di Daniele Piervincenzi
Colpo vincente in... Canna
La prima volta di un poliziotto al Sei Nazioni. Con il numero 10 sulle spalle, Carlo Canna è ormai pronto per diventare la nuova stella del rugby italiano
I treni non passano mai due volte. Eppure, il primo della sua carriera, Carlo Canna, oggi ventiquattrenne astro nascente del rugby italiano, l’ha lasciato sfilare con il sorriso sulle labbra. «Avevo appena compiuto 17 anni e mi proposero di entrare nell’accademia federale con i migliori talenti italiani – spiega – Ho rifiutato, non volevo lasciare la mia famiglia, la scuola, i miei amici e non ho nessun rimpianto, anzi». Da allora sono passati 7 anni.
Il Sei Nazioni 2016, il torneo più antico del mondo, sta per cominciare e Carlo Canna sarà il numero 10 azzurro. Si confronterà con i migliori giocatori del continente e gli occhi di una Nazione che conta sempre più appassionati saranno puntati su di lui. La fiducia del tecnico azzurro Jacques Brunel se l’è conquistata a suon di giocate: quest’estate, nel tempio gallese del Millennium Stadium, è entrato dalla panchina e dopo appena 3 minuti ha infilato un drop (un calcio di rimbalzo, n.d.a.) fra i pali dei “Dragoni”. Qualche settimana dopo si è visto annullare una meta contro la Francia in Coppa del Mondo. Eppure conserva ancora la stessa serenità di quel ragazzo che cinque anni fa calcava i campi polverosi della serie B, girone Sud.
Benevento, dove Carlo è nato e cresciuto, è un’isola felice del rugby italiano, con le stesse radici profonde di Rovigo, L’Aquila o Treviso. Sul prato del “Pacevecchia”, lo stadio dei Gladiatori sanniti, hanno sudato, placcato e sofferto tutti gli uomini della famiglia Canna. Papà Gerardo giocava centro in coppia con Antonio Fragnito, primo allenatore e mentore del giovane Carlo e il mediano di mischia era Alfredo Dell’Oste, fratello di mamma Daniela. A metà Anni ’90 Carlo saltellava sugli spalti del “Pacevecchia” mentre la sua famiglia era in campo.
«Da noi il rugby è un affare di famiglia, a tavola non si parla d’altro e nei miei ricordi di bambino ci sono i racconti dei veterani del Benevento, fatti di interminabili trasferte e battaglie epiche. Il mio sogno era indossare quei colori e da ragazzino restavo al campo fino a tardi per assistere agli allenamenti, mamma si arrabbiava, certo, ma mai più di tanto. Anche lei è una grande tifosa, non si perde una partita».
Appena maggiorenne per Carlo Canna arriva l’esordio in prima squadra, in serie A, con i Gladiatori sanniti. La stagione è difficile per la squadra allenata da Franco Ascantini, ma Carlo gioca con continuità nel ruolo di apertura. Con le sue prestazioni si conquista un posto in nazionale U.18 e successivamente in U.19 spesso insieme al compagno di squadra Simone Marinaro (che ritroverà anni dopo alle Fiamme oro). La maturità scientifica al liceo Guacci è ormai prossima e nel suo futuro c’è la facoltà d’ingegneria e il Benevento Rugby, ovviamente. Poi cambia tutto.
«Era un momento sereno, le mie prestazioni in campo erano buone e mi divertivo. Mai mi sarei aspettato che di lì a poco la mia vita sarebbe cambiata in modo così radicale. Un giorno notai sugli spalti Bruno Pighetti e Claudio Gaudiello, dello staff Fiamme oro. Sono stati i primi a credere in me. Quella di entrare in polizia era una scelta importante, soprattutto per un ragazzo che non aveva ancora finito la scuola. Aspettai qualche giorno ma nel mio cuore la decisione sapevo di averla già presa. Mi sono concentrato nel preparare l’esame di maturità e dopo il concorso mi sono trasferito a Roma in una nuova squadra e per cominciare una nuova vita. Ero il più giovane della squadra nel ruolo più delicato e ho dovuto conquistarmi la fiducia dei miei compagni giorno dopo giorno. E devo ammettere che non è stato facile a quell’età. Per fortuna la famiglia Fiamme oro non è tanto diversa da quella che ho lasciato a Benevento ed è stata importante per me la guida del dott. Armando Forgione. Adesso mi rendo conto che entrare in polizia è stato il passo in avanti della mia vita».
All’arrivo di Carlo Canna, le Fiamme oro si preparano per la prima stagione in Eccellenza, il massimo campionato italiano. È un grande ritorno, dopo tanti anni di assenza e il mondo del rugby osserva con attenzione il nuovo corso della squadra color cremisi. L’obiettivo della stagione 2012/2013 è la salvezza e per raggiungerla la dirigenza si affida a Pasquale Presutti, ex pilone delle Fiamme e della Nazionale che ha appena vinto lo scudetto a Padova, secondo molti l’allenatore più esperto del campionato.
«Ricordo che già in preparazione Presutti mi osservava con interesse e quando ho letto il mio nome nel XV titolare alla prima partita della stagione è stata una grande emozione. In quella partita tra l’altro ho segnato anche una meta, la prima meta delle Fiamme oro in Eccellenza. Può sembrare una partenza a razzo, ma ero inesperto e troppo istintivo. Presutti mi ha dato fiducia per altre 3 o 4 partite poi mi ha messo da parte per due mesi. Due mesi durissimi, da cui non riuscivo più a riemergere, allora mi sono messo sotto e ho cercato di migliorare sotto l’aspetto tecnico e della gestione; ho seguito gli insegnamenti di un maestro del gioco al piede come Nicola Benetti e ho rivoluzionato il mio modo di interpretare il ruolo. Ho cercato un equilibrio fra l’istinto e la comprensione del gioco. Il 6 gennaio 2013, in occasione del derby contro la Lazio, arriva l’occasione del riscatto. La Lazio aveva in campo giocatori di alto livello come Mannucci, Gerber, Manu e la partita sarebbe stata molto combattuta, come ogni derby. Vinciamo all’ultimo minuto, ma soprattutto è in quel momento che ho capito quali erano le intenzioni di Presutti. Voleva accelerare il mio percorso di crescita e la mia tenuta mentale, dovevo meritarmi la sua fiducia e per me è stato un grande insegnamento».
Nelle stagioni successive le Fiamme oro crescono e Carlo Canna diventa il numero 10 titolare; con il mediano di mischia Benetti compongono una delle regìe più efficaci del campionato. Nella stagione successiva a quella d’esordio trascinano la squadra alla vittoria del Trofeo Eccellenza. La Coppa Italia torna nella bacheca delle Fiamme dopo anni. E la stagione seguente, 2014/2015 è quella della conferma, la squadra della polizia non è più la matricola del campionato ma una realtà solida ed estremamente competitiva, tanto da raggiungere i playoff scudetto e Carlo viene eletto miglior giocatore della stagione.
«Sono stati anni incredibili. La mia crescita come giocatore ma soprattutto come uomo coincide con l’esperienza in polizia. Tuttora che sono un giocatore delle Zebre Rugby, la migliore squadra italiana che compete nel campionato celtico, ricordo con affetto e nostalgia la mia avventura in cremisi. Ho avuto anche il privilegio di rimanere in polizia. Sono l’unico poliziotto nel rugby d’alto livello, e dopo 30 anni sono il primo poliziotto ad essere tornato in nazionale maggiore e questo mi riempie d’orgoglio. Un bel salto dai tempi del “Pacevecchia” se penso che in questa stagione combatto in campo insieme a Mils Muliaina, uno dei più grandi All Blacks di sempre. La prima volta che ci siamo visti gli ho detto che era il mio giocatore preferito alla Playstation e che sono un poliziotto. Lui mi ha risposto che della Playstation gliene fregava nulla e mi ha invitato a bere una birra, era affascinato dall’idea di un poliziotto rugbista».
Grazie alle vittorie in cremisi Carlo Canna si è guadagnato l’attenzione di Jimenez e Guidi, i tecnici della nazionale emergenti. Una selezione dei migliori giovani talenti azzurri e un passaggio obbligato per i giovani che ambiscono alla nazionale maggiore. Le prestazioni di Carlo durante la Tbilisi Cup attirano l’attenzione di Jacques Brunel, che dopo l’infortunio di Kelly Haimona è alla ricerca di una apertura da portare al Mondiale.
«L’esperienza con la nazionale emergenti – spiega Canna – in compagnia di alcuni compagni di squadra delle Fiamme e dei migliori giocatori dell’Eccellenza, è stata estremamente positiva. Abbiamo affrontato e battuto la Georgia e l’Uruguay, due squadre che hanno disputato in seguito un ottimo Mondiale. Ma non avrei mai immaginato di ricevere la convocazione con il gruppo di Brunel. A sorpresa una mattina mi chiama il team manager Gino Troiani per invitarmi a L’Aquila, per il raduno di preparazione al Mondiale. Ho iniziato a realizzare cosa stava accadendo mentre preparavo la borsa, sono arrivato in albergo, nel capoluogo abruzzese e la prima persona che ho incontrato è stata Sergio Parisse. Il capitano era arrivato da Parigi dove aveva appena alzato il trofeo di campione di Francia. Fino ad allora l’avevo visto solo in tv ed ero sinceramente emozionato. Fu lui a rompere il ghiaccio, si presentò e mi chiese delle partite con la nazionale emergenti, le aveva viste, sapeva chi ero e per quale motivo ero lì. Non disse nulla di particolare ma il suo interesse, la sua disponibilità, per me che ero l’ultimo arrivato significò molto. Nei giorni successivi ho imparato a conoscerlo, ad osservarlo durante le sedute di allenamento. Potrei dire che è un grande professionista, attento ai dettagli e alla disciplina, ma la verità è che è un campione e la sua sola presenza è in grado di influenzare positivamente il gruppo».
Il ritiro della nazionale in vista della Coppa del Mondo è allargato a oltre 30 giocatori, ma non tutti saranno convocati da Jacques Brunel e Carlo Canna si deve conquistare il posto.
La prima occasione si presenta in estate, a Torino gli azzurri devono affrontare la Scozia, la rivale di sempre.
«Ero in panchina e non sapevo se Jacques aveva intenzione di farmi esordire. Tuttavia questo non ha fermato il mio padrino, Antonio Fragnito, che ha sottratto il pulmino al Benevento Rugby e fra parenti ed ex compagni di squadra ne ha caricati 14. Ancora non so come ci siano entrati. Hanno percorso 700 km senza neanche sapere se mi avrebbero visto giocare. A Torino la partita è stata brutta, eravamo imballati dalla preparazione e la squadra non girava. Abbiamo perso di poco. Io sono entrato ad appena 10 minuti dalla fine, è stato incredibile ma troppo breve anche se sapevo che la mia occasione sarebbe arrivata di lì a poco. Il momento più emozionante è stato incontrare Antonio e i ragazzi di Benevento, ci siamo stretti in un abbraccio e anche se avevo giocato appena 10 minuti ho sentito la loro gioia. Poi sono tornati sul pulmino e hanno macinato altri 700 chilometri. In questi gesti c’è tutto il nostro sport, il nostro senso di appartenenza».
Il momento di Carlo Canna arriva pochi giorni dopo, in Galles. Il Millennium Stadium di Cardiff i gallesi lo hanno costruito nel cuore della città, per sottolineare l’importanza religiosa che questo sport ha per quel popolo. Sono tantissimi i campioni che si sono lasciati intimidire da uno scenario del genere. Chi dice che affrontare il Galles al Millennium è come affrontare qualsiasi altra grande nazionale in casa, mente. Questa volta Brunel concede a Carlo gli ultimi venti minuti di gara. Carlo entra e cambia il ritmo della partita, dimostrando una sicurezza sorprendente per un esordiente. Dopo appena 3 minuti nell’unico spiraglio fra le maglie della difesa gallese mette la sua firma sul match. Il drop, il calcio di rimbalzo, è un’arte. È un momento di concentrazione e coordinazione. Paragonabile allo swing del golf, con l’unica differenza che sul green non ci sono 15 energumeni pronti a sbranarti. Mentre la palla entra fra i pali dei Dragoni lo stadio ammutolisce. Alla prima occasione, Carlo Canna ha segnato con un drop al Millennium. La sua prova di personalità viene rilevata dalla stampa nazionale e internazionale. Per lui si aprono le porte del Mondiale e la maglia numero 10 della nazionale italiana non è più solo un sogno.
«È stato un anno incredibile, un brivido gelido mi è venuto quando mi sono trovato nel tunnel prima di entrare a Twickenham, nella partita contro la Francia. In quel momento lo stadio era al buio e si intravedevano le fiamme che accompagnano l’entrata in campo dei giocatori. Ho ripensato a Benevento, alla mia famiglia e a tutto quello che avevo sacrificato per essere lì, quel giorno. Poi sono entrato e mi hanno annullato una meta, ma questo è lo sport e il nostro è fantastico».
In questi giorni Carlo Canna è in ritiro con gli azzurri e prepara il Sei Nazioni. È il primo poliziotto a prendere parte al torneo più antico al mondo e indosserà la maglia azzurra numero 10. Quella di Diego Dominguez, che in 15 anni ha visto alternarsi tantissimi giocatori con alterni risultati.
«Sono sereno, c’è una pressione diversa questo sì. Ma sapere che la mia famiglia sarà davanti alla tv a fare il tifo per me rende tutto più tollerabile. E sono sicuro che per le partite all’Olimpico arriverà a Roma anche il pulmino del Benevento Rugby».