di Stefano Brusadelli

L'internazionale della sicurezza

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La nuova sala operativa del Servizio di cooperazione internazionale di Polizia allestita per l'Expo dove gli agenti italiani lavoranno spalla a spalla con i colleghi stranieri

L’internazionale  della sicurezza

La speranza che i 184 giorni dell’Expo trascorrano senza incidenti si fonda (anche) sul lavoro di una sorta di “internazionale della sicurezza“ sistemata in cento metri quadrati ipertecnologici allestiti dalla Polizia di Stato nei locali della Fiera di Rho.
Per la prima volta nel nostro Paese, un grande evento si avvale di una sala operativa capace di dialogare “in diretta“ con tutti gli altri apparati di sicurezza del mondo. La sala è stata allestita dallo Scip, il Servizio di Cooperazione internazionale di Polizia, struttura interforze creata nel 2000 incardinata nella Criminalpol e attualmente guidata dal dirigente della Polizia di Stato Gennaro Capoluongo. In una sala, dinanzi a nove schermi, lavoreranno gli operatori di Polizia, Carabinieri e Finanza; nella sala attigua, utilizzando altre otto postazioni, ci saranno una ventina di funzionari di altri Stati, insieme a ufficiali di collegamento di Interpol ed Europol. Sei mesi di simbiosi non solo a livello informatico ma anche umano (tutti sono alloggiati in una stessa foresteria) in modo da rendere ancora più efficace il gioco di squadra; il buon esito della quale, tantopiù se in ballo ci sono informazioni delicate, dipende in buona misura dalla fiducia reciproca che si riesce a costruire tra gli esseri umani.
«Oramai – spiega Capoluongo, alla testa dello Scip da due anni e con un trascorso da investigatore alla Mobile di Napoli – la promozione della sicurezza non è più pensabile se non in un contesto di forte internazionalizzazione. E ciò sia per la libera circolazione dei cittadini in ambito europeo, sia per le ondate sempre più forti di immigrazione che si abbattono sul nostro Paese». Motivo per cui ormai da oltre tre anni, presso la sede dalla Direzione centrale della polizia criminale sulla via Anagnina, funziona una Sala operativa collegata 24 ore su 24 con tutto il pianeta, della quale la sede Expo costituirà una sorta di succursale, rafforzata con innesti “stranieri“.
Per spiegare come funziona il sistema, bisogna immaginare tre cerchi concentrici. Il più vasto è quello che comprende tutti i 190 Paesi membri dell’Interpol, la sigla mondiale creata nel 1923 con sede a Lione. La seconda è l’Europol, l’agenzia anticrimine dell’Unione europea fondata nel 1999 con sede a L’Aia, all’interno della quale è più sviluppata l’analisi dei fenomeni criminali. Mentre il terzo cerchio, nella quale funziona la cosidetta rete “Sirene“, coinvolge i Paesi dell’accordo di Schengen e prevede forme di collaborazione talmente rafforzata da far sì che un mandato di arresto comunicato da uno dei membri diventi immediatamente cogente anche negli altri. Muovendosi tra queste tre reti parzialmente sovrapposte, gli operatori della sala operativa di Milano saranno quindi in grado, nel giro di pochi istanti, di accedere a tutte le varie banche dati internazionali, e di spedire e ricevere informazioni da tutto il globo.
«L’Expo – dice Capoluongo – sarà il banco di prova di una nuova filosofia della sicurezza transnazionale, legata alla capacità di condividere la maggiore quantità di dati nel minor tempo possibile. In occasione delle Olimpiadi invernali di Torino, nel 2006, questa funzione era affidata a dei nostri ufficiali di collegamento che lavoravano nella sala della questura. Adesso, per la prima volta, abbiamo allestito una centrale interamente nostra, che ovviamente integrerà il lavoro della altre sale operative». I compiti della sala milanese sono parecchi, e tutti molto rilevanti. Il primo, e più importante, consiste nel monitoraggio continuo e tempestivo dei movimenti di tutte le organizzazioni (dall’Isis fino alle meno preoccupanti Femen) potenzialmente in grado di colpire l’Expo con attentati o anche solo con manifestazioni di disturbo. Scenari che rappresentano il vero incubo delle autorità italiane, in considerazione del ritorno mediatico che qualsiasi azione compiuta sul palcoscenico della grande fiera potrebbe riscuotere sui media. Un secondo ambito di azione della sala di Rho sarà l’attività di intelligence per preparare le visite a Milano dei capi di Stato o comunque di illustri personalità straniere. Basti ricordare che sono previsti, nei prossimi mesi, gli arrivi di Barack Obama, di Vladimir Putin e di Francois Hollande. Altro caso è quello dei controlli effettuati durante tutto l’arco dell’Expo su stranieri ritenuti sospetti. Dal Paese d’origine, in un tempo molto più breve di quello che occorre normalmente, arriveranno tutte le informazioni utili. Stessa procedura per qualsiasi documento che possa apparire sospetto: anche in questo caso sarà possibile sapere in pochi attimi se si tratta di un documento rubato in una qualsiasi altra parte del mondo. Il presidio Scip di Milano assicurerà anche altri tipi d’intervento che sono già competenza del servizio. Per esempio il cosidetto Child alert che scatta dopo la denuncia di sparizione di un minore; evento facilmente ipotizzabile tenendo conto che nei sei mesi dell’Expo è previsto a Milano l’arrivo di 20 milioni di visitatori. Previa autorizzazione del magistrato, l’immagine e i dati di chi è scomparso saranno immediatamente trasmessi dai media nazionali ed esteri, compariranno negli autogrill e lungo le autostrade, nei porti, negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie. È competenza del presidio Scip anche il controllo sullo spaccio di moneta falsa (altra criticità connaturata a una manifestazione nella quale si muoveranno notevoli quantità di denaro), dal momento che il Servizio è anche Ufficio nazionale del falso monetario. Sarà possibile, sempre attraverso scambi di informazioni, identificare gli esemplari falsi di tutte le banconote del mondo. E c’è ancora una specializzazione Scip che risulterà preziosa. Si tratta della cattura e dell’estradizione (assicurata da uno stretto collegamento con il ministero della Giustizia) dei latitanti italiani e stranieri. Un lavoro di “pulizia“, a volte oscuro, che è il fiore all’occhiello del Servizio, e che contribuisce alla sicurezza complessiva del Paese. Lo Scip, il cui organico è formato per metà da poliziotti e per il resto da carabinieri e finanzieri, ai quali si aggiungono unità del Corpo forestale dello Stato, si sta avviando a diventare una delle strutture più qualificate (e ambite) dell’apparato di sicurezza nazionale. Non solo per la crescente importanza della circolazione delle informazioni e per il fascino che esercita soprattutto sui giovani un’attività con una forte proiezione estera, ma anche per la sua funzione di raccordo tra tutte le altre articolazioni del sistema. Una volta ottenuti gli allerta, il Servizio deve infatti smistarli per l’azione sul campo. «E si tratta – dice Capoluongo – di individuare in ogni circostanza la struttura giusta avendo cura nello stesso tempo di mantenere informati gli altri». Considerata la sovrapposizione di competenze tra le varie forze dell’ordine e le relative suscettibilità, si tratta il più delle volte di mettere in campo qualità di alta diplomazia. Al momento lo Scip impiega circa trecento unità, che però potrebbero aumentare in tempi brevi. Per entrare occorre possedere buone capacità relazionali e conoscere bene almeno l’inglese; provenire da un’esperienza investigativa costituisce titolo di preferenza. Una volta selezionati, bisogna seguire un corso di specializzazione, con esame finale, dedicato ai trattati e alle procedure internazionali che regolano la cooperazione tra le giustizie e le polizie. Dallo Scip dipende anche la rete di ufficiali di collegamento (al momento circa una settantina, di recente denominati “esperti per la sicurezza“), che costituiscono dei veri e propri ambasciatori del Dipartimento di ps fuori d’Italia. In soli quindici anni di vita, il Servizio si è guadagnato una notevole considerazione internazionale. Ogni giorno scambia tra le 700 e le 800 comunicazioni con il resto del mondo, e le sue antenne sono puntate soprattutto sulle zone oggi più a rischio come l’area balcanica e l’Africa. Uno dei suoi ultimi successi è stata l’operazione grazie alla quale è stato possibile rintracciare ad Albacete, in Spagna, l’impiegato torinese afflitto da disturbi mentali che era fuggito con il figlio neonato, e riconsegnare entrambi alle autorità italiane. Per far conoscere meglio le potenzialità dello Scip anche all’interno del nostro Paese, ha appena preso il via un tour di tutte le regioni (prima tappa in Sardegna, a Cagliari, lo scorso 21 aprile) nel quale i suoi dirigenti incontreranno i soggetti locali impegnati nella sicurezza, magistrati compresi, per spiegare come si fa a utilizzare nel modo corretto i meccanismi di collaborazione con i colleghi stranieri. Nella sala operativa milanese, che è stata materialmente allestita dalla zona telecomunicazioni Lombardia del Dipartimento di ps e che in linea d’aria dista circa un chilometro dall’area fieristica, le squadre (ciascuna composta da 3 o 4 operatori) si alterneranno per coprire l’orario di apertura dell’Expo, fino alla chiusura degli stand. In caso di emergenza ci sarà, ovviamente, anche un’attivazione notturna. Gli operatori, in considerazione della gravosità del lavoro, saranno avvicendati ogni dieci giorni. Sono previsti due briefing giornalieri tra italiani e colleghi stranieri, uno alle dieci del mattino e l’altro alle sei del pomeriggio. I dirigenti responsabili in loco sono i vicequestori aggiunti Antonio Montanaro e Arturo Varriale. Mai in nessun altra occasione, Olimpiadi e Mondiali di calcio compresi, l’integrazione tra diversi circuiti di sicurezza era stata così elevata, cosicché la sala Scip potrebbe diventare un modello da seguire in tutto il mondo.

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Una Direzione contro il crimine

Il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia (Scip), istituito nel 2000, è incardinato all’interno della Direzione centrale della polizia criminale, diretta dal vice capo della Polizia Fulvio Della Rocca (nella foto in visita a Milano per la sicurezza Expo), già questore di Roma e prefetto di Ravenna. Come vice direttore generale della pubblica sicurezza, assicura anche i collegamenti tra la Direzione investigativa antimafia e gli altri uffici, reparti e strutture delle forze di polizia, compresi i servizi centrali e interprovinciali della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del corpo della Guardia di Finanza. Il vice capo coordina inoltre l’attività svolta dalla Direzione centrale dei servizi antidroga. La polizia criminale, istituita nel 1984, è il fulcro del Dipartimento della pubblica sicurezza e, attraverso le proprie articolazioni in Servizi, oltre all’Ufficio di staff, l’Ufficio affari generali e l’Ufficio tecnico giuridico e contenzioso, provvede al coordinamento delle investigazioni di polizia giudiziaria a livello nazionale, con particolare riferimento alla ricerca e cattura dei latitanti più pericolosi e alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, alla cooperazione internazionale per la lotta ai reati transnazionali (Servizio cooperazione internazionale di polizia), all’amministrazione e gestione del Centro elaborazione dati (Ced) interforze e di altri database di polizia, tra cui la costituenda banca dati del Dna (Servizio per il sistema informativo interforze), all’analisi e raccolta dati relativi ai fenomeni criminali più considerevoli (Servizio analisi criminale) e alla gestione dei collaboratori di giustizia (Servizio centrale di protezione).

Valentina Pistillo

01/05/2015