Annalisa Bucchieri

Lotta al jihad 2.0

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Barbarie e tecnologia informatica. Questo il binomio della strategia terrorista dell’Isis. Sempre più la guerra santa degli estremisti musulmani si combatte sia sul campo reale che virtuale-mediatico. Già l’11 settembre si era capito che il lasso di tempo intercorso tra il primo e il secondo impatto degli aerei sulle Twin Towers era stato studiato appositamente per permettere che venisse ripresa la catastrofe e ridondate le immagini dei crolli delle torri gemelle dalle televisioni di tutto il mondo. Cosicchè il dolore e la distruzione potessero raggiungere e provocare terrore ed angoscia in ogni angolo del Pianeta.
Oggi il Jihad conduce la sua guerra di “percezione” principalmente a suon di bit. I militanti della fatwa mostrano i muscoli grazie alla Rete: con messaggi minacciosi sui social, nei blog, con video su youtube. Internet è anche uno strumento per fare propaganda ideologica; per assoldare nuovi seguaci; uno strumento di e-learning che insegna a costruire un ordigno non convenzionale e permette di seguire corsi on line di addestramento militare. La Rete è il luogo socializzante dove sodalizzare con altri lupi solitari, dove il cosidetto terrorismo molecolare trova il suo punto aggregante e può essere coordinato a distanza di migliaia di chilometri. Fino a raggiungere, dal Califfato, la redazione di Charlie Hebdo a Parigi. Da quel 7 gennaio la task force antiterrorismo della Polizia postale e delle comunicazioni, composta da una ventina di esperti, lavora 24 ore su 24 al monitoraggio di circa 400 siti, di decine di riviste on line , di Facebook, Twitter, Ask e molti altri social, di forum e blog inneggianti alla guerra santa. Quasi tutti in lingua araba, una lingua ricca di sfumature e dialetti al pari di quella italiana. Un dettaglio che la dice lunga sull’accuratezza che la Polizia delle comunicazioni deve usare per accertare la matrice jihadista di ciò che viene messo online. Poliziamoderna ha intervistato una cybernauta della task force per farsi raccontare come vive il lavoro di queste settimane e come si è riuscito finora, in collaborazione con Interpol ed Europol, ad oscurare in Italia ben ventitré siti di propaganda terrorista.
Todorov scrisse in un illuminante saggio che il condottiero Cortés riuscì a penetrare nel cuore del Regno atzeco solo con poche decine di soldati al seguito, grazie alla conoscenza della lingua e della cultura indigena più che ai fucili. Il sapere della Polizia del web è senz’altro una delle nostre armi migliori per contrastare la conquista dell’informazione da parte dell’Isis.

01/02/2015