Cristiano Morabito

Crederci sempre

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Crederci sempre

Certe storie, per gustarle meglio, valgono la pena di essere raccontate non dal principio, ma dalla fine… o meglio, dall’ultimo capoverso. E da qui vogliamo iniziare.
Sono quasi le cinque del pomeriggio e sul prato verde dello Stadio Battaglini di Rovigo sta per accadere quello che quasi nessuno poteva minimamente prevedere. Sul campo polesano la squadra locale del Rugby Rovigo Delta, prima in classifica nel campionato nazionale di Rugby-Eccellenza, e le Fiamme oro rugby si stanno giocando la finale del “Trofeo Eccellenza”, la Coppa Italia della palla ovale. I rossoblu veneti, a meno di sette minuti dal termine, sono in vantaggio 25 a 9. Un distacco quasi abissale e, apparentemente, incolmabile con così poco tempo a disposizione. Le gradinate del Battaglini sono già in festa per quello che sembrerebbe il primo trofeo della stagione. Le Fiamme hanno lottato strenuamente per quasi tutta la partita, cercando di tenere testa ad un team costruito nell’estate per vincere uno scudetto che da queste parti manca da troppi anni, ma, quando tutto ormai sembra incanalarsi sui binari dei polesani, arriva il primo guizzo: l’estremo cremisi Guido Barion, ironia della sorte nato e cresciuto rugbysticamente proprio a Rovigo, mette a segno una splendida meta tra i pali dei padroni di casa. Il tabellone dice 25 a 16, nulla di preoccupante per il Rovigo che rimette il pallone in gioco e si appresta a far scorrere gli ultimi minuti che lo dividono dalla conquista del Trofeo. Ma, a questo punto, accade l’imponderabile: un altro rodigino, l’ala Marcello De Gaspari, si impossessa del pallone e lo passa a Guido Barion che replica l’azione precedente e schiaccia di nuovo oltre la linea di meta, portando le Fiamme a due soli punti dal Rovigo. Il gelo cala sulle gradinate del Battaglini e il XV della Polizia di Stato inizia la “rincorsa impossibile”. Il tempo è scaduto, ma nel rugby la partita non finisce finché il pallone non esce dal campo (o la squadra in possesso di palla non commette un fallo) e i ragazzi in maglia cremisi fanno di tutto per mantenercelo, finché, in pieno recupero e dopo un’azione durata ben 24 fasi, l’arbitro non assegna un calcio di punizione agli ospiti. Il silenzio che cala sul Battaglini è quasi irreale quando il mediano di mischia delle Fiamme, Nicola Benetti, posiziona il pallone sulla piazzola e prende la rincorsa per un calcio che, con i suoi tre punti, significherebbe vittoria. Il pallone vola, varca “l’acca” rodigina e blocca il punteggio finale sul 25 a 26. Il manto verde dello stadio si colora all’improvviso di cremisi: giocatori, staff, dirigenti e il pubblico arrivato da ogni parte d’Italia scendono tutti a festeggiare quei ragazzi che, dopo ben 42 anni, sono riusciti a riportare un trofeo nella bacheca delle Fiamme, il primo da quando il XV della Polizia di Stato si è trasferito nella Capitale, da Padova, dove vinse quattro scudetti e quattro Coppe Italia.
In effetti il clima della vigilia era il classico «Non succede, ma se succede…», un pensiero che era nella testa di tutti i ragazzi in “divisa” cremisi che speravano solo di ben figurare in uno stadio di una città in cui il rugby è vera e propria religione. Doveva essere una festa del rugby celebrata davanti ad un pubblico tra i più corretti e competenti d’Italia, tanto che, proprio per dare maggior dignità ad un Trofeo che spesso e volentieri passa sotto silenzio, furono proprio i vertici delle Fiamme oro a proporre di giocare questa partita in casa della favorita, ma davanti ad un pubblico di più di 4.000 persone; proposta che venne accettata di buon grado dalla dirigenza del club polesano. Nel rugby si dice che nel 99% dei casi vince il più forte, ma quel che si è visto lo scorso 8 febbraio sul prato del Battaglini è stato il raro verificarsi di un 1% che può sembrare poco in termini numerici, ma che in termini di cuore, volontà e fame di vincere ha una valenza enorme. Una vittoria che, però, ha radici lontane nella rifondazione di una società che, fino a sei anni fa, era impantanata nelle paludi della serie B. Grazie alla volontà e alla caparbietà di una nuova dirigenza e di uno staff all’altezza di una squadra professionistica oggi è sulla strada giusta per tornare a rinverdire i fasti di un tempo, quando il XV della Polizia di Stato era conosciuto come quello dei “mitici Cremisi”. E lo confermano le parole del vice presidente esecutivo, Armando Forgione: «Il merito di aver portato di nuovo, dopo 42 anni, un trofeo nella bacheca della Fiamme è di tutti quelli che hanno condiviso questo progetto. Di tutti coloro che hanno creduto in noi, ad iniziare dai vertici della Polizia di Stato, per arrivare allo staff della società e ai ragazzi che in campo hanno messo quel qualcosa in più che gli ha fatto colmare il divario tecnico che, obiettivamente, c’era con il Rovigo. Questo è un progetto valido che, sono convinto, ci porterà tante altre soddisfazioni nel tempo».

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Il punto
La vocazione primaria del Gruppo sportivo Fiamme oro è quella di essere al servizio dello sport italiano, mettendo a disposizione delle varie federazioni nazionali atleti di livello assoluto, tecnici, manager e strutture in cui chiunque possa praticare una disciplina a prezzi accessibili. L’obiettivo è quello della crescita del livello e della cultura sportiva attraverso i valori che, un’istituzione quale la Polizia di Stato, può trasmettere. Ovviamente, anche le Fiamme oro rugby nascono con questo spirito “servente” nei confronti della Federazione di riferimento. Ci sono punti che, però, andrebbero chiariti. Innanzitutto la valorizzazione di un campionato come quello di Eccellenza (troppo spesso tenuto in scarsa considerazione, quando si tratta di scegliere i giocatori per la nazionale maggiore). Sono d’accordo nel dire che il campionato di Pro12, principale bacino della Nazionale, sia di un livello superiore rispetto alla massima divisione italiana, ma credo di non sbagliare quando penso che in Eccellenza ci siano almeno una decina di giocatori (sui 400 sparsi tra le 11 squadre) degni di essere convocati in Azzurro, anche solo per essere premiati per aver vinto il titolo di miglior giocatore dell’anno o di miglior marcatore della stagione. Bisogna avere il coraggio di dire se il campionato di Eccellenza sia tale solo di nome o anche di fatto. Da qui si capisce anche il perché i riflettori sulla massima divisione nazionale siano quasi sempre spenti. Prova ne è l’assoluta mancanza di copertura televisiva della finale del Trofeo eccellenza giocata l’8 febbraio scorso a Rovigo. Penso che anche gli imprenditori che investono e si avvicinano alle nostre squadre desiderino avere un ritorno in termini di immagine. Non meravigliamoci, dunque, se le imprese non sono invogliate ad entrare nel nostro mondo. Ritengo sia stata un’occasione persa per tutto il movimento rugbistico nazionale, perché lo stadio Battaglini pieno in ogni ordine di posti e la partita intensa che è stata giocata sarebbe stato lo spot migliore per promuovere il rugby nel nostro Paese. Un vero peccato.
(Armando Forgione - vice presidente esecutivo Fiamme oro rugby)

01/03/2014