Annalisa Bucchieri

Parola alle immagini

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Conversazione sulla fotografia e non solo con Mario Calabresi, direttore de La Stampa

Parola alle immagini

Intervistare un giornalista è l’impresa più difficile della nostra professione, siamo abituati a far domande non a riceverle. Se poi il giornalista in questione è il direttore di uno dei quotidiani italiani in ascesa, La Stampa, allora capite la pazienza mista all’arte dello stalking che tocca usare. Dopo aver inseguito Mario Calabresi al Salone del libro di Torino, al Festival delle letterature al Campidoglio, al Festival del giornalismo a Perugia, all’Auditorium di Roma, mi rimanevano due chances: catturarlo con l’inganno in una formaggeria d’autore (pare non resista) o invitarlo a parlare del Calendario 2016 della Polizia di Stato, firmato da Massimo Sestini. Perché c’è una passione che lo anima fin da quando a 12 anni gli fu regalata una reflex russa con obiettivo da 50mm: la fotografia. Una passione che è diventata anche la cifra del suo modo di intendere il giornalismo. Con il suo libro A occhi aperti ha raccontato i grandi fotografi del nostro tempo come i veri testimoni dell’attualità, i documentatori della Storia, più di molti giornalisti che sono rimasti a parlarne dal desk della loro scrivania in redazione o di inviati rinchiusi negli alberghi di città in stato d’assedio. Loro, i fotografi c’erano, hanno visto, o meglio hanno saputo vedere e hanno capito dove andare a guardare. Non stupisce che sulla prima pagina de La Stampa si rivolga ai lettori spesso prima con un’immagine importante e dopo con le parole.

C’è stata un’altra dopo la russa (intendo di macchina fotografica)?
Sì, tante altre, ho fotografato fino ai 25 anni, però da quando ho visto le mostre dei grandi mi sono inibito. Ho preferito concentrarmi sull’acquisire una cultura fotografica ed esportarla, attraverso il mio libro ma anche attraverso La Stampa. C’è n’è poca, quindi è importante diffonderla insieme agli strumenti critici per leggere un’immagine. Direi che non sarebbe sbagliato fare formazione fotografica ai giornalisti e giornalistica ai fotografi.

Nel suo ultimo libro, Non temete per noi, racconta di essere stato in posti incredibili come Matany, in Africa. Perché non compaiono foto?
Perché ho usato il cellulare come un turista qualunque e quindi non erano all’altezza di essere pubblicate. In genere la macchina fotografica ti isola dal contesto e ti “occupa”. Mentre lavoro preferisco avere le mani libere per scrivere e a

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01/12/2015