Balduino Simone
Violazioni amministrative e controllo del territorio (1^ parte)
Principi generali
1. Premessa
La quasi totalità delle violazioni alle regole dettate per garantire legalità, sicurezza, vivibilità e benessere di un territorio, costituiscono illeciti amministrativi e non più reati.
Questa nuova denominazione è frutto di una scelta del legislatore, tesa, da un lato a sollevare l’autorità giudiziaria da fatti che, singolarmente, non rivestono grande allarme sociale e, dall’altro, a garantire certezza ed effettività alle regole infrante attraverso l’applicazione immediata, o comunque in tempi brevi, delle sanzioni previste. Queste due ragioni, sollevare l’A.G. dal doversi occupare di fatti bagatellari, cioè di minore allarme sociale, e dare certezza ed effettività alle regole attraverso l’applicazione di sanzioni in tempi rapidi e di entità predefinita, sono state, e sono , le le finalità della vasta opera di depenalizzazione che il legislatore persegue incessantemente dalla fine degli anni 60.
La prima depenalizzazione fu portata, sperimentalmente, nel campo del codice della strada nel 1967 e riguardava alcune norme che disciplinavano quei comportamenti ritenuti meno pericolosi. Da allora, la depenalizzazione si è estesa alla stragrande maggioranza dell’intero ordinamento penale, attraverso tappe fondamentali come la legge 24 novembre 1981, n.689, che disciplinava, per la prima volta, i principi generali degli illeciti amministrativi, il dlgs 480 del 1984, che depenalizzava gran parte del Tulps, il dlgs 507/1999, che depenalizzava i reati minori, analiticamente individuati e, in ultimo, con il dlgs n. 8 del 2016, che ha depenalizzato, in via generale, salvo le eccezioni elencate nell’allegato del decreto, tutti i reati puniti con la sola pena della multa o dell’ammenda 1.
1.1 Illeciti puniti con sanzioni civili
Altra recentissima innovazione è costituita dalla previsione di illeciti civili, puniti con sanzioni pecuniarie, introdotti nell’ordinamento dal dlgs 7/2016, che ha abrogato i seguenti reati, di particolare interesse operativo per l’attività di controllo del territorio:
atti osceni (art. 527 cp);
pubblicazioni e spettacoli osceni (art. 528 cp);
rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto (art. 652 cp);
abuso della credulità popolare (art. 661 cp);
rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive (art. 668 cp);
atti contrari alla pubblica decenza (art. 726 cp).
Tra i reati abrogati al di fuori del codice penale si segnalano:
noleggio abusivo o concessione in uso di opere tutelate dal diritto d’autore (art. 171 quater, lett. a, legge n. 633/1941);
copia abusiva su supporti audio-video di opere musicali, cinematografiche ecc. (art. 171 quater, lett. b).
1.1.1 Illeciti civili sottoposti a sanzione pecuniaria
L’articolo 4 del citato decreto prevede la figura dell’illecito civile punito con sanzione pecuniaria in cui si ritrovano anche alcune delle condotte prima costituenti reato, mentre, l’articolo 5, fissa i criteri con i quali il giudice competente all’azione di risarcimento civile, presentata dal danneggiato, applicherà la sanzione. È importante sottolineare che l’abrogazione dei reati e la previsione di illeciti civili, puniti con sanzione pecuniaria, introdotti dal dlgs 7/2016, non rientrano nel processo di depenalizzazione e, quindi, rimangono al di fuori del campo di azione del capo I della legge 689/812.
1.2 Effettività delle regole e legalità del territorio
Nonostante le esclusioni, analiticamente elencate nell’allegato al dlgs 8/2016, relative a legislazioni già oggetto di depenalizzazione, è possibile affermare che l’attività di polizia dedicata al controllo del territorio si muove quasi esclusivamente nell’area delle violazioni amministrative. Sono poche infatti le ipotesi di violazioni che l’operatore può accertare aventi ancora natura penalistica e, per alcune di queste, ultimamente sono state introdotte procedure di accertamento finalizzate alla definizione amministrativa, con obblighi di intimazioni all’autore a ripristinare la legalità infranta. Intimazioni che devono accompagnare l’atto di accertamento e che impegnano lo stesso operatore, o il suo ufficio, a verificarne gli esiti, affinché cessi il procedimento giudiziale iniziato e il tutto sia definito con il pagamento di una sanzione amministrativa.
Queste novità, già introdotte per l’igiene e la sicurezza alimentare (dlgs 155/1997, ora sostituito con dlgs 193/2007) e per la sicurezza sul lavoro, (legge 758/1994), sono state estese anche ai settori dell’ agroalimentare (dl 94/2014) e della tutela ambientale (legge 68/2015). Le nuove procedure, anch’esse funzionali a garantire l’effettività delle regole e l’immediato ripristino della legalità infranta, fanno gravare sull’operatore di polizia adempimenti molto complessi, rendendo l’area amministrativa, dal punto di vista operativo, più complessa di questa penale. Questa complessità operativa e gestionale, se non adeguatamente tenuta in considerazione a livello formativo, sia per gli operatori che per gli Uffici deputati agli adempimenti successivi all’accertamento, potrebbe costituire una delle cause del solo parziale raggiungimento degli obiettivi che il legislatore si prefiggeva.
Le aree tipiche del controllo di legalità e di sicurezza, costituite da circolazione stradale, tutela ambientale, esercizio di attività commerciali e di pubblici esercizi, sicurezza sul lavoro, igiene e salute pubblica, affissioni e pubblicità, sono caratterizzate da alcune inosservanze di regole, le cui violazioni costituiscono illeciti amministrativi. Queste violazioni, quando superano la dimensione fisiologica di fatti isolati per assumere quella più grave di comportamenti diffusi, possono portare a forme di degrado ambientale e di illegalità, sino a costituire l’habitat ideale per gravi forme di criminalità associative. Il pericolo correlato al degrado ambientale è noto e condiviso, sin dagli anni ’80, quando i criminologi americani James Q. Wilson e George L. Kelling indicavano proprio in quella condizione, assunta dal territorio, il primo fattore di intervento per ridurre la criminalità, formulando la nota teoria delle finestre rotte:
« Prendete un palazzo con poche finestre rotte. Se le finestre non vengono riparate, i vandali tenderanno a rompere anche le altre finestre. Alla fine potrebbero anche entrare nel palazzo e, se libero, potrebbero occuparlo o dargli fuoco. Considerate anche un marciapiede dove si accumulano i rifiuti. In poco tempo la spazzatura aumenta. La gente comincia a lasciarci i sacchetti con i resti del cibo acquistato nel bar». Questa teoria che avrebbe portato, come indicazione di recupero, a quella più nota della “tolleranza zero” contro la microcriminalità, ben si adatta anche ad alcune realtà del Paese, oggetto di analisi e di intervento già con la legge 15 luglio 2009 n. 94, che aveva proprio la finalità di recuperare dal degrado quella parte del territorio più sensibile, al fine di orientare i comportamenti di chi li vive. È noto, infatti, che un ambiente degradato induce a comportamenti incivili; più comportamenti incivili determinano modelli comportamentali diffusi, ove i valori culturali, come il rispetto delle regole giuridiche e di civile convivenza, vengono sempre più disattesi.
Per contrastare questo processo risulta centrale l’opera di formazione degli operatori di polizia, che devono essere in grado di intervenire per accertare e verbalizzare le violazioni amministrative, opera non semplice anche a causa delle legislazioni a volte complesse, dei regolamenti locali di difficile interpretazione e del loro coordinamento con le normative nazionali. Occorre quindi grande preparazione, professionalità e perseveranza da parte degli operatori di polizia affinché tali regole vengano fatte rispettare e si consolidi, nelle coscienze dei cittadini, il loro valore etico.
2. I principi generali degli illeciti amministrativi
Testo normativo
Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati.
I principi generali degli illeciti amministrativi costituiscono il riferimento costante per tutti gli operatori impegnati nella complessa e delicata funzione di legalità e di sicurezza del territorio. Essi sono mutuati dal diritto penale e acquistano significati dal valore etico e giuridico, in grado di orientare l’operatore nella corretta applicazione delle norme violate, nel pieno rispetto delle prescrizioni procedurali. E sono queste che garantiscono diritti fondamentali, come l’esatta definizione dell’illecito, la necessità della contestazione immediata, l’obbligo di riportare nella verbalizzazione le dichiarazioni del trasgressore, i termini di notifica di natura perentoria, l’esatta indicazione delle modalità con le quali il trasgressore può estinguere il tutto e l’autorità alla quale poter ricorrere.
2.1 Principio di legalità
L’art. 1, mutuato dal diritto penale, esprime un principio di grande civiltà giuridica, conquistato solo con l’avvento dello Stato di Diritto, dopo i secoli bui, che vanno dalla caduta dell’Impero Romano alla Rivoluzione francese. La norma esprime due valori che insieme definiscono esattamente il principio di legalità:
nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione;
le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in essa considerati.
Principi di natura etica prima ancora che di diritto scritto. Per questa sua natura, l’articolo è tipicamente penalistico in quanto prevede ed afferma un principio, ora esteso anche nel campo delle sanzioni amministrative, che esprimeva la condizione fondamentale per la tutela della dignità e della libertà delle persone. Sino agli anni 60’,quando l’ordinamento aveva solo sanzioni penali, questo principio era riconducibile alla sfera di applicazione dell’articolo 25, comma 2, della Costituzione (principio del nullum crimen, nulla poena sine lege) nella sua accezione più ampia.
L’ estensione anche al campo delle violazioni amministrative, invocata dalla dottrina prevalente, già al primo apparire delle sanzioni amministrative, era confortata da una sentenza della Corte Costituzionale del 3 luglio 1967, la n. 78 che, per un certo tempo, restò isolata e contraddetta dall’orientamento successivo. La stessa dottrina non era concorde nel ritenere valido il riferimento delle sanzioni amministrative al citato articolo 25 della Costituzione, per ragioni che allora erano condivisibili e che possono essere così sintetizzate:
l’origine e l’evoluzione del principio riferibile al secondo comma dell’art. 25 della Costituzione si sono affermati con esclusivo riferimento alle pene criminali e alle misure di sicurezza senza alcuna prevedibile estensione al campo delle sanzioni amministrative;
oltre a questa ragione storica, si imponevano riflessioni di ordine sistematico, relative al fatto che il principio sopraenunciato era, ed è, inserito in un contesto di principi tipicamente ed esclusivamente penalistici (articolo 25 della Cost.), quali i seguenti:
nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge;
nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso;
nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge;
la responsabilità penale è personale e l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva (art 27).
Va ricordato poi che l’interpretazione più autorevole dell’articolo 25 della Costituzione lo considera come espansione dell’articolo 13 (libertà personale). Solo questo stretto collegamento al principio della inviolabilità della libertà personale dà significato alla riserva di legge nel determinare la responsabilità penale. Non sembrava possibile, perciò, procedere ad un inserimento della sanzione amministrativa in un quadro omogeneo e sistematico poiché ciò avrebbe potuto condurre a un affievolimento del livello di garanzia generale, che lo stesso garantiva.
In ultimo, ma non in ordine di importanza, vanno tenute presenti ragioni di politica del diritto. Ancorare la potestà sa