Anna Costanza Baldry*

Due volte orfani

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Figli che perdono le madri, uccise dai propri mariti e conviventi. Un dramma nel dramma, un lato oscuro del femminicidio ancora poco conosciuto

Quella telefonata al 113, la Sala operativa non avrebbe mai voluto riceverla.
Ore 21.30, venerdì sera di un giorno qualunque, quando il freddo serale ha lasciato lo spazio a un’aria più sopportabile, quasi lieve, anche in quella cittadina del nord ovest di Italia.
«Venite, presto, hanno sparato, si sono sentite urla, grida, qui sotto in strada, all’ingresso del portone, c’è una donna in un lago di sangue…».
La voce concitata di una donna di mezza età rimbombava nella cuffia dell’operatore di polizia che stava rispondendo alla chiamata.
«Ha sparato a quella poveretta, ci sono anche due creature, è impazzito, sta sparando ancora… oddio».
Di storie così o simili, in Italia ce ne sono oltre 100 ogni anno.
Alcuni di questi cosiddetti femmicidi avvengono per strada, molti fra le mura domestiche e le statistiche del 2013 confermano che una donna su due è uccisa dal partner o ex partner. Un dato, questo, che ci obbliga a fare luce su un lato oscuro e ancora poco conosciuto e affrontato: quello dei figli rimasti orfani della mamma perché uccisa dal papà. Anzi doppiamente orfani, perché dopo l’omicidio il padre spesso si toglie a sua volta la vita oppure viene arrestato e di conseguenza la potestà genitoriale è sospesa o fatta decadere.
Si tratta di un trauma enorme, da cui è difficile riprendersi perché se già il lutto legato alla perdita di un genitore è gravissimo, perderlo in questo modo è una ferita, un dramma impossibile da gestire e comprendere.
Si stima che in 13 anni (2000-2013) di donne uccise, ci sia un esercito di orfani di varie età le cui sorti sono ai più ignote. Finita la ribalta dei riflettori, finito l’intervento della macchina della giustizia, queste piccole vittime sono lasciate a loro stesse e alle mille difficoltà dei loro affidatari. Questi sono spesso anche loro parenti che devono gestire il proprio lutto per aver aver perso una figlia, una sorella, una cugina.
La stessa difficoltà vale per il lavoro che nell’immediato è chiamato a svolgere l’operatore delle forze dell’ordine che, accorso sulla scena del delitto, finisce per trovarsi faccia a faccia con bambini o adolescenti che possono aver assistito all’omicidio. Cosa dire? E soprattutto cosa fare?
Certo, nella vita di un poliziotto, gestire casi come questi non è un evento frequente. Di interventi per ‘’liti in famiglia’’ sì, tantissimi, ma di omicidi di questo tipo, con bambini o comunque figli da gestire, no. Non viene detto, insegnato nulla di tutto ciò ai corsi di formazione, quindi ci si deve appellare al buon senso in situazioni dove la concitazione e l’emergenza prendono spesso il sopravvento su cosa è veramente più opportuno fare. Tanto ormai è stato scritto, detto e discusso sul tema del femminicidio, ma sul dopo e quindi sulla vita di questi orfani non si sa molto, né in Italia né a livello internazionale.
È stato così che è nato il progetto www.switch-off.eu

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01/03/2014