. In questo senso sono emblematiche le due direttive emanate nel gennaio 2009 e nel giugno 2017 che, nell’ambito delle manifestazioni di rilievo la prima e degli eventi che prevedono un forte afflusso di pubblico la seconda, disciplinano in maniera dettagliata tutte le fasi preventive, concomitanti e successive a un evento di op, con un fondamentale obbiettivo che possiamo sintetizzare in una sola parola: pianificazione.

02/05/2018