di Antonella Fabiani
Cento fumetti contro la Mafia
In una mostra Camorra, "˜Ndrangheta e Cosa Nostra come le hanno viste e illustrate quaranta vignettisti italiani a partire dal secondo Dopoguerra
Violenze, soprusi, agguati, omicidi. Sono i segni che la Mafia ha lasciato e lascia nella storia del nostro Paese. Un solco di dolore e violenza accanto a cui però, grazie alle energie sane di istituzioni e associazioni, è cresciuta negli anni la cultura della legalità. E il termine cultura deve essere usato in senso ampio: letteratura, cinema, musica. In questo ambito anche il fumetto ha avuto il suo ruolo. Grazie al suo linguaggio sintetico e diretto non solo molti vignettisti hanno raccontato storie di boss ma anche l’azione dei grandi protagonisti della lotta contro le mafie.
Su quest’ultimo versante, l’associazione daSud ha affidato al disegno il compito di ricordare dieci anni di impegno civile. Cento tavole originali di oltre 40 autori che, nell’ambito del festival della creatività antimafia e dei diritti “Restart”, sono state esposte in una mostra dal titolo Mcmafia per raccontare la storia del fumetto impegnato contro Mafia, Camorra e ‘Ndrangheta. Un’esposizione che, partita da Roma, (negli spazi del Museo in Trastevere) gli organizzatori prevedono di far conoscere in altre città italiane (il 4 dicembre sarà nel Museo del fumetto a Cosenza).
L’antimafia felice
Nata con una forte vocazione alla cultura della legalità, l’Associazione daSud, costituita da più di cinquanta volontari sparsi in tutta Italia, oltre a realizzare dossier, approfondimenti e dibattiti su tematiche di forte impatto sociale, ha anche prodotto, con la casa editrice Round Robin, la collana Libeccio, dedicata al racconto di storie di criminalità mafiosa e al suo contrasto.
Ma l’attività dell’associazione è anche rivolta ai ragazzi delle scuole medie e superiori cresciuti nei quartieri disagiati: «Cerchiamo di coinvolgerli in cose concrete – osserva Cinzia Paolillo presidente dell’associazione daSud – fargli realizzare video o interviste, o portarli a visitare i beni sequestrati alla Mafia. Tentiamo di fargli vedere che non esiste solo lo spaccio o il degrado, e che possono riappropriarsi degli spazi in cui vivono. La risposta è positiva perchè possono esprimersi e avere fiducia nella possibilità che la società possa cambiare. Ma anche concerti, teatro e l’attività artistica fanno parte delle nostre attività, il nostro slogan è infatti l’Antimafia felice perché crediamo che una cultura della legalità non passi solo attraverso la retorica del martire».
Rientra in questa visione più ampia la scelta di organizzare una mostra di fumetti che ha il compito di raccontare come diversi vignettisti a partire dal secondo Dopoguerra hanno sentito il sacrificio di chi ha fatto della lotta alla Mafia la propria missione. E in che modo hanno immaginato ed illustrato la criminalità mafiosa.
Dal fumetto tradizionale alla graphic novel
Supervisore della mostra Luca Scornaienchi, direttore artistico del Museo del fumetto di Cosenza, che da molti anni collabora con l’associazione daSud: «Mi è piaciuto subito questo progetto della mostra essendo un lettore forte di fumetti. È stato un lungo lavoro di ricerca di archivio – racconta Scornaienchi – perché ho cercato di ricostruire in che modo le mafie sono state percepite e illustrate nel corso degli anni. Perché se nei fumetti degli Anni ‘50 e ‘60 il malavitoso era spesso un pretesto narrativo, il cattivo della situazione rappresentato in modo più o meno simpatico, con il tempo l’attenzione della società e quindi anche dei vignettisti si è spostata sulle vittime. Però quello che ho voluto fare non è stato solo puntare sui graphic novel dedicati ai protagonisti vittime della Mafia come Peppino Impastato o Pippo Fava ma ho pensato di trovare anche dei lavori dove non fosse subito evidente che si parlasse di Mafia come la tavola di Diabolik o quella su Maradona. Molte tavole non sono riuscito a trovarle perché scomparse dalla circolazione, o vendute a collezionisti che non volevano cederle per la mostra. L’unico inedito presente, disegnato appositamente per Mcmafia, è quello dell’illustratore Massimo Bucchi (La Mafia è entrata ormai nel sistema dei vasi comunicanti)».
«Anche se è difficile valutare l’impatto che possono avere festival e mostre del fumetto sul pubblico – continua il curatore della mostra – è sicuramente importante che continuino ad esserci perché è un ottimo strumento per comunicare ai giovani dei messaggi di legalità e anche per introdurli alla lettura. E poi può sempre capitare che tra i visitatori ci sia un ragazzino che tra dieci anni potrà diventare un disegnatore o un grafico».
Una carrellata della mostra vede una prima sezione con le strisce realizzate a partire dal secondo Dopoguerra in cui i protagonisti sono ancora i criminali: si parte con Dylan Dog con Gli spiriti custodi dove ci sono fantasmi e spiriti che proteggono persone in carne ed ossa della Mafia russa; c’è il Don Raffaè in vestaglia che guarda dalla sua cella il brigadiere che gli sta preparando il caffè disegnato da Bruno Brindisi; il Coney island Al Capone ringrazia disegnato da Bruno Ramella (edito da Sergio Bonelli Editore); un Matteo Messina Denaro con la felpa di Diabolik; a seguire una tavola delle storie poliziesche di Nick Raider, agente della squadra omicidi della polizia newyorchese, disegnato da Renato Polese; le tavole di Nero Napoletano (a cura della Scuola italiana di Comix e di Napoli Comicon); un inedito Diabolik in una storia che parla di Mafia; la Copertina n.1 Lady Mafia (disegnata da Pietro Favorito e Domenico Nagliero edito da Cuore Noir edizioni). Una seconda sezione racconta i protagonisti della lotta contro la Mafia come magistrati e giornalisti. Qui ci sono tavole di recente pubblicazione che prediligono, anziché il racconto di padrini, la graphic novel, intere monografie, dedicate a raccontare la vita e la memoria di chi è rimasto ucciso per combattere le mafie: Paolo Borsellino, l’agenda Rossa di Giacomo Bendotti (edito da Becco Giallo) e poi Antonino Caponnetto (non è finito tutto) Pippo Fava (lo spirito di un giornale) disegnati da Luca Ferrara per le edizioni Round Robin; una tavola Maradona tratta dal fumetto omonimo (disegnata da Paolo Castaldi, edita da Becco Giallo), che ferma i momenti che precedono l’incontro del calciatore con il clan Giuliano; e poi le strisce dedicate a Peppino Impastato, Giancarlo Siani, Mauro Rostagno e il prete Don Peppe Diana e il commerciante Libero Grassi.
Dedicata alla satira la terza sezione, con opere di autori come Mannelli, Staino e Vincino. Qui a prevalere sono i riferimenti alla la cronaca del quotidiano, a personaggi politici, a episodi che hanno segnato la memoria del nostro Paese. Accanto alle illustrazioni anche una raccolta di oggetti appartenuti a coloro che ne sono stati vittime, come il libretto universitario e la tessera del partito comunista di Pio La Torre, la macchina fotografica di Lollò Cartisano, una lettera di denuncia del calabrese Vincenzo Grasso, la cravatta di Giuseppe Tizian e il codice penale con gli occhiali di Serafino Famà, e poi ancora i libri appartenuti a Giuseppe Valarioti, tanto per citarne qualcuno.
Prima e dopo Gomorra
«La Mafia è stata per molto tempo un fenomeno all’attenzione di una ristretta cerchia di persone composta da magistrati, giornalisti e poliziotti – osserva Luca Scornaienchi – A cambiarne la percezione nel nostro Paese hanno contribuito alcuni eventi editoriali. Il libro di Roberto Saviano, Gomorra, che ha segnato per certi versi un’attenzione assolutamente nuova verso le tematiche antimafia ed anche la pubblicazione della collana di fumetti il Libeccio di Round Robin e alcune monografie di Becco Giallo».
«È stato tutto un collegarsi di romanzi, saggi, associazioni negli anni Duemila – continua Luca Scornaienchi – che hanno contribuito a cambiare la mentalità rispetto alla Mafia in ambito sociale. Però questa nuova attenzione ha riguardato l’ambito della graphic novel e del fumetto tradizionale perché la satira, invece, essendo maggiormente legata ad autori più politicizzati ha da sempre raccontato la Mafia in modo diverso. Il vignettista Andrea Pazienza ne aveva parlato con le tavole pubblicate su Frigidaire e sul Male, ma anche Sergio Staino e Gino. Ma un ruolo in questa direzione lo ha avuto anche il periodico Cuore negli Anni ‘90».
Il fascino del male
Sono molti i “cattivi” ad essere stati raccontati nel cinema, nella letteratura e nei fumetti. E a volte ci si domanda se libri o film non contribuiscano ad alimentare il fascino dei criminali molto più che il valore dellevittime. «In realtà molto spesso questi personaggi negativi hanno una grande influenza su persone che fanno una vita grigia – commenta Luca Scornaienchi – ancora oggi molti mafiosi sono considerati degli eroi in alcune zone depresse del nostro Paese perché in grado di risolvere i problemi delle persone. Ma penso che questo timore sia una problematica tutta italiana. Chi è una brava persona lo rimane, solo i delinquenti si alimentano di questi miti. Alcuni boss mafiosi sono arrivati a pescare nei grandi film classici di Hollywood come Walter Schiavone che si era fatto costruire la villa come quella di Al Pacino. Ma parliamo di persone che erano già dei criminali».
Un disegnatore in divisa
Paolo Piccione (nella foto), quarantuno anni, pugliese Doc nato a Manduria (Ta), è uno dei più bravi disegnatori in divisa. In servizio da diciassette anni alla questura di Napoli, in passato ha messo la sua abilità al servizio della Polizia di Stato curando due campagne di comunicazione rivolte ai giovanissimi, Stop ai bulli, una brochure partita dal commissariato di Manduria e poi distribuita nelle scuole di tutta Italia; e il book a fumetti Max & Stella due ragazzi come voi, campagna contro i fenomeni di bullismo, pedofilia, vandalismo e baby gang.
Di recente si è aggiudicato il primo talent dedicato al fumetto. «Quasi un anno fa un amico mi informò dell’esistenza di un contest dedicato al fumetto, organizzato da Labo, un’associazione culturale tarantina, da anni impegnata nella promozione della cultura del fumetto e nella valorizzazione dei giovani talenti». Nonostante Paolo sia un vignettista satirico ha deciso comunque di mettersi in gioco e di presentare la sua candidatura.
Tra le tante arrivate sono stati selezionati dieci fumettisti di talento in tutta Italia (dalla Puglia alla Lombardia, dal Lazio all’Abruzzo e al Veneto) tra i quali anche Paolo.
Ridotti a sette finalisti, dopo quattro mesi di formazione intensiva a Taranto, gli artisti hanno lavorato tutta l’estate ai propri albi originali che sono stati sottoposti al giudizio del pubblico, tramite una votazione on line sulla pagina Facebook di ComiXFactor. Alle numerosissime preferenze dei lettori sono stati poi sommati i voti della giuria di qualità, composta da sette esperti, fra giornalisti di settore e professionisti del panorama fumettistico nazionale e internazionale. Con 2.375 preferenze, Paolo Piccione è stato proclamato vincitore conquistando l’ambito premio in palio: la pubblicazione, a cura di Labo, del suo albo completo e originale Che cosa c’entro io in tutto questo?, una storia grottesca e surreale (con i testi dello sceneggiatore Sisto Sammarco) in una tiratura di 500 copie che sarà presentato in occasione di una delle più prestigiose fiere di settore del mondo, il Lucca Comics & Games edizione 2015.
Chiara Distratis