Irene Scordamaglia*

La disciplina degli stupefacenti

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Normativa e nuove pronunce giurisprudenziali

La disciplina degli stupefacenti

1. Premessa
A partire dall’opera di sistemazione razionale della normazione in materia penale – rigidamente ancorata all’idea statalista di tutela degli interessi di ordine ed efficienza corporativi – si andò facendo strada l’idea della necessità di una disciplina autonoma e differenziata delle sostanze psicotrope e stupefacenti, in ragione della loro peculiare attitudine a incidere sui detti interessi in ragione della compromissione delle capacità fisiche e intellettuali dell’individuo generata dalla dipendenza patologica da esse. E di tale sostrato ideologico, senza dubbio, vi è traccia non solo nelle abrogate disposizioni di cui agli artt. 446, 447 e 729 cp, ma anche nelle altre norme di analoga ispirazione disseminate nel tulps (rd n. 773/1931) e nel tuleggi sanitarie (rd 1265/1934).
Il mutato assetto istituzionale orientato in senso personalistico non poteva consentire, tuttavia, il mantenimento del ridetto statuto normativo e, pertanto, operò un’inversione di rotta incentrando, piuttosto, la disciplina delle sostanze stupefacenti sulla tutela di un bene giuridico della salute, intrinsecamente connesso con quelli più propri dell’individuo, quali la vita e l’integrità psicofisica. In effetti, in tale rinnovata temperie culturale si colloca la legge n. 685/1975, alla quale si deve l’introduzione della distinzione tra la detenzione per uso personale, ancorata al concetto indefinito di “modica quantità” ed entro questo limite non rilevante penalmente, e la detenzione finalizzata alla cessione illecita a terzi.
La scarsa organicità della materia, che continuava a scontare le incursioni di fonti normative disomogenee dal punto di vista della “ratio legis”, spinse, però, il legislatore a porre mano a un’organizzazione sistematica della disciplina delle sostanze psicotrope degli stupefacenti che contemperasse tutti i piani intersecati dalla disciplina del settore; da quello della libertà dell’individuo a quello delle esigenze di cura del tossicodipendente, non disgiunti tuttavia da quelli attinenti alla tutela della società, sotto il profilo della prevenzione degli illeciti connessi alla commercializzazione delle sostanze medesime, e all’armonizzazione delle azioni pubbliche in sede amministrativa e penale (cfr. Corte Cost. sentenza 1044/1988 in Gu 07/12/1988).
Tale opera di coordinamento – realizzata con l’emanazione del tu delle leggi in materia di sostanze stupefacenti di cui al dpr 309/1990 – non sortì, tuttavia, gli aspetti auspicati (di razionalizzazione e di efficienza del sistema di controllo sociale dell’uso di sostanze psicotrope e stupefacenti), poiché la complessità degli interessi coinvolti suscitò sia plurimi autorevoli interventi da parte della Corte costituzionale – nelle pronunce n. 333/1991, 131/1992, n. 308/1992 – che il promovimento di un referendum abrogativo, che, nel 1993 sancì l’estromissione dall’ordinamento dell’art. 72 dpr 309/90, che, sino a quel momento aveva consentito l’assoggettamento a sanzione penale della detenzione per uso personale di quantità di stupefacente superiore alla dose media giornaliera.
Nel 2006, sotto la spinta d’istanze securitarie serpeggianti nella società civile, la legge n. 49 (cd Fini-Giovanardi), di conversione con modifiche del d.l. 272/2005, introdusse una disciplina unitaria delle sostanze stupefacenti, equiparando sotto il profilo sanzionatorio le droghe cosiddette leggere e le droghe cosiddette pesanti e mantenendo la configurazione della detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale come illecito amministrativo.
La pronuncia della Corte costituzionale n. 32/2014, demolitoria della disciplina introdotta dalla l. n. 49/2006, e la manipolazione della disposizione dell’art. 73 comma 5 dpr 309/90 compiuta dal Governo legiferante, con il dl n. 146/2013, per finalità dichiaratamente deflattive del carico gravante sul sistema carcerario per effetto delle misure e delle pene carcerarie applicate ed inflitte agli autori di reati connessi al cosiddetto “piccolo spaccio”, non hanno sopito le polemiche e risolto le questioni controverse sollevate dallo statuto penale vigente delle sostanze stupefacenti, tanto che il giudice delle leggi è già stato investito dal Tribunale di Nola, Sezione penale, con ordinanza dell’8 maggio 2014, della questione legittimità costituzionale proprio dell’art. 73 comma 5 dpr n. 309/1990, nella formulazione introdotta dal dl n. 146 del 2013, convertito nella l. n. 10 del 2014, nella parte in cui non distingue, nel trattamento sanzionatorio, tra fatti di lieve entità aventi a oggetto sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III dell’art. 14 del medesimo dpr (cosiddette droghe pesanti) e fatti di lieve entità aventi a oggetto sostanze stupefacenti o psicotrope cui alle tabelle II e IV del citato art. 14 (cosiddette droghe leggere).

2. Il nodo gordiano della disciplina degli stupefacenti tra tagli della Consulta, interpretazioni delle Sezioni unite e interventi “urgenti” del Governo
La sentenza n. 32/2014 della Corte costituzionale, che ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto i mutamenti apportati all’art. 73 tu stup. dal dl n. 272 del 2005 conv. con modif. dalla l. n. 49 del 2006 (legge Fini-Giovanardi) – per avere il legislatore introdotto, in sede di conversione, una disciplina del tutto estranea all’oggetto del decreto legge, così abusando della speciale procedura prevista dalla Costituzione per la legge di conversione – ha determinato significative ricadute sulla disciplina penalistica degli stupefacenti. Il cui assetto, peraltro, è stato, di recente, ulteriormente modificato per effetto dell’entrata in vigore della l. n. 79 del 2014, di conversione, con modificazioni, del decreto legge n. 36 del 2014, che ha dato luogo a un’intricata congerie di norme e di questioni, le quali, attingendo i gangli vitali dell’ordinamento dello Stato di diritto (sotto il profilo della salvaguardia dei diritti di libertà, nella proiezione dell’applicazione della norma penale più favorevole e dell’uguale trattamento dei cittadini dinanzi alla legge), rendono estremamente difficile il compito di chi è chiamato a garantirne l’osservanza e l’applicazione.
Il discorso non può che muovere, allora, dall’individuazione e dalla disamina degli effetti dell’affermazione, rinvenibile ne

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01/11/2014