Emanuela Francia e Susanna Carraro
Un virus contro i pedofili
Usa
Era l’agosto del 2014 quando l’Fbi si accorse dell’esistenza di Playpen (ndr box per bambini), il più grande sito di pedopornografia on line nascosto nel deep web e accessibile solo attraverso il browser Tor, e che a marzo 2015 contava 215.000 iscritti, 23mila immagini di sesso esplicito e 9mila file scaricabili. Per la terza volta l’Fbi, dopo aver sequestrato i server, invece di chiudere il sito, come da prassi tradizionale, l’ha lasciato funzionare per altri 13 giorni e, sulla base di un’ordinanza del giudice, lo ha gestito dal suo quartier generale di Newington in Virginia dove, grazie alla network investigative technique, lo ha infettato con un software di tipo malware, al fine di identificare i computer che vi si collegavano. Grazie a questa tecnica sono riusciti a ottenere gli indirizzi ip di 1.300 pc e a incriminare 137 persone delle 100mila che hanno visitato il sito in quei 13 giorni. Il caso Michaud, dal nome di uno degli arrestati, è la punta avanzata di una serie di indagini federali contro la pedofilia nel dark web ma il malware utilizzato dall’Fbi sta destando le preoccupazioni dei difensori della privacy: attraverso queste tecniche di hackeraggio si identificherebbero, infatti, anche utenti della rete rispettosi della legge che però intendono rimanere anonimi, come giornalisti e dissidenti. Michaud si è addirittura appellato al quarto emendamento per essere prosciolto dalle accuse