Antonella Fabiani

Letterati tra le scartoffie

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Stendhal, Maupassant, Gogol, Melville, Kafka, Svevo e molti altri. Non tutti sanno che erano impiegati pubblici e che, molti di loro, hanno tratto ispirazione per le proprie opere dall'ambiente lavorativo

Letterati tra le scartoffie

Lavativi, fannulloni, assenteisti, passacarte. In grado di vivere nella monotonia di un lavoro ripetitivo e grigio in cambio di uno stipendio spesso misero, assillati dalla carriera e dal raggiungimento della sospirata pensione. Stereotipi che accompagnano la tradizionale visione degli impiegati che, almeno nel nostro Paese, tagli e mobilità forzati, annunciati dalla recente riforma, potrebbero rivoluzionare.
Eppure proprio da quel grigiore e ripetitività sono usciti molti tra i più grandi scrittori che hanno segnato la letteratura mondiale degli ultimi due secoli. Stendhal, Maupassant, Puskin, Gogol, Melville, Hawthorne, Kafka, Svevo o Bukowski, tanto per citarne alcuni, hanno tratto dal loro impiego non solo la certezza di uno stipendio su cui contare ma anche l’ispirazione per descrivere caratteri, ambienti e vicende per le loro opere. Ad aver esaminato il rapporto tra letteratura e pubblico impiego Luciano Vandelli, docente di diritto amministrativo all’Università di Bologna, nell’interessante volume Tra carte e scartoffie. Apologia letteraria del pubblico impiegato, dove sono messi a confronto due mondi apparentemente molto diversi: quello della creazione letteraria caratterizzata dalla fantasia e quello della burocrazia contrassegnato invece dalla routine.
«Ho esaminato i romanzi degli ultimi due secoli – osserva Luciano Vandelli – fondamentalmente perché sono i due secoli in cui l’amministrazione pubblica condiziona l’evoluzione della società. Benché le esperienze di ogni scrittore siano state le più diverse, il lavoro in ufficio però li accomuna. Per molti scrittori, infatti, particolarmente per quelli che hanno vissuto nell’ambiente dell’ufficio, la comunità degli impiegati è stato un microcosmo di personaggi, vizi, virtù che consentivano di creare trame narrative efficaci per raccontare storie e persone. Inoltre l’impiego in ufficio permetteva a molti aspiranti scrittori di avere a disposizione carta e penna e, soprattutto, il tempo, avendo un orario che non impegnava tutta la giornata. Questo ha permesso a molti di poter scrivere durante le ore del pomeriggio. Kafka è un esempio di questa ricerca spasmodica di tempo per scrivere. Il suo amico Max Brod testimonia che ottenne l’orario fino alle tre; nonostante ciò il tempo a disposizione non gli bastava mai. Ma non tutti sono stati come lo scrittore praghese – prosegue lo studioso – nel caso di Verlaine, dopo aver sognato di avere più tempo, quando venne destituito dall’impiego comunale ebbe un blocco creativo».
In realtà, la tipologia degli scrittori è alquanto varia: ci sono quelli che in qualche modo attraversano il pubblico impiego come attività secondaria e quelli che, invece, si sentono essenzialmente dei funzionari che, lateralmente, svolgono anche un’attività letteraria. Non è detto che i primi siano necessariamente migliori dei secondi. E non mancano commistioni interessanti tra i due ruoli. Senza contare che, anche per chi ha raggiunto il successo letterario, godere di uno stipendio sicuro poteva rappresentare un elemento di tranquillità. Significava non dipendere dai volubili gusti del pubblico, non doversi assoggettare agli interessi di editori o di critici, non essere vessati dalla necessità di scrivere a cottimo.

Burocrazia opprimente: il caso Kafka
Quando si immagina una amministrazione oppressiva, oscura, angosciante si pensa subito a Kafka, lo scrittore praghese, per molti anni impiegato modello nel ramo assicurativo. Questo perché le ansie e gli stati d’animo dei suoi personaggi sono molto moderni e attuali, basti pensare alle oscurità dei personaggi de Il Castello o, ne La metamorfosi, ai paradossi di Gregor Samsa, che si risveglia trasformato in un insetto e, nonostante ciò, si preoccupa di non arrivare in ritardo in ufficio. «Kafka è diventato emblematico per aver espresso quest’aspetto del lavoro impiegatizio – precisa lo studioso – ma c’è un altro suo profilo che è stato trascurato, invece centrale nella riflessione del ruolo dell’amministrazione nelle società moderne. E cioè che lui lavora nel momento in cui si costruisce il Welfare, che camb

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01/02/2015