Maurizio Santoloci*

Stop ai viaggi della mondezza

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Come la polizia stradale può contrastare il trasporto illecito dei rifiuti senza iscrizione all’albo

Stop ai viaggi della mondezza

Il controllo su strada del trasporto dei rifiuti al fine di prevenire e reprimere i dilaganti fenomeni di smaltimento illecito su tutto il territorio nazionale rappresenta ormai una incontestabile priorità operativa per tutte le forze di polizia, e in primo luogo per la polizia stradale.
Le cronache sulla Terra dei fuochi e non solo documentano ormai che dai reati ambientali in materia di gestione illecita di rifiuti derivano sistematicamente diffusi e seriali danni per la salute pubblica.
Tutti questi rifiuti giungono nei luoghi di sotterramento viaggiando su gomma, percorrendo centinaia di chilometri. Dunque solo un efficace controllo su strada può consentire di stroncare il fenomeno in itinere. Altrimenti si resta fermi nella fase della scoperta delle discariche occulte dopo anni con danni per la salute pubblica già attivi, irreversibilità del danno sul territorio ed impossibilità di fatto di risalire ai responsabili.
Questa situazione oggi induce ad una ulteriore conferma della obbligatoria competenza trasversale di tutte le forze di polizia statali e locali per la repressione di questi gravi reati che soltanto una errata cultura di prassi può ancora considerare di competenza riservata solo ad alcuni organi di PG. La polizia stradale in questo contesto deve essere considerato organo di primario riferimento per i controlli sui trasporti dei rifiuti.
Chi trasporta e traffica rifiuti pericolosi a fini criminali molto spesso opera “in nero”, e cioè senza iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali. E nelle attività propedeutiche ai micidiali sotterramenti dei rifiuti pericolosi, un posto di assoluto e primario rilievo occupano le posizioni, appunto, dei soggetti che trasportano rifiuti di ogni tipo senza essere iscritti all’Albo predetto.
Questa mancata iscrizione è da molti ritenuta una sorta di illecito minore, un “reato cartolare” solo legato ad un adempimento di pura forma e senza danno reale e diretto. Una specie di omissione burocratica e formale ma senza effettività di conseguenze rilevanti. Ed invece non è affatto così.
Infatti la mancata iscrizione all’Albo è un fatto straordinariamente sostanziale, ed è un (necessario) elemento presupposto per garantire un’attività da sempre e per sempre “in nero” ed invisibile per chi trasporta rifiuti (anche pericolosi) sotto ogni profilo. Chi non si iscrive all’Albo manifesta puramente e semplicemente una volontà dolosa di delinquere in tutto l’arco della sua vita lavorativa; consegue che non potrà mai compilare alcun formulario, non potrà mai accedere a nessun impianto di trattamento o recupero ufficiale, dovrà inevitabilmente alla fine di ogni viaggio smaltire i rifiuti trasportati in modo illegale (leggi: riversandoli da qualche parte) ed infine è conseguentemente evasore totale a livello fiscale e tributario perché certamente in tale quadro non emette fatture. Si tratta di un delinquere invisibile e silente, permanente e senza alcuna minima possibilità di operare – neppure in parte – legalmente. Ogni rifiuto (anche pericoloso) trasportato da un soggetto non iscritto all’Albo è destinato a finire inevitabilmente in uno smaltimento illegale con danno per l’ambiente e – spesso – per la salute pubblica.
Inoltre, questi soggetti creano danni rilevantissimi alle aziende virtuose che in questo settore rispettano le regole, si iscrivono all’Albo, redigono i formulari, emettono fatture e pagano le tasse, e poi trasportano i rifiuti verso centri di recupero o smaltimento autorizzati. I trasportatori onesti di rifiuti vedono sul mercato una concorrenza spietata e mortale da parte dei trasportatori illegali “in nero” atteso che questi ultimi “logicamente” possono praticare ai clienti produttori di rifiuti prezzi enormemente più bassi. Si alterano così in modo fraudolento le leggi di mercato, si opera una dannosa concorrenza sleale, si soffocano le aziende sane, si alimenta la cultura dell’illegalità e della furbizia che viene premiata, si incoraggiano i produttori a cadere nelle tentazioni di conferire i rifiuti ai trasportatori illegali per risparmiare, si toglie lavoro ai centri di recupero e smaltimento legali data la concorrente destinazione (necessariamente) illecita dei trasportatori non iscritti all’Albo.
Stroncare – dunque – le attività di coloro che trasportano rifiuti senza iscrizione all’Albo è ritenuto dalla legislazione di settore un obiettivo di assoluta primaria importanza con la previsione di norme sanzionatorie varate per raggiungere un obiettivo chiaro e necessario: togliere dalla circolazione in via definitiva sul territorio queste entità che sono fonte di danni permanenti per l’ambiente e la salute pubblica (e l’economia privata e pubblica) perché costituiscono l’ossatura portante di quel sistema dinamico che poi alimenta – nella parte finale – tutti gli smaltimenti illegali dei rifiuti (tra i quali anche i micidiali sotterramenti cause di tumori seriali di cui alle cronache ormai continue).
Dunque, in tale quadro di contestualizzazione generale va letta (ed applicata) la norma che prevede la confisca obbligatoria dei mezzi utilizzati per i trasporti e traffici in questione, così come chiaramente ed opportunamente prevista dall’art. 259 comma 2 del dlgs n. 152/06. E va sottolineato che tale norma prevede – proprio in considerazione della gravità del fenomeno – che addirittura tale confisca è obbligatoria (sottolineo: obbligatoria, non facoltativa) non solo in caso di condanna ordinaria, ma anche in caso del “patteggiamento” di cui all’art. 444 cpp.
Come si vede, una norma di sbarram

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01/07/2014