Anacleto Flori

C'era una volta Montalbano

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La nuova serie dedicata agli inizi della carriera del commissario più popolare d'Italia promette di svelare risvolti inediti e piccoli misteri

C’era una volta Montalbano

Che il commissario Montalbano sia il poliziotto più amato dagli italiani non ci sono dubbi, anche grazie alla freschezza delle storie scritte da Andrea Camilleri e all’interpretazione di Luca Zingaretti. Per questo pochi avrebbero scommesso sull’idea di Carlo Degli Esposti, patron della casa di produzione cinematografica Palomar, di proporre agli spettatori una rilettura in chiave giovanile di Montalbano. Eppure grazie alla serietà del progetto e a una squadra di giovani attori guidata da Michele Riondino, alias Montalbano junior, quell’idea è diventata un grande successo. Mentre su Rai 1 sta andando in onda la seconda serie, Poliziamoderna ha incontrato il “giovane commissario”.

Tu avevi già lavorato in un poliziesco come Distretto di Polizia, ma essere chiamato a interpretare il giovane Montalbano è stata una bella promozione sul campo.
Si è trattato di una promozione importante, anche perché in Distretto di Polizia non indossavo la divisa da poliziotto, ma ero più che altro un semplice informatore.

Cosa ti ha convinto ad accettare questa sfida, e a confrontarti con un collega cosi bravo e popolare come Luca Zingaretti?
Quando ho accettato la parte non ho pensato al confronto con Luca, anche perché nel nostro lavoro non esistono gare o competizioni. In questo progetto è come se avessimo avuto la possibilità di lavorare a una sorta di partitura musicale unica, dove le nostre interpretazioni assumono il valore di variazioni sul tema. E poi non era pensabile di riproporre nel giovane Montalbano la stessa cifra interpretativa che Luca aveva disegnato per Montalbano “senior”. La nostra chiave di rilettura è stata quella del romanzo di formazione, anche perché le storie si svolgono a distanza di molti anni e a

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01/10/2015