Cristina Di Lucente
Distrazioni fatali
Gli incidenti mortali risultano in vertiginoso aumento nel mese di luglio. Lo rivelano i dati della Stradale: calo dell'attenzione a causa della tecnologia e mancato uso delle cinture sono i motivi più frequenti
Basta farsi un giro sulle nostre strade per notare che gli italiani al volante non sono tra i più disciplinati: cinture spesso “dimenticate”, quando non allacciate dietro la schiena per evitare quel fastidioso e insistente “beep” proveniente dal cruscotto, contorsioni varie per tenere il cellulare vicino all’orecchio invece di usare l’auricolare o il vivavoce e, sempre più spesso, flashate improvvise di allegre comitive su quattroruote che si scattano selfie a ripetizione per poi postare fotografie improbabili sui social network.
Un trend in crescita
Le cifre parlano chiaro: l’incidentalità mortale sulle strade italiane è decisamente in aumento rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente (fonte: Servizio polizia stradale su dati rilevati da Polizia di Stato e Carabinieri). Un campanello d’allarme che in realtà la polizia stradale aveva ravvisato già lo scorso anno, rilevando una decisa inversione rispetto al trend virtuoso che aveva caratterizzato oltre un intero decennio (2001-2013) e che chiudeva con un bilancio positivo rispetto agli incidenti mortali, in costante diminuzione. Si trattava di decrementi a tre cifre, che nel 2014 si sono trasformati in un numero a due cifre, rappresentando così un calo decisamente meno marcato (l’Istat ha infatti registrato nel 2013 una diminuzione delle vittime pari al 9,8%, nel 2012 al 2,8% e nel 2011 al 6,2%). I primi 6 mesi del 2015 hanno purtroppo confermato l’inversione di tendenza, che ha raggiunto il picco nel mese di luglio appena trascorso: in particolare, gli incidenti mortali sono passati dagli 879 del 2014 agli 897 dell’anno in corso (+18 pari ad un incremento del 2%), ma anche il numero delle vittime è aumentato di 18 unità, passando da 954 dei primi 7 mesi del 2014 a 972 dello stesso periodo del 2015 ( + 1,9%); unico dato positivo quello relativo agli incidenti con lesioni e alle persone ferite, diminuiti rispettivamente del 3,6% (- 704 incidenti) e del 2,8% (853 feriti in meno).
Le insidie della notte
L’elemento che desta la maggiore preoccupazione è quello relativo agli incidenti che si verificano nella fascia oraria dalle 22 alle 6. Infatti, nel mese di luglio gli incidenti notturni con esito mortale sono passati da 28 di un anno fa a 60 e le vittime da 30 a 66, con un aumento, rispettivamente, di oltre il 114% e del 120% (nel primo semestre l’aumento percentuale era stato molto inferiore, del 3,8% e del 1,5%).
Nelle due ruote si registrano risultati contrastanti se si prendono in esame cicli e motocicli. Se la mortalità tra i ciclisti è diminuita del 25% (4 in meno, da 16 a 12), le vittime tra i centauri sono aumentate del 78% (da 41 a 73: 32 in più).
Ma purtroppo, per essere vittime di incidenti stradali, non è necessario trovarsi alla guida o essere passeggeri di un veicolo a motore o a pedali. Infatti anche tra i pedoni si è registrato un significativo peggioramento dell’incidentalità, con 18 vittime contro le 10 di un anno fa (+80%).
Maleducazione stradale: cellularemania
La questione si fa seria e richiede un’indagine accurata circa le cause che rendono le nostre strade un potenziale pericolo per chi le percorre. Abbiamo interpellato la Stradale per aiutarci a comprendere questa problematica nelle sue diverse sfaccettature, incluse le strategie che verranno intraprese per arginarla. «Per l’incarico che mi compete preferisco riferirmi innanzitutto al comportamento dei conducenti – precisa Giuseppe Bisogno, direttore del Servizio polizia stradale – le cause di questa accresciuta incidentalità vanno imputate prevalentemente alla loro condotta di guida, in particolare ai motivi di distrazione». E volendo stilare una graduatoria, il primo posto è occupato dai telefoni cellulari, oggi sempre più multiuso, che non permettono semplicemente di comunicare attraverso la classica telefonata ma ci connettono al mondo con sistemi di messaggerie, piattaforme social, foto e videocamere, raggiungendo il paradosso dei selfie scattati mentre si è alla guida.
Cinture: queste sconosciute
Altro fattore importante, spesso sottovalutato, tanto da apparire una questione da tempo superata è il mancato uso delle cinture di sicurezza, in particolare sui sedili posteriori, e dei sistemi di ritenuta per i bambini. «Il mancato uso delle cinture costituisce un comportamento molto rischioso – spiega Bisogno – se usate correttamente riducono dell’80% la possibilità di morte o ferite gravi in caso di incidente». Una ricerca a cura dell’Istituto superiore di sanità e del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti conferma la scarsa diffusione di quello che dovrebbe essere invece un comportamento automatico, con un 63% di conducenti che indossano le cinture e uno sconfortante 10% di persone che rispettano l’obbligo nei posti posteriori del veicolo. Una percentuale così esigua è dovuta in parte alla mancata conoscenza di tale obbligo, in parte perché ritenuta trascurabile per gli spostamenti brevi. Talvolta si ha persino l’errata percezione che, in caso di incidente, gli occupanti dei sedili posteriori siano maggiormente protetti: «È invece esattamente l’opposto – confermano gli esperti della Stradale – i passeggeri posteriori sono di gran lunga più esposti. Senza essere ben assicurati rischiano di essere sbalzati fuori dal veicolo con conseguenze molto gravi, specie in presenza dell’airbag». Questo dispositivo si completa infatti solo con l’uso delle cinture, creando un guscio protettivo nel posto in cui la persona è ben ancorata; in caso contrario l’airbag può addirittura favorire l’espulsione del passeggero fuori dall’abitacolo, catapultandolo sull’asfalto con elevato rischio ulteriore di essere travolto da altri veicoli.
Le strategie di contrasto
L’urgenza della questione sicurezza stradale richiede l’elaborazione e la messa in atto di strategie efficaci di contrasto, dall’aumento dei controlli a una maggiore severità nel punire le violazioni al codice della strada, con particolare riferimento all’articolo 173, in relazione all’uso scorretto del telefonino alla guida, soprattutto considerando che molte applicazioni di cui gli smartphone dispongono sono facilmente accessibili con una sola mano, ampliando il rischio di incidenti causati da modalità di guida incerte, rallentate o con manovre improvvise e non presegnalate. Per punire i comportamenti illeciti, i Compartimenti di polizia stradale diffusi sul territorio stanno schierando anche pattuglie con colori di serie, che porterebbero maggiori risultati: «La dissuasione attraverso macchine con i colori d’Istituto è risultata inefficace su questo tema, si limita infatti ad avere un effetto nell’immediato, quando il conducente del veicolo si accorge della presenza della polizia, magari attraverso un colpo d’occhio allo specchietto retrovisore», spiega il direttore della polizia stradale. La compilazione di un verbale, abbinata alla sottrazione di punti dalla patente (nei casi più gravi è possibile anche sollecitare il legislatore al ritiro della licenza di guida nell’immediatezza della prima sanzione) sortirebbe invece l’effetto inibitorio desiderato rispetto al comportamento illecito.
Auto che invecchiano
Un aspetto diverso dal fattore umano, che comunque vale la pena considerare perché anche in questo caso il primo elemento può fare la differenza, è la manutenzione dei veicoli. Inutile nascondersi che il parco autovetture del nostro Paese stia invecchiando, e i motivi sono alla luce del sole: in tempo di crisi, la maggioranza cambia la propria auto con meno frequenza rispetto al passato. I veicoli più vecchi richiedono naturalmente più precauzioni da parte dei proprietari mentre i tutori dell’ordine prestano nei controlli maggiore attenzione alle revisioni. La verifica dell’autenticità dei documenti è fondamentale; è sufficiente pensare alla tragedia del pullman sul viadotto “Acqualonga”, in provincia di Avellino, del 28 luglio 2013 nella quale hanno perso la vita 40 persone: il torpedone era infatti dotato di una falsa revisione e di un timbro acquistato illecitamente, impresso sulla carta di circolazione. «È necessario soffermarsi su cose apparentemente ovvie come lo stato degli pneumatici o dei fari – proseguono gli esperti – quando il veicolo è nuovo, tutto è funzionante ma con il passare degli anni la manutenzione richiesta diventa sempre più frequente». Persino l’azione di un tergicristallo può risultare determinante, basta pensare a un improvviso temporale, o il lunotto termico che consente la visibilità all’interno dell’abitacolo: ogni dettaglio è funzionalmente importante.
“Tutoriamo” la velocità
Le pattuglie su strada saranno dunque maggiormente propense a controllare lo stato dei veicoli, anche se non aumenteranno numericamente. La tendenza e però indirizzata a una più efficace organizzazione attraverso l’uso di tecnologie di controllo da remoto: il riscontro sulla revisione potrà essere effettuato senza la presenza fisica dell’uomo in divisa, attraverso una telecamera che rileva la targa e la verifica tramite la banca dati della Motorizzazione; una volta accertata la violazione il verbale sarà fatto recapitare direttamente a casa dell’intestatario del veicolo. Anche gli interventi normativi stanno andando in questa direzione, cosi come è già possibile per i sistemi informatici tecnologicamente avanzati e attualmente in uso di tutor e vergilius (l’apparecchiatura in tutto simile al tutor, adottata sulla rete Anas).
In questo caso si tratta di una tecnologia particolarmente “democratica”, che non va a colpire l’utente nel preciso istante in cui oltrepassa il limite di velocità: a differenza degli autovelox, questi strumenti colpiscono un comportamento reiterato, una violazione che supera la media consentita per un tratto di 10 km. Chi dispone di autovetture particolarmente dotate può eccedere in momenti specifici, come nelle manovre di sorpasso, sapendo di poter compensare con un rallentamento in un tratto successivo per controbilanciare la velocità media. Il Cnai (Centro nazionale accertamento infrazioni) riceve, a partire dallo scorso anno, tutte le infrazioni registrate tramite le nuove apparecchiature trasformandole in verbali da inviare ai trasgressori.
Prevenzione shock? No, grazie
Quanto alla prevenzione, in altri Paesi europei si è puntato molto sulle campagne che fanno uso di immagini ad alto impatto emotivo ai lati della strada per sensibilizzare gli automobilisti versa la problematica. «In Italia la polizia stradale lavora sul fronte prevenzione, con particolare riferimento alle campagne contro la guida in stato d’ebrezza, in sinergia con il Dipartimento di psicologia dell’Università e con altri partner finanziatori come la fondazione Ania, optando per una politica mirata a non trasmettere immagini troppo forti, che rischiano di essere rimosse – spiega ancora Bisogno –. Per i giovani la modalità educativa che abbiamo adottato si è rivelata efficace, nella fascia d’età che arriva ai 30 anni la mortalità si mantiene fortunatamente con segno negativo». I costumi dei giovani sembrano essere mutati e se ieri le “stragi del sabato sera” destavano allarme, oggi la figura del guidatore designato, il “bob”, comincia a prendere piede, come l’uso di bus-navetta per andare e tornare dalle discoteche.
Tuttavia, i messaggi educativi da far recepire non riguardano solo la nostra nazionalità e cultura: per svariati motivi siamo un Paese soggetto al transito e alla permanenza di cittadini stranieri ed è pertanto necessario che comprendano anch’essi le nostre regole anche in qualità di conducenti di veicoli. «È necessario che portino con sé patenti che possono essere utilizzate sul territorio italiano e che siano in grado di rispettare le regole sulla circolazione vigenti nel nostro Paese». Sono al vaglio dei cambiamenti normativi a questo proposito, il cosiddetto “pacchetto stranieri”: queste proposte, in procinto di essere approvate, forniranno strumenti aggiuntivi per agevolare, ad esempio, le notifiche all’estero di infrazioni provenienti dalle nostre tecnologie sul controllo della velocità.
Il pericolo è in città
Ma tornando al nocciolo della questione, è possibile tracciare un identikit dei trasgressori più soggetti alle “distrazioni fatali”? La risposta è negativa perché ci troviamo di fronte a un fenomeno trasversale. I comportamenti negligenti in questo senso non comprendono semplicemente chi utilizza dispositivi tecnologici all’avanguardia (prevalentemente giovani), ma chiunque disponga di un telefono cellulare. Quanto alla tendenza alla trasgressione riguardo l’uso del casco e delle cinture di sicurezza, al di là di una tendenza complessiva a diminuire nelle proporzioni d’uso man mano che si scende verso il meridione (studio dell’Istituto superiore di sanità), non viene rilevata una correlazione stringente tra fasce geografiche e mancato utilizzo dei dispositivi presi in esame. Sembrerebbe opportuno tornare a una sorta di automatismo per riacquisire condotte di guida corrette, considerando che la maggior parte dei comportamenti virtuosi alla guida si acquisiscono con l’abitudine. Non sono esenti da questo discorso le forze dell’ordine: sull’opportunità di utilizzare le cinture di sicurezza in servizio ci sono corsi di tecniche operative dove gli istruttori sottolineano l’importanza del dispositivo proprio nell’ambito degli interventi sulle volanti. Un’altra considerazione utile per comprendere la situazione dell’incidentalità sono le condizioni della rete viaria nel nostro Paese e la localizzazione degli incidenti in prevalenza sulle strade urbane: «Il manto stradale italiano va sempre più a peggiorare, sia sulle strade urbane che extraurbane – conclude il direttore della Stradale – ma a questa fatica nella manutenzione, legata ai fondi disponibili da parte degli enti locali, è necessario contrapporre un adeguato comportamento degli automobilisti che devono adattare la propria condotta di guida alla strada». In Italia quasi il 70% degli incidenti mortali si verifica sulle strade urbane: a fronte di 3300 morti nel 2014, non hanno superato quota 300 i decessi avvenuti in autostrada. Non è irrilevante, all’interno di queste cifre, il peso costituito dalla presenza di pedoni, ciclisti e motociclisti, oltre a quella degli automobilisti, pari a 500 morti l’anno per ciascuna categoria. L’autostrada sembrerebbe a questo punto, rimanere il luogo più sicuro.
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Pullman più sicuri
L’attenzione a questo settore dei trasporti è cresciuta a causa di incidenti stradali, anche molto gravi, che hanno coinvolto in particolar modo gli autobus in gita scolastica. È particolarmente importante monitorare le modalità di trasporto perché la sicurezza in questi casi è imprescindibile e non può essere affidata al caso. La polizia stradale, in collaborazione con il Miur (ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca), ha attivato un protocollo per verificare e garantire elevati standard di sicurezza dei pullman utilizzati per le gite scolastiche. Le verifiche riguarderanno documenti di guida, autista e veicolo, per assicurarsi che il trasporto sia regolare e il conducente in condizioni idonee a partire. «C’è il sospetto che la crisi economica contribuisca a portare sul mercato pullman non efficienti e la concorrenza sleale incroci magari le intenzioni di qualche dirigente scolastico che, in buona fede, accetti la proposta della ditta con il prezzo più vantaggioso», ha spiegato Giuseppe Bisogno, direttore del Servizio polizia stradale. Finora i controlli erano stati eseguiti su iniziativa degli istituti scolastici, attivando la Stradale per controllare che il pullman avesse le carte in regola per affrontare il viaggio. Oggi l’intervento è diventato decisamente più strutturato: i rappresentanti Miur hanno condiviso con le scuole l’opportunità di porre nelle richieste delle gare di partecipazione da parte delle ditte di autonoleggio l’obbligo di consegna della documentazione relativa a veicolo e conducente/i. Oltre a questa procedura obbligatoria saranno effettuati ulteriori controlli a campione dalle pattuglie sul territorio presso i caselli, in base agli itinerari seguiti. Queste procedure, in parte attivate già nell’anno scolastico passato, diventeranno sistematiche in vista di quello imminente.
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Campagne di educazione stradale
di Maria Francesca Bruschi*
I giovani rappresentano i primi destinatari della comunicazione in materia di sicurezza stradale, soprattutto perché i ragazzi, già protagonisti della strada come pedoni, ciclisti e conducenti di ciclomotori, sono la generazione dei futuri automobilisti e i migliori portavoce del messaggio di legalità con il mondo degli adulti. A seconda del target, con riferimento all’età, al grado di maturità e di esperienza, i ragazzi vengono sensibilizzati su temi importantissimi che riguardano la loro e l’altrui sicurezza. Il progetto Icaro, giunto ormai alla 15^ edizione, è promosso dalla Polizia di Stato in collaborazione con il Dipartimento di psicologia - università di Roma “La Sapienza”, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Miur, il Moige (Movimento italiano genitori), la Fondazione Ania per la sicurezza stradale, il Gruppo autostradale Astm-Sias, autostrada del Brennero, aziende del settore ciclistico e il sostegno delle società Avio e Avio Aero. La campagna coinvolge tutte le scuole, dalle elementari alle superiori, con programmi differenziati in base alla fascia d’età, promuovendo la cultura della legalità per evitare che i ragazzi assumano comportamenti pericolosi, causa principale degli incidenti stradali. Ogni anno al progetto è abbinato un concorso: in questa edizione i ragazzi si sono sfidati a “colpi di immagine”, scattando la più bella fotografia che sapesse parlare di questo argomento, accompagnata da un breve testo. La campagna è divenuta anche un progetto europeo con Icarus, cofinanziato dalla Commissione europea, con l’obiettivo di esportare il modello formativo sperimentato in Italia e avviare una ricerca scientifica volta a individuare le variabili individuali di natura psicologico-sociale maggiormente connesse ai comportamenti di guida rischiosa nei giovani guidatori europei. Il progetto è stato completato da un film dal titolo “Young Europe”, girato in quattro Paesi europei (Italia, Francia, Irlanda, Slovenia), che narra le storie di ragazzi accomunate dalla triste esperienza dell’incidente stradale che cambia per sempre le loro vite. Numerosissime sono poi le iniziative di sicurezza stradale che prevedono l’utilizzo del Pullman Azzurro della Polizia di Stato, l’aula multimediale itinerante all’interno della quale i giovani partecipano a lezioni di educazione stradale. Il Pullman è protagonista nel progetto BiciScuola, l’iniziativa correlata al Giro d’Italia rivolta in esclusiva alle scuole di tutta Italia, con l’obiettivo di far conoscere ai giovani il mondo e i valori della competizione e avvicinarli all’uso della mobilità sostenibile e al rispetto per l’ambiente. Infine, per sensibilizzare i giovani sui rischi della guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti, negli anni si sono succedute molte campagne in collaborazione con la Fondazione Ania per la Sicurezza Stradale, per favorire il senso di responsabilità e autocontrollo dei giovani.
*vice questore aggiunto del Servizio polizia stradale
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Una telefonata che costa caro: guida e telefonino nei Paesi confinanti
di Paolo Cestra*
Dal 1° luglio 2015 in Francia, con l’entrata in vigore della 22^ misura del Piano d’azione nazionale per la sicurezza stradale, una modifica dell’articolo R 412-6-1 del codice della strada vieta a tutti i conducenti di autovetture, autocarri, motocicli e ciclomotori di portare all’orecchio dispositivi suscettibili di emettere suoni (conversazioni telefoniche, musica, radio). Unica eccezione, gli apparecchi elettronici correttori di ipoacusia ed esclusione dalla norma per i conducenti di veicoli d’interesse generale prioritario e adibiti a scuola guida. Per telefonare mentre si guida, pertanto, resta solo la possibilità di utilizzare apparecchiature vivavoce. La nuova norma, fortemente voluta dal ministero dell’Interno di Parigi, intende contrastare un comportamento che in Francia è responsabile di 1 incidente stradale su 10 e che, secondo le statistiche transalpine, moltiplica per 3 il rischio d’incidente, anche in considerazione del fatto che il 51% dei conducenti francesi dichiara di far uso del telefonino mentre è alla guida. L’Istituto francese di statistica, inoltre, ha fatto sapere che la distrazione per ascolto telefonico durante la guida determina una riduzione dal 30 al 50% delle informazioni percepite dalla strada, con conseguente impatto negativo sull’ottimale esecuzione delle manovre di guida e relativa condotta. La sanzione prevista per le violazioni della nuova norma è di 135 euro con decurtazione di 3 punti dalla patente di guida (su un totale di 12 punti disponibili). Restando oltralpe, anche il Consiglio federale svizzero ha recentemente auspicato un aumento della sanzione prevista per chi utilizza durante la guida dispositivi elettronici come cellulari, navigatori, tablet, in grado d’influire negativamente sulla capacità di guida, atteso che il conducente, distratto dalle operazioni di digitazione reagisce più lentamente, frena con minore efficacia e manovra il veicolo con precisione ridotta. Studi realizzati per il Governo federale di Berna hanno confermato che i provvedimenti amministrativi per violazione del codice della strada imputabili a disattenzione alla guida sono in costante aumento e la distrazione provocata dall’utilizzo durante la guida, di mezzi di comunicazione e di strumenti elettronici multimediali, costituisce un serio pericolo per la sicurezza stradale. In Svizzera il codice della strada impone di non telefonare se non con l’impiego di un dispositivo cosiddette “mani libere”, che consenta di mantenere intatta la possibilità di compiere agevolmente tutte le manovre di guida, e di non scrivere e/o leggere messaggi alla guida, mentre non è vietato premere brevemente un tasto del navigatore qualora tale apparecchio sia facilmente raggiungibile e fisso. In caso di violazione del divieto la sanzione minima attuale è di 100 CHF (pari a circa 95 euro), ma nei casi più gravi può comportare anche l’applicazione di una pena detentiva e la sospensione della patente per almeno 3 mesi. Il Consiglio federale ha proposto un aumento della sanzione a 500 CHF (circa 450 euro). In caso d’incidente stradale riconducibile a tale violazione il codice civile elvetico prevede anche riduzioni nelle prestazioni assicurative. Proseguendo il nostro viaggio a ridosso dei confini nazionali, sensibilmente minori appaiono le sanzioni previste in Slovenia (85 euro) e in Austria (25 euro). Un’ultima curiosità riguarda la Serenissima Repubblica di San Marino, dove, ai sensi dell’articolo 2, comma 8 del codice della strada, durante la marcia è vietato fumare, usare cuffie sonore o apparecchi radiotelefonici (salvo che questi siano muniti di dispositivi che non richiedano per il loro funzionamento l’uso delle mani) o mantenere il volume di apparecchi radio o di riproduzione sonora tanto alto da compromettere la sicurezza della guida. La sanzione va da un minimo di 100 euro a un massimo di 300 euro.
*vice questore aggiunto del Servizio polizia stradale
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La psicologia del trasgressore
di Anna Maria Giannini*
L’obiettivo di ridurre la quantità di incidenti stradali costituisce la priorità per le Istituzioni che si occupano di sicurezza stradale. I dati che vengono diffusi rendono conto di una vera e propria emergenza: ogni giorno un numero di persone perde la vita oppure riporta lesioni irreversibili nel coinvolgimento in incidenti sulla strada.
I livelli della prevenzione sono molto importanti dato che all’origine degli incidenti, nella maggior parte dei casi, si trovano motivi rintracciabili nel fattore umano.
Quali sono dunque le cause e come si può intervenire per incidere sui comportamenti per abbassare i livelli di rischio?
Dal punto di vista dei comportamenti, l’azione di guida viene molto spesso considerata come azione compatibile con altre azioni da svolgere simultaneamente; si ritiene, erroneamente, che l’attenzione sia un processo illimitato e che sia possibile dividere l’attenzione fra diverse azioni, alcune delle quali addirittura richiedenti la necessità di distogliere lo sguardo dalla strada per determinate quantità di tempo.
Gli esempi possono essere diversi: si va da chi conversa al telefono cellulare senza gli appositi dispositivi, oppure scrive messaggi o email, a chi addirittura, poggiando il tablet o il laptop del computer sul volante o sul sedile accanto, disinvoltamente digita sulle tastiere mentre guida. In questi casi l’attenzione viene distolta dal target rilevante, cioè il mantenimento del controllo della strada e dirottata su altre attività ma nel fare questo si corrono gli evidenti rischi dati dall’aumento dei tempi di reazione di fronte a un ostacolo e del conseguente aumento vistoso dello spazio di frenata.
Ma perché si ritiene di poter gestire in questo modo i processi attentivi e si sceglie dunque di rischiare la propria vita e quella degli altri? I dati in nostro possesso, raccolti attraverso questionari a cui sono stati sottoposti ragazzi dei vari cicli scolastici dicono chiaramente che all’origine di tali comportamenti vi è la radicata convinzione che la condotta di guida sia un’attività di sfondo da poter gestire simultaneamente ad altre attività senza che questo comporti rischi. Anche di fronte alle adeguate spiegazioni, alle evidenze e alle illustrazioni delle formule che rendono evidente l’aumento dello spazio di frenata nei casi di distrazione, si resta perfettamente convinti che tutto ciò valga sempre per gli altri e che invece in prima persona si sia molto abili e capaci di rimanere padroni della situazione. In ricerche parallele abbiamo constatato che tali convinzioni caratterizzano anche molti adulti. A tutto ciò si aggiunge la crescente abitudine delle persone a distribuire l’attenzione su diverse attività senza mantenerla mai troppo a lungo su una singola operazione. Lo stesso avviene in altri tipi di attività, il problema è che alla guida tutto ciò costituisce una gravissima forma di rischio.
Analoga forma di valutazione distorta del pericolo riguarda l’eccesso di velocità, abitualmente praticato da coloro che percepiscono le norme del codice come intralcio e preferiscono affidarsi alle soggettive valutazioni della personale capacità di gestire il veicolo ad alte velocità e in qualsiasi condizione. Altra forma di egocentrismo e percezione di onnipotenza che caratterizza i giovani che tipicamente amano il rischio, perché fa parte della fase specifica dello sviluppo dedicarsi alla ricerca di sensazioni forti, ma caratterizza anche molti adulti che gestiscono la convivenza sulla strada cercando di imporre prepotentemente la loro presenza con modalità sprezzanti e aggressive nei confronti degli altri. Vi è molta letteratura scientifica e anche i nostri dati la confermano, su quanto l’aggressività e lo stile competitivo giochino un ruolo rilevante nelle assunzioni di rischio date dall’adottare velocità elevate, non dare la precedenza, non rispettare gli stop etc. A differenza della cattiva gestione delle risorse attentive che caratterizza un profilo di guidatore “multitasking” (che si dedica a più attività simultaneamente) in quanto overconfident cioè particolarmente convinto delle sue grandi abilità e capacità di gestire qualsiasi situazione, il guidatore che viola i limiti di velocità e le regole di viabilità si presenta come soggetto ostile, aggressivo, competitivo, che afferma il suo egocentrismo con condotte prepotenti e impositive. La velocità costituisce un feedback della potenza e un modo per gestire il tempo per coprire le distanze attraverso la dimostrazione a sé stessi e agli altri di una presunta abilità a dispetto di ogni altra valutazione. La responsabilità che ci si assume come guidatori di qualsiasi mezzo e anche come pedoni riguarda la corretta gestione di spazi, tempi e modalità, per garantire la salvezza propria e degli altri nella condivisione delle attività di spostamento e transito. Il codice della strada descrive accuratamente i modi che garantiscono la sicurezza e la distanza che si decide di assumere dalle norme e dunque la violazione delle norme stesse, attraverso comportamenti che non le rispettano, richiede un adeguato contrasto, non rappresenta soltanto repressione (anche se è molto importante che le violazioni vengano represse) bensì una rilevante forma educativa. E’ molto noto nelle discipline psicopedagogiche e negli studi classici sull’apprendimento che non sanzionare e reprimere un comportamento scorretto equivale a incoraggiarne la reiterazione; ignorarlo, a sua volta, ne favorisce la ripetuta messa in atto. La stigmatizzazione del comportamento negativo che si vuole eliminare e la repressione dello stesso aumentano la probabilità che venga estinto.
*professore ordinario presso la facoltà di psicologia a “ La Sapienza” di Roma
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Incidenti stradali: l’evoluzione normativa
di Stefano Ferrara*
Nel 2001 la Commissione europea, nel Libro bianco sulla “politica europea dei trasporti”, a fronte di una domanda di mobilità in costante crescita e della constatazione di una scarsa qualità dei relativi servizi, individuò nella sostenibilità economica, sociale e ambientale le qualità irrinunciabili di un moderno e migliorato sistema dei trasporti. Tra le numerose aree d’intervento ha rivestito una particolare importanza quella della sicurezza stradale e, in particolare, l’obiettivo del dimezzamento delle vittime da incidente stradale entro il 2010. In tale contesto l’Italia partiva da una situazione di estrema gravità: 7.096 vittime registrate dall’Istat nel 2001, una quota rilevante delle 41.000 morti annue “censite” all’epoca dalla Commissione europea. Per attuare una decisa inversione di tendenza, i governi succedutisi hanno progressivamente adottato una serie di interventi normativi – tra cui l’introduzione della patente a punti e le mini riforme del cds dal 2002 al 2008, per contrastare i più pericolosi comportamenti alla guida, sia attraverso la previsione di nuovi illeciti, sia mediante l’inasprimento delle sanzioni.
Consapevoli che l’obiettivo della riduzione delle vittime da incidente stradale non potesse essere perseguito con il solo intervento normativo, sono state realizzate numerose iniziative: è il caso del ricorso alla tecnologia per l’accertamento da remoto delle violazioni, di cui il Tutor – che a oggi copre 3.000 km di autostrada – è l’esempio più noto; dell’aumento costante dei controlli di polizia stradale e carabinieri per il contrasto della guida in stato di ebbrezza (circa 60.000 nel 2002 e oltre 1.600.000 nel 2010); dell’impegno costante della Specialità nell’educazione stradale, presso le scuole di ogni ordine e grado.
Gli sforzi e l’impegno di numerosi Enti e di vasta parte della società civile per rimuovere l’idea sbagliata che l’incidente stradale sia una “fatalità”, hanno consentito al nostro Paese, di ottenere risultati positivi: infatti, le vittime da incidente stradale registrate dall’Istat nel 2010 sono state 4.114, oltre il 42% in meno rispetto al 2001, che è come dire 2.982 vite salvate.
Oggi ci troviamo a metà di una nuova importante decade; infatti, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite e la Commissione europea nel 2010 hanno proclamato un nuovo decennio di iniziative per la sicurezza stradale, con lo scopo di dimezzare, entro il 2020, il numero di decessi da incidenti stradali e di diminuire il numero dei feriti gravi in Europa e nel mondo, individuando 7 obiettivi strategici: miglioramento di educazione stradale e preparazione degli utenti, rafforzamento dell’applicazione della normativa, migliorare la sicurezza delle infrastrutture, promozione delle moderne tecnologie, migliorae i servizi di emergenza e assistenza post-incidente, protezione degli “utenti vulnerabili” della strada (conducenti di veicoli a motore a 2 ruote, ciclisti e pedoni). L’impegno delle Istituzioni è proseguito, in primo luogo con l’intervento normativo (è il caso della riforma attuata con la legge n. 120/2010) nonché rafforzando l’attività di controllo delle forze di polizia in settori come il trasporto professionale di persone e cose, ovvero per reprimere condotte di particolare pericolosità (mancato o improprio uso dei sistemi di ritenuta, dei telefonini e del casco, abuso di alcol o droghe alla guida, ecc.). Anche in questo caso il trend della mortalità sulle strade italiane ha fatto registrare un’ulteriore diminuzione delle vittime tra il 2010 (4.114) e il 2014 (3.330, secondo una stima preliminare dell’Istat) di oltre il 19%: altre 784 vite salvate. Indulgere nell’ottimismo sarebbe un grave errore. L’andamento dell’incidentalità rilevata da polizia stradale e carabinieri nel 2015 (fino a luglio) ha evidenziato elementi di forte preoccupazione: si teme un’inversione di tendenza.
*vice questore aggiunto del Servizio polizia stradale