Mauro Valeri
Mare nostrum: i poliziotti raccontano
Un gruppo di colleghi della Scientifica si è imbarcato sulle navi della Marina militare per dare un volto e una identità ai migranti soccorsi in mare
«Abbiamo tre livelli per affrontare i flussi migratori: il primo è la cooperazione internazionale tendente a fare di tutto perché non partano le navi dei mercanti di morte; il secondo è il controllo della frontiera che è europea e non solo italiana; il terzo è l’accoglienza e il dispiegarsi del dispositivo nazionale. Da settimane e mesi diamo il meglio a livello nazionale, stiamo facendo un discorso molto duro e chiaro con l’Europa, questa sera abbiamo puntato sul livello di protezione della frontiera». Con queste parole il ministro dell’Interno Angelino Alfano, al termine di un vertice di Palazzo Chigi dedicato all’emergenza immigrazione, ha lanciato l’operazione di sorveglianza e soccorso nel Mediterraneo denominata “Mare nostrum” per dare una risposta importante al traffico di esseri umani ed al flusso di migranti diretti verso le coste italiane. Pochi giorni prima, il 3 ottobre, al largo di Lampedusa, il mare si prendeva la vita di più di 300 persone. Uomini e donne che avevano provato a sfuggire alla loro misera esistenza quotidiana e che, magari, pensavano di garantire ai propri figli un futuro migliore e un’esistenza più libera e dignitosa. Quei figli finiti con loro in fondo al mare. Questo orrore non si sarebbe più dovuto ripetere. Anche per questo, per migliorare le capacità di soccorso dei migranti, è nata “Mare nostrum” che, partita il 18 ottobre, sarebbe dovuta durare fino ai primi di dicembre quando l’inverno ed il maltempo avrebbero dovuto contribuire a scoraggiare gli scafisti a traghettare. Ma la drammatica situazione politica di alcuni Paesi del Nord Africa e di altre aree del mondo, in primo luogo quella siriana, ha fatto sì che l’ondata migratoria non si arrestasse e la durata della missione è stata quindi prorogata fino a data imprecisata. Questa però è una missione diversa da tutte le altre. Stavolta infatti a bordo dei mezzi della Marina militare ci sono anche i poliziotti. Squadre composte da agenti degli uffici immigrazione e dagli uomini e le donne del Servizio polizia scientifica che cercano di capire, già prima di giungere a terra, chi hanno di fronte, migranti, rifugiati politici o richiedenti asilo, e provvedono al loro fotosegnalamento, primo atto per giungere ad una compiuta identificazione di queste persone che spesso non parlano una parola della nostra lingua. Ad operare spalla a spalla con “i nostri” anche i mediatori culturali. «È la prima esperienza in assoluto di fotosegnalamento su nave. Le squadre si alternano ogni 15 giorni ed il personale viene scelto su base volontaria», dice Rosanna Colonna, direttore della I^ divisione del Servizio di polizia scientifica, aggiungendo che «il rapporto con il personale della Marina, che si è sempre dimostrato cortese e disponibile, ha determinato un accrescimento reciproco di professionalità, chi è tornato ha già chiesto di essere imbarcato nuovamente». Dall’inizio dell’operazione sono stati più di 1.100 i migranti fotosegnalati a bordo delle navi della Marina militare. Navi come la San Marco, dove sono imbarcati i poliziotti. Come Domenico Pirozzi e Stefanio Biasone che hanno raccontato la loro esperienza indimenticabile per condividerla con tutti noi.v
Diario di Bordo
di Domenico Pirozzi*
5 e 6 novembre 2013
Da Napoli a Lampedusa
Inizio quest’avventura con una sveglia alle 4,30 per trovarmi all’aeroporto di Napoli Capodichino un’ora dopo ed incontrare gli altri miei tre colleghi e compagni di viaggio, anch’essi comandati per questa missione. La partenza del volo è prevista per le 7,10 destinazione Lampedusa.
Dopo uno scalo a Palermo, atterriamo a Lampedusa con un piccolo bimotore che ci fa trepidare non poco durante il volo. All’aeroporto ci attende un collega distaccato al Centro di primo soccorso ed accoglienza (Cpsa) di Lampedusa che con un minibus della Polizia di Stato ci accompagna in albergo.
La permanenza sull’isola, che doveva limitarsi alla giornata di oggi, si prolungherà di un giorno, per l’impossibilità di imbarcarci a causa del maltempo e del mare grosso.
Penso che la cosa mi avrebbe fatto piacere se fosse capitata in estate. Avrei potuto approfittarne per visitare l’isola. Tra l’altro l’hotel che ho prenotato per me e i miei colleghi si trova esattamente in una baia incantevole denominata Guitgia e posto su una spiaggia con la sabbia bianca. Sembra quasi di essere ai Caraibi. Peccato però che siamo in pieno inverno e la pioggia e il vento non ne vogliono sapere di calmarsi, perciò non vedo l’ora di salire sulla Fregata Aliseo per iniziare quest’avventura. Restiamo però sull’isola due giorni.
7 novembre 2013
Si comincia
Stamattina appena sveglio, aprendo la finestra della camera non ho potuto fare a meno di notare la presenza di un’enorme portaelicotteri ormeggiata al largo dell’isola. è sicuramente la nave San Marco che è venuta a prelevarci per portarci finalmente in navigazione. Infatti, dopo una mezz’ora i colleghi del Cpsa vengono a prenderci per accompagnarci al porto dove veniamo fatti salire su un mezzo anfibio (una specie di chiatta denominata GIS) e con questo entriamo proprio nella pancia della San Marco, dove, dopo aver ricevuto il benvenuto del comandante che ci accoglie calorosamente con alcuni membri dell’equipaggio, ci viene comunicato che, prima del tramonto, cercheranno di trasbordarci con l’elicottero sulla nave Stromboli (una nave cisterna della Marina militare) e successivamente sull’Aliseo. Il malcontento è generale tra tutti i team della polizia che dovranno raggiungere anche qualche altra nave come la Scirocco. Infatti, solo il fatto di salire e scendere, con le valigie e quant’altro, su scalette strette e ripide per trasbordare ancora una volta, non è uno scherzo.
Nel pomeriggio, dopo un lauto pranzo nella mensa sottufficiali, saliamo sul ponte di volo carichi di valigie e speranzosi in un prossimo trasbordo. Ma a dissipare tali speranze ci pensa il comandante, che ci comunica l’impossibilità dell’operazione per il calare del sole, per cui l’elicottero non può eseguire più voli. Operazione rinviata alle 7,30 della mattina successiva. Veniamo ospitati per stanotte sulla nave e accompagnati da alcuni sottufficiali ai nostri alloggi temporanei.
Scendiamo di tre piani ed è inutile raccontare l’impressione che riceviamo alla vista dell’enorme camerata situata nella stiva della nave, popolata di cuccette a castello con spazi limitatissimi tra loro e il tutto situato probabilmente proprio sopra i motori della nave, poiché si sente il rumore continuo accompagnato dal gracchiare di un altoparlante, che aggiorna continuamente l’equipaggio sulle manovre in atto. Il frastuono degli elicotteri che decollano e atterrano dal ponte di volo in ogni momento è incessante. La mia branda è al terzo livello. Ho scelto quella in alto così almeno non sarò obbligato ad avere a 20 cm dalla mia faccia l’inquilino del piano di sopra.
Ho creduto per un attimo di essere capitato nel bel mezzo di una guerra e non di un ‘operazione di soccorso a migranti. Mi conforta però il fatto che la permanenza su questa imbarcazione dovrebbe durare poche ore visto che la nostra destinazione definitiva è la nave Aliseo.
Spero con tutto il cuore che questa missione non sia sempre così!
8 novembre 2013
A bordo
“Good morning Vietnam !!!”.
Questo il titolo del celebre film di guerra ambientato in Vietnam, ma che in questa circostanza si trasforma in un grido che mi risuona nella testa da quando ho aperto gli occhi stamattina ed ho visto intorno a me un enorme dormitorio con persone che si muovono con maestria tra gli stretti corridoi che dividono le pile di cuccette a tre piani. Il rollio della nave poi, che a parlarne, sembrerebbe un dondolio piacevole, di notte ti gira e rigira nel letto come un involtino.
E l’aria condizionata? Altissima anche di notte. Ho dovuto dormire con le coperte che mi coprivano anche la testa.
Ovviamente non ci aspettavamo una suite del grand hotel, né le comodità di casa ma avendo già fatto qualche esperienza disagevole come appassionato di trekking, ed essendo un veterano del Cammino di Santiago, personalmente non temo granché. La mia preoccupazione, però, va ai miei compagni di viaggio, che immagino non essere abituati ad un simile stile di vita.
Ore 7,00, la colazione è servita. Cornetti confezionati, fette biscottate, latte, caffè , marmellatine e cioccolato. Già si inizia a stare meglio. Dopo la colazione andiamo subito all’appuntamento sul ponte di volo in attesa di essere eliportati sulla Stromboli, ma chissà per quale altro motivo, il trasbordo non avviene più in elicottero ma con le scialuppe della Stromboli. Operazione alquanto rischiosa per il mare mosso. Ma quello che è importante è che riusciamo a salire a bordo. Si avverte da subito un gran puzzo di gasolio essendo su una nave cisterna, ma il comandante Mirco Luci e i suoi aiutanti, ci mettono immediatamente a nostro agio con la loro grande ospitalità e simpatia. Ci sentiamo come ospiti d’onore ad una cerimonia importante.
Alle ore 13,15, andiamo a pranzo nella mensa sottufficiali. Il cibo è abbondante e buono. Notiamo con piacere che tutto l’equipaggio è a nostra completa disposizione per qualsiasi richiesta.
Il comandante ci comunica che con la fregata Aliseo ci incontreremo in acque internazionali domani mattina e che pertanto fino ad allora dovremo restare suoi ospiti.
Gli alloggi sono situati in camere più strette della San Marco, ma anche se la tipologia è la stessa, già avere il bagno per un numero inferiore di persone è più comodo. Il comandante, una volta che ci siamo sistemati, ci offre la possibilità di far lavare i nostri indumenti dalla lavanderia di bordo, che in qualche ora ce li fa trovare puliti e asciutti. Nel frattempo l’equipaggio è impegnato nell’esercitazione anti incendio. Manovre interessanti che ripetono giornalmente trattandosi di una nave cisterna.
Ore 20,15, la cena è ottima e abbondante. È ora di andare a letto.
9 novembre 2013
A caccia degli scafisti
Ore 7,30. Dopo la colazione andiamo a poppetta, chi per fumare qualche sigaretta poiché è l’unico luogo ove è consentito, chi come me per prendere una boccata d’aria. Ma con nostra grande sorpresa avvistiamo una nave militare che ci segue a qualche miglio di distanza. è finalmente la Fregata Aliseo! Tra poco saremo a bordo e ci sistemeremo stabilmente.
Oggi è il mio 26° anniversario di servizio. Chi l’avrebbe mai detto che l’avrei festeggiato su una nave della Marina militare nel bel mezzo del Mediterraneo?!
Dovendo la Stromboli rifornire anche l’Aliseo, alle 8,00, prima del trasbordo, il comandante ci fa salire in plancia comando per farci assistere dall’alto all’operazione di rifornimento che si svolge in mare aperto tra nave e nave. La cosa è divertente poiché mentre avviene il travaso, viene diffusa musica dagli altoparlanti per tirare su il morale del personale della nave ricevente che di solito è in mare già da diversi giorni. Il nostro equipaggio accenna anche a qualche balletto.
Il trasbordo è avvenuto alle 9,00 in elicottero. Appena messo piede sull’Aliseo il giovane comandante Massimiliano Siragusa ci dà il benvenuto con i suoi aiutanti e mi sembra di rivivere la scena di grande ospitalità dello Stromboli. Tutti molto gentili.
Non riusciamo neanche a disfare il bagaglio che improvvisa arriva una segnalazione di avvistamento di un barcone con alcune persone a bordo. Forse scafisti, poiché erano in precedenza stati intercettati dal satellite mentre trainavano un’altra barca stracarica di persone. L’adrenalina sale. Il personale si prepara ad accogliere eventuali naufraghi. Noi del team di polizia scientifica iniziamo immediatamente, e con la massima celerità, il nostro lavoro, assemblando la postazione di fotosegnalamento e facendo le varie prove di trasmissioni dati con il Servizio di polizia scientifica al fine di poter ben operare per l’identificazione dei fermati o profughi nel caso ve ne fossero. Con noi ci sono due unità dell’Ufficio immigrazione di Vibo Valentia, due unità della task force ed un mediatore culturale di nazionalità algerina col compito di tradurre da e verso l’arabo.
Ci dirigiamo immediatamente sulla rotta dell’imbarcazione sospetta. La raggiungiamo solo nel pomeriggio. Il suo stato è pessimo e non presenta alcun nome o bandiera sullo scafo che sembra abitato solo da un paio di persone. Dopo tantissimi e vani tentativi di stabilire un contatto radio tra l’Aliseo e i conducenti della barca, utilizzando anche l’ausilio dell’interprete ed intimando loro di identificarsi, questi iniziano una precipitosa fuga verso le acque libiche, facendo salire in coperta altre persone che prima erano nella stiva. Il comandante decide di non dargli tregua, visto che si tratta sicuramente di trafficanti di esseri umani e non di un semplice peschereccio. Immediatamente, nonostante il calare del sole, dal ponte di volo decolla l’elicottero che subito va ad occupare lo spazio aereo sovrastante lo scafo in modo da avere una visione più dettagliata e fornire maggiori informazioni su eventuali reazioni, anche belliche, da parte degli occupanti. Intanto, dalla nave vengono calati anche una motobarca ed un gommone con a bordo i Marò del Battaglione San Marco pronti al “Boarding”. Ma nonostante tutto e le continue intimazioni, lo scafo non accenna a fermarsi, anzi aumenta ancora la sua velocità cambiando continuamente rotta per sfuggire agli specialisti della Marina. Dopo un inseguimento durato diverse ore, l’imbarcazione viene finalmente fermata. è buio, le operazioni di “Boarding” da parte dei Marò avvengono con alta professionalità mettendo in sicurezza, innanzitutto, tutti gli operatori intervenuti mentre gli occupanti dello scafo seguono con la massima precisione tutti gli ordini loro impartiti dal comandante della nave tramite l’interprete. Infatti, si vedono ora pian piano uscire allo scoperto, sul ponte del barcone, sedici persone con le mani dietro la nuca in segno di resa mentre l’elicottero li tiene sotto controllo dall’alto con un potente faro. Finalmente si sono arresi! La situazione è sotto controllo. I Marò salgono a bordo del barcone ed iniziano a trasferirli a piccoli gruppi sulla nostra nave.
Eccoli, vengono fatti salire uno per volta sulla scaletta della nave e dopo essere stati perquisiti, vengono fatti riunire in un angolo del ponte di coperta sempre sotto l’occhio vigile dei Marò e di noi poliziotti.
L’interprete, che ha già avuto contatti con queste persone, mi spiega che ogni migrante in fuga dal suo paese, solo per l’attraversamento in mare dalla Libia all’Italia su queste “zattere” malandate, paga circa 3.000 euro, senza contare quello che ha dovuto già sborsare per arrivare dal suo paese al porto d’imbarco. Mi dice che gli scafisti però percepiscono solo 200/300 euro mentre il resto va all’organizzazione criminale.
Uno ad uno mi passano davanti e leggo nei loro occhi spaesatezza e paura. Occhi sgranati di chi non sa cosa li attende.
Dopo qualche ora arriva anche la notizia che l’altra imbarcazione carica di 180 naufraghi è stata recuperata dalla Stromboli che li ha affidati alla nave San Marco. Esultanza da parte di tutti noi e pacche sulle spalle per complimentarsi reciprocamente.
Sono circa le 3,00 di notte quando terminiamo le identificazioni e la stanchezza che si legge sul volto di ognuno di noi viene annullata dall’esultanza che proviamo dentro per la brillante riuscita dell’operazione.
Siamo a circa 500 miglia da Capo Passero a sud est della Sicilia. Il comandante ordina di dirigerci verso Catania trainando il barcone sequestrato. è stata ancora una volta una giornata dura ma questa volta davvero piena di adrenalina. è quasi mattina e cerchiamo di riposare qualche oretta.
10 novembre 2013
L’approdo a Catania
Oggi al risveglio, andando sul ponte di volo abbiamo notato che il barcone trainato non c’era più. Ci dicono i Marò, che sono stati di guardia tutta la notte, che l’hanno visto affondare lentamente. La giornata di oggi la trascorriamo ad ordinare tutto il lavoro della notte.
Approdiamo a Catania verso le 21,00 e l’appuntamento è con il personale dello Sco della Polizia di Stato e della Squadra mobile di Catania che prenderanno in consegna i fermati. Sul molo ci attendono molti giornalisti. Sembra che resteremo a Catania qualche giorno ed è come se il buon Dio volesse premiarci per le nostre fatiche. Infatti, con la permanenza a terra ci eviterà di prendere il mare forza 7 che imperversa nel nostro quadrante di pattugliamento.
Abbiamo avuto la possibilità di scendere a terra e di visitare in serata per qualche ora Catania. Splendida città, somiglia anche un po’ a Napoli. Risaliti a bordo sul tardi, non facciamo fatica ad addormentarci.
11 novembre 2013
A mensa
Ore 6,50. Dall’altoparlante un gradito messaggio: “La colazione è pronta”.
Siamo ancora a Catania e la giornata è piovosa.
I nostri alloggi sull’Aliseo sono più stretti delle altre navi, ma molto silenziosi poiché sono dislocati sulla prora per cui niente rumori di motori. Tra l’altro, a volte, è anche divertente ascoltare l’altoparlante, poiché il comandante, che è una persona che tiene molto al morale dell’equipaggio, ci allieta con discorsetti sarcastici che ci mettono sempre di buon umore.
Rifletto sulla vita di questi marinai che nonostante il duro lavoro di bordo e la lontananza dai propri cari, riescono sempre ad andare d’accordo tra loro, preoccupandosi l’uno per l’altro. È come se la mancanza dei propri affetti si riversasse sui colleghi facendoli diventare fratelli. Lo stare insieme, con le stesse difficoltà, fa diventare accomodanti su tutto. In effetti si è tutti sulla stessa barca.
Sono le ore 20.15 e dopo la mensa equipaggio per i turnisti che devono dare il cambio, viene annunciata la mensa generale. Tocca a noi andare a cena. Qui tutto ha delle regole. Gli spazi sono ristretti e le persone tante, per cui tutto si svolge secondo l’assoluto rispetto delle regole.
12 novembre 2013
Pronti per la navigazione
Oggi ancora a Catania. Il meteo non è buono, per cui meglio restare nei paraggi.
Gran parte della giornata la trascorriamo a bordo.
In serata ci avvertono che la nave salperà dal porto di Catania domattina alle 6,30 per intercettare un altro barcone con migranti. Ci prepariamo alla prossima navigazione.
13 novembre 2013
L’alba e il tramonto
Stamani alle 5,30 vengo svegliato dal brusco altalenare della nave. Capisco subito che oggi si balla.
Dopo una doccia diversa dal solito, dando qualche testata ai tubi e alle valvole che mi circondano, salgo subito sul ponte di volo e il divertimento è assicurato. Oggi siamo sulle giostre senza pagare il biglietto. Mare forza 4 ma sopportabile, solo qualche problema per tutti nello stare in piedi. Fortunatamente dopo qualche oretta è già tutto finito.
Ci troviamo in mare aperto e mi godo i colori dell’alba. Sensazioni indescrivibili. Ci si rende conto della grandezza della natura. Ogni tanto qualche branco di delfini taglia la scia delle eliche. È come se volessero salutare il nostro passaggio.
Dopo pranzo il comandante è venuto a trovarci e ci siamo scambiati complimenti per la riuscita dell’operazione. Ci dà notizia che nel pomeriggio dovremmo incrociare il nuovo barcone di migranti.
Però alle 16,30 dopo un avvistamento, a causa del meteo sfavorevole, il barcone ritorna verso le coste libiche costeggiandole ed evitandoci.
A cena nel quadrato marescialli, la sera è più un momento per stare tutti insieme a scherzare che per mangiare. Ci siamo proprio integrati bene con l’equipaggio e le cose sembrano andare finalmente molto meglio rispetto a come si prospettavano all’inizio.
Ore 00,20, sono nella mia branda che mi appresto a scrivere queste due righe per non dimenticare l’esperienza di chi non ha scelto questa professione come missione di vita.
Un altro giorno è appena volato via. Il sole tramontando in questo meraviglioso mare, porta via con se altri momenti di storia. Spero e prego che altre persone disperate non trovino in questi viaggi di speranza momenti sconvolgenti di disgrazia e morte ma che invece incontrino chi per questi mari è stato comandato a salvare vite.
Il beccheggio della nave e le onde che si infrangono contro la parete della stiva affianco alla mia branda mi accompagneranno per un’altra notte.
14 novembre 2013
Falso allarme
Stanotte, nonostante il mare mosso, sono riuscito a dormire splendidamente. Sarà perché sto diventando un vero marinaio? Il gergo di bordo già l’ho imparato e penso che nonostante i lati negativi di questa missione, la cosa inizia a piacermi sempre di più.
Stamattina la giornata inizia con un altro avvistamento. Un barcone verde, con persone a bordo viene intercettato. Alle prime richieste del comandante sembra non rispondere e già ci si prepara ad affrontare eventuali altri scafisti. L’elicottero si alza in volo e rientra in nave dopo aver prelevato alcuni tiratori scelti dei Marò dalla nave San Marco. Una volta che il barcone ha risposto alla comunicazione radio, con l’elicottero in volo che osservava eventuali movimenti sospetti a bordo, si è proceduto al “Boarding” dei Marò con un gommone.
L’operazione è terminata senza alcun allarme poiché si trattava di semplici pescatori.
A mezzanotte si sente festeggiare a poppetta il compleanno di qualcuno. è una ragazza in ferma temporanea. L’allegria non manca mai e contagia tutta la nave.
15 novembre 2013 L’ammainabandiera
Stamattina è come se mi avessero letto nel pensiero. La sveglia ci è stata data dall’altoparlante con la colonna sonora del film Good morning Vietnam seguita dal meteo dettato dal comandante che ha elencato le temperature esterne, la velocità della nave ed ha augurato una felice crociera, tanto per ironizzare un po’.
Ogni giorno alle 17,00 c’è la cerimonia dell’ammainabandiera. Viene reso onore ad un caduto della Marina con lettura del suo sacrificio estremo dopodiché, accompagnata dal fischio tipico della Marina, la bandiera viene ammainata e subito dopo rialzata poiché in navigazione è obbligatorio il vessillo.
16 novembre 2013
Verso casa
Da stamattina appena sveglio, tra l’equipaggio, non si fa altro che parlare del ritorno a casa. Sarà trapelata la notizia di un prossimo attracco. Mi auguro, principalmente per l’equipaggio, che è in navigazione da mesi, che tutto ciò sia veritiero e prossimo. I loro occhi si riempiono di gioia.
Ore 16,00, ci accorgiamo che la notizia è veritiera. Il comandante ci comunica che la nave domani sera sarà ad Augusta per sbarcarci, poiché per il 18 dovrà trovarsi a Taranto ormeggiata per lavori. A questo punto la gioia pervade anche noi del team della polizia. Vuol dire che torneremo anche noi a casa.
Un po’ ci dispiace dividerci dall’equipaggio e noto che la cosa è reciproca. In questi pochi giorni è nata una bella amicizia che non credo terminerà con l’approdo della nave.
Ore 17,00, il comandante dà notizia che stasera alle 20,00 nell’hangar ci sarà una piccola festicciola per festeggiare la nostra partenza con cena a buffet a base di puccia, spaghettata e sfizi vari.
Ore 20,00, cena a buffet seguita dalla proiezione di un divertente filmato fatto dai marinai con foto di alcuni momenti di vita vissuta sulla nave da tutto il personale a bordo, compresi noi della polizia. Tante risate seguite da un lungo karaoke. I Marò si sono dimostrati anche degli ottimi ballerini.
17 novembre 2013
Tempo di saluti
La missione volge al termine con qualche giorno di anticipo. Iniziamo a sgomberare l’hangar dall’attrezzatura in dotazione e provvediamo a farla trasferire sulla nave Scirocco che dovrà prendere il mare al posto della nostra.
Il comandante nel pomeriggio ci ha ricevuto nel suo ufficio per i saluti e per consegnarci qualche ricordo della nostra permanenza. Inoltre, ha voluto ringraziarci perché con la nostra presenza gli abbiamo consentito di agire, durante l’operazione degli arresti, con maggiore sicurezza. Alle ore 19,30, dopo esserci scambiati numeri telefonici, mail e affettuosi saluti, l’equipaggio ci saluta dall’alto del ponte di volo con il comandante in prima linea, mentre la motobarca su cui eravamo tutti noi del team si allontana alla volta della banchina del porto di Augusta. Stanotte dormiremo a Catania e domani prenderemo un volo che ci riporterà a casa dai nostri cari.
Mi sono sentito di ringraziare tutti, dal comandante all’ultimo marinaio per la loro immensa disponibilità e perché abbiamo potuto confrontare la nostra vita con la loro e questo mi porta ad essere ancora più grato alla mia professione che mi consente quanto meno di tornare a casa alla fine di ogni turno di servizio e di riabbracciare i miei cari ogni qualvolta mi senta di farlo.
Grazie a tutti voi ragazzi dell’Aliseo per la vostra calorosa amicizia. In particolare al comandante Siragusa, ai marescialli Gattulli, Guarini, Zoa, al nostromo, al nostro paesano Iengo, allo staff mensa con Esposito e a tutti coloro che hanno condiviso con noi questa bellissima esperienza.
Grazie anche alla Polizia di Stato che ci ha dato tale possibilità.
*assistente capo della Polizia di Stato
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L’album dei ricordi
di Stefanio Biasone*
Dal 5 al 20 novembre, insieme ad altri tre colleghi, Chiara, Eleonora ed Alessandro, tutti appartenenti al 3° TeamFotosegnalatori della Polizia scientifica di Catania, Stefanio Biasone è stato imbarcato sulla nave San Marco e sulla fregata Scirocco, vivendo così una delle esperienze più intense della sua vita.
Con queste parole Stefanio saluta l’operazione “Mare nostrum”:
«Il 20 novembre i quattro poliziotti lasciavano un vero e proprio mondo, quello della vita di bordo. Un mondo di uomini e donne, uniti da lunghi periodi di convivenza forzata, sempre solidali nei momenti di scoramento dovuti alla lunga permanenza, lontani dalle loro confortevoli case ma soprattutto troppo distanti dagli affetti dei loro cari. Un sacrificio fatto con l’orgoglio di dare a tutti noi quella “sicurezza” che ci consente di vivere liberi e sereni. Il 3° TeamFotosegnalatori ricorderà sempre questa esperienza, accompagnata dall’immagine indelebile del sole che tramonta immergendosi nelle acque argentate, visto dal “Ponte di Volo”, suggestivo teatro offerto dalla Marina militare».
*assistente capo della Polizia di Stato
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L’immigrazione in cifre
Secondo l’ultimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese nel 2013, 232 milioni di persone si sono spostate alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro, 75 milioni delle quali nel Vecchio continente. L’Italia, con 5.721.427 presenze, è l’undicesimo Paese al mondo per numero di migranti, seconda nell’Unione Europea solo al Regno Unito e le stime prevedono un trend in ascesa. Tuttavia, a sfatare l’immagine che vede la nostra Nazione tra i principali serbatoi di accoglienza di rifugiati, è utile considerare che 9 su 10 hanno trovato asilo nei Paesi in via di sviluppo più vicini e facilmente raggiungibili, in Asia e in Africa. In ogni caso l’Italia, ultima frontiera nel Mediterraneo, svolge un ruolo sempre più importante, non da ultimo per le tragedie del mare alle quali sempre più spesso assistiamo: nei primi otto mesi del 2013 oltre 21mila persone sono sbarcate sulle coste del Belpaese. La nostra Nazione è la sesta nell’Unione Europea e la 37° al mondo per numero di rifugiati, coloro che sono fuggiti dal proprio Paese perché vittime di persecuzioni, guerre o crisi umanitarie, oltre 58mila secondo le stime più recenti delle Nazioni Unite. Questi movimenti di persone, veri e propri flussi, non possono che incidere sul tessuto sociale del nostro Paese, tanto sulla percezione del pericolo quanto sull’acuirsi di atteggiamenti di intolleranza nei confronti degli stranieri, visti sempre più dai cittadini italiani come possibili competitor. I dati dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), istituito nel 2010 come organismo interforze tra Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri fanno emergere una netta prevalenza di atti discriminatori per motivi razziali, il 55% delle 329 segnalazioni raccolte fino al gennaio 2013. Quattro italiani su cinque considerano l’inserimento degli immigrati nella società un processo difficile e temono che si possano generare minacciose sacche di disagio pronte ad esplodere. A fronte delle problematiche sul razzismo, il ministero per l’Integrazione ha centrato l’attività nei suoi primi mesi di lavoro, sulla questione della concessione della cittadinanza ai giovani nati in Italia da genitori stranieri. I cosiddetti appartenenti alle seconde generazioni o G2, costituiscono una giovane collettività non omogenea ma accomunata da un background migratorio, una fetta di popolazione in costante crescita se si considera che nel 2001 la quota dei neonati con almeno uno dei genitori straniero rappresentava il 7,2% e dieci anni dopo è salita al 19,4%. Oltre alla crescita numerica c’è in gioco anche una crescita “anagrafica” che vede compagini sempre più nutrite di giovani G2 affacciarsi agli studi superiori o al mondo del lavoro, non senza problemi e svantaggi legati, direttamente o indirettamente, all’esperienza migratoria. Spesso gli stranieri sono entrati nelle nostre famiglie andando a svolgere funzioni di cura o di assistenza agli anziani, creando così un sistema di welfare sostitutivo: nel 2012 sono stati impiegati in Italia 1.329.199 collaboratori domestici stranieri. Sino a questo momento hanno avuto essenzialmente il ruolo di operatori, ma se si guarda ad un futuro neanche troppo lontano sono destinati a diventare beneficiari di un welfare della longevità che andrà esso stesso potenziato sulla base delle necessità di questa categoria di utenti.
Cristina Di Lucente
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Operazione Mare Nostrum: l’esperienza di un “segnalatore” della polizia
Nell’operazione “Mare Nostrum”, imbarcata sulla nave San Marco c’era anche Odette Catterinich, sovrintendente della Polizia di Stato. Al termine della missione, Odette, unica donna poliziotto a bordo dal 20 ottobre al 5 novembre, ha pensato fosse giusto scrivere una lettera di ringraziamento a tutto l’equipaggio dell’imbarcazione che ha ospitato lei ed altri sette colleghi del Servizio polizia scientifica. Un’esperienza particolare che le abbiamo chiesto di raccontare.
Come è stata l’accoglienza a bordo della San Marco?
L’equipaggio ci ha accolto come se fossimo parte di loro, familiarizzando con noi e rendendo più semplice la nostra missione. Sulla nave erano presenti anche gli uomini del Battaglione San Marco, che si occupavano soprattutto di mantenere l’ordine tra le centinaia di persone che salivano a bordo. Tutto era organizzato in modo impeccabile: ognuno sapeva esattamente cosa fare e come farlo. Quello che ci ha sorpreso di più è stato riscontrare che l’equipaggio era composto in gran parte da giovani marinai. Tra loro c’erano anche un ufficiale donna e dieci “marinaie”, e io dormivo con loro.
In che cosa consisteva il vostro lavoro?
Nei 15 giorni di missione sono state portate a bordo più di 800 persone tra uomini, donne e bambini. Per prima cosa ci siamo preoccupati di accoglierli e di assicurarli sulla loro sorte. Poi abbiamo iniziato il nostro lavoro di rilevamento delle impronte digitali e di fotosegnalamento. C’erano molti cittadini siriani, etiopi ed eritrei: erano tutti partiti dalla Libia, parlavano l’arabo, qualcuno “masticava” un po’ d’inglese, ma con l’aiuto dei mediatori culturali siamo riusciti a comunicare.
Questa esperienza cosa ti ha lasciato?
Sono stati giorni drammatici e indimenticabili, abbiamo lavorato tutti insieme, per dare un volto e un’identità alle centinaia di vittime che sono state recuperate in mezzo al mare. Tra i migranti c’erano tante famiglie con tre o quattro figli al seguito che non avevano niente, e per niente intendo dire neanche le scarpe. Persone impaurite, disorientate con un’unica ragione di vita: scappare via, lontano.
C’è un episodio in particolare che vuoi ricordare?
Sono tanti i momenti che vorrei raccontare, ma quello che mi ha colpito di più è che quasi tutte le donne portavano al collo un crocifisso e alla mia domanda se avessero qualcosa addosso mi dicevano che non avevano nulla ed io non potevo far altro che rispondergli. «Non vi preoccupate perché Gesù è con voi».
Quando siamo sbarcati ad Augusta (RG) per lasciare il primo gruppo di migranti, la Croce rossa ha fatto arrivare a bordo degli abiti da dare ai profughi ed è toccato al comandante della nave dividerli per taglia e distribuirli tra i bambini.
C’è un altro episodio che mi ha colpito molto. Un padre siriano chiedeva che le impronte fossero prese anche ai suoi tre bambini, nonostante questo iter non sia previsto per i minorenni. Nei suoi occhi ho visto tanta disperazione: aveva paura che qualcuno glieli potesse portare via.
Perché hai scritto la lettera?
Queste due settimane di navigazione hanno rappresentato per me un’esperienza che difficilmente dimenticherò: e con questa lettera a nome di tutti ho voluto ringraziare chi ha, con altruismo e spirito di sacrificio trasformato, una missione così delicata in un ricordo indelebile.
Olivia Petillo