di Paolo Maria Pomponio* e Raffaella Renzi**

Stranieri: diritti e doveri/seconda parte

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Tutte le norme sull’ingresso e la presenza dei cittadini stranieri in Italia

1.9 RIFUGIATI E STRANIERI CUI E� RICONOSCIUTA LA PROTEZIONE SUSSIDIARIA
(dlgs 19 novembre 2007, n. 251; dlgs 28 gennaio 2008, n. 25; decreto del ministro dell’Interno 6 marzo 2008; dlgs 3 ottobre 2008, n. 159; L 15 luglio 2009, n. 94; dlgs 1 settembre 2011, n. 150)

La disciplina sul riconoscimento a cittadini stranieri o apolidi dello status di rifugiato o di persona ammissibile alla protezione sussidiaria attua la direttiva europea 2004/83/CE, mentre la relativa procedura è attuata in applicazione della Direttiva 2005/85/CE. Entro il 21 dicembre 2013 dovrà essere recepita dal legislatore nazionale anche la Direttiva 2011/95/UE, che integra la suddetta Direttiva 2004/83/UE, mentre entro il 25 giugno 2015 andrà recepita dal citato legislatore la Direttiva 2013/32/UE, che integra la suddetta Direttiva 2005/85/CE.

La domanda di protezione internazionale
La domanda, che è presentata dallo straniero o dall’apolide per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato o quello della protezione sussidiaria, può essere motivata anche dal verificarsi di avvenimenti, o dallo svolgimento di attività, successivi alla partenza dell’interessato dal Paese di origine o di dimora abituale.
Il rifugiato è colui che non vuole far ritorno nel Paese dal quale proviene a causa del timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche.
Invece, è ammissibile alla protezione sussidiaria colui che non possiede i requisiti per essere riconosciuto rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese dal quale proviene, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno.
Sono considerati gravi danni:
la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte;
la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante;
la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.
I predetti status non possono essere riconosciuti o mantenuti qualora vi siano specifiche cause che ne escludono o ne fanno cessare la configurabilità.
Ogni domanda di protezione va esaminata individualmente; si tiene conto, inoltre, della specifica situazione delle persone vulnerabili, tra cui rientrano:
i minori;
i disabili;
gli anziani;
le donne in stato di gravidanza;
i genitori singoli con figli minori;
le vittime di torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.
Il richiedente, con la domanda, deve presentare tutti gli elementi e la documentazione inerenti:
l’età;
la condizione sociale, anche dei congiunti;
l’identità;
la cittadinanza;
i luoghi ove ha soggiornato in precedenza;
eventuali domande di asilo pregresse;
gli itinerari di viaggio;
i documenti d’identità e di viaggio;
i motivi per i quali ha chiesto la “protezione internazionale”.
Qualora taluni aspetti della domanda non siano suffragati da prove, essi sono considerati veritieri se il richiedente ha:
compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la sua istanza;
prodotto tutti gli elementi in suo possesso ed ha fornito un’idonea motivazione sulla mancanza di altri elementi significativi;
reso dichiarazioni coerenti e plausibili, che non sono in contraddizione con le altre informazioni disponibili sul suo caso;
presentato la domanda il prima possibile o giustificato adeguatamente i motivi dell’eventuale ritardo;
dimostrato, dai riscontri effettuati dall’autorità preposta alla valutazione della domanda, di essere attendibile.
L’esame della domanda compete a un’apposita Commissione territoriale che deve valutare, in relazione al richiedente:
la situazione nel suo Paese di origine, riferita al momento in cui l’istanza va decisa, previa verifica del relativo sistema normativo e regolamentare;
le dichiarazioni e la documentazione fornite. L’interessato è tenuto a precisare se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;
la sua situazione personale, in particolare la condizione sociale, il sesso e l’età;
l’eventualità che con la sua condotta, successiva a quando ha lasciato il Paese di origine, abbia intenzionalmente precostituito le condizioni per presentare l’istanza di protezione in questione;
la possibilità che possa avvalersi della protezione di un altro Paese.
Costituisce un serio indizio per ritenere fondata la domanda di protezione la circostanza che il richiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette a subirle; l’istanza, tuttavia, è rigettata qualora siano individuati elementi o motivi per escludere il ripetersi di tali fatti; salvo che emergano gravi motivi umanitari, idonei a impedire il rimpatrio dell’interessato.
La Commissione territoriale, qualora non riconosca lo status di rifugiato e neppure la protezione sussidiaria, può trasmettere gli atti del procedimento al questore, affinché sia rilasciato il permesso di soggiorno umanitario, qualora ritenga che sussistano gravi motivi di carattere, appunto, umanitario.
Ad un’apposita Commissione nazionale per il diritto d’asilo compete la revoca e la cessazione degli status di protezione internazionale riconosciuti. Tale Commissione assolve anche a compiti di indirizzo e di coordinamento delle Commissioni territoriali, nonché di formazione e di aggiornamento dei suoi componenti.

Lo status di rifugiato
È considerato rifugiato:
lo straniero che, per il fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trovi fuori dal Paese di cui è cittadino e non possa o, a causa di tale timore, non intenda avvalersi della protezione di tale Paese;
l’apolide che, per timore di essere perseguitato per i citati motivi, si trovi fuori dal territorio del Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale e non possa o, a causa di tale timore, non sia intenzionato a farvi ritorno.
Occorre, quindi, che nei confronti del richiedente siano stati commessi atti di persecuzione per uno dei suddetti motivi, purché non si configurino le specifiche cause di cessazione o di esclusione.
Per riconoscere lo status di rifugiato occorre che gli atti di persecuzione siano sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, determinando una grave violazione dei diritti umani fondamentali. Tra essi, in particolare, vanno considerati quelli:
per i quali è esclusa qualsiasi deroga, quali il diritto alla vita, il divieto della tortura, il divieto di schiavitù e del lavoro forzato e i diritti salvaguardati dal principio del “nullum crimen, nulla poena sine lege”;
ovvero:
costituiscano la somma di diverse misure, tra cui la violazione dei diritti umani. L’impatto di tali atti sulla persona deve essere sufficientemente grave, da realizzare una grave violazione dei suoi diritti fondamentali.
Possono essere considerati atti di persecuzione:
la violenza fisica o psichica, compresa quella sessuale;
i provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari, ritenuti discriminatori per natura o modalità attuative;
le azioni giudiziarie o le sanzioni penali spropositate o discriminatorie;
il rifiuto di accesso ai mezzi di tutela giuridici e la conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria;
le azioni giudiziarie o le sanzioni penali conseguenti al rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, qualora la partecipazione allo stesso possa comportare la commissione di crimini, reati o atti che rientrano tra le cause di esclusione dallo status di rifugiato.
Chi ritiene di poter essere riconosciuto come rifugiato può invocare solamente motivi di:
razza. L’atto persecutorio di cui è vittima deve contenere considerazioni sul colore della pelle, sulla discendenza o sull’appartenenza a un determinato gruppo etnico;
religione. L’atto in questione deve colpire un qualsiasi suo comportamento personale o sociale, fondato su un credo religioso o da esso prescritto, ovvero su convinzioni ateiste;
nazionalità. Ricorrono i suddetti motivi se la discriminazione è dovuta all’appartenenza a un gruppo caratterizzato da un’identità culturale, etnica o linguistica, da comuni origini geografiche o politiche oppure da un’affinità con la popolazione di uno Stato. Ne deriva, pertanto, che non vi è coincidenza tra nazionalità e cittadinanza;
appartenenza a un determinato gruppo sociale. Tale condizione si configura qualora vi siano persone che condividono una caratteristica innata o una storia comune, che non può essere mutata, oppure che hanno in comune una caratteristica o una fede che è così fondamentale per l’identità o la coscienza che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi. Tale gruppo, che può essere costituito da più persone con un’identità distinta nel Paese di origine, in quanto soggetti percepiti come diversi dalla società circostante, è individuabile anche in base alla caratteristica comune dell’orientamento sessuale a condizione che il suddetto orientamento non si concretizzi in condotte sanzionate penalmente dalla legislazione italiana;
opinione politica. È invocabile qualora sia stata espressa un’opinione, un pensiero o una convinzione su questioni attinenti metodi o politiche poste in essere dal potenziale persecutore; non occorre che quanto espresso sia stato tradotto dal richiedente in atti concreti.

Le cause di esclusione
Non può essere concesso lo status di rifugiato a chi già fruisce della protezione o assistenza di un’organizzazione o istituzione delle Nazioni Unite, fatta salva l’ipotesi in cui tali misure vengano assicurate dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati; non può, inoltre, essere riconosciuto se sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero abbia commesso o istigato a commettere:
un crimine contro la pace, di guerra o contro l’umanità;
un reato grave o atti particolarmente crudeli che possono essere classificati come gravi reati, anche se motivati da finalità politiche, prima di entrare in Italia e di avere ottenuto il permesso di soggiorno per rifugiato. Uno dei criteri per misurare la gravità del reato è dato dall’entità della pena prevista dalla normativa italiana, che deve essere non inferiore nel minimo a 4 anni e nel massimo a 10 anni;
atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite.

Le cause di cessazione
Lo status di rifugiato è dichiarato cessato qualora, dopo l’esame della situazione personale di chi ha ottenuto il riconoscimento, emerga che questi versi in una delle seguenti situazioni:
si sia avvalso, volontariamente, della protezione del Paese di cui è cittadino;
sia divenuto cittadino italiano o di un altro Paese che gli assicuri protezione;
avendo perso la cittadinanza, la abbia volontariamente riacquistata;
si sia ristabilito, volontariamente, nel Paese che ha lasciato o in cui non è rientrato per il timore di persecuzioni;
non possa più rinunciare alla protezione offerta dal Paese di cui è cittadino essendo venute meno le cause che portarono a riconoscergli lo status di rifugiato;
se apolide, possa rientrare nel Paese ove dimorava abitualmente, per il venir meno dei motivi di persecuzione.
Occorre, limitatamente alle ultime 2 situazioni, che il mutamento delle cause che consentirono di riconoscere tale status sia:
duraturo, e quindi non transitorio;
idoneo a eliminare il timore di persecuzioni;
compatibile con il rimpatrio dell’interessato. È necessaria, infatti, l’assenza di gravi motivi umanitari che non consentano il suo ritorno nel Paese di origine.

Le cause di diniego e di revoca
Il diniego è disposto previo accertamento che il richiedente:
non sia vittima di atti di persecuzione;
si trovi in una delle situazioni che configurano una causa di esclusione;
sia ritenuto, in base a fondati motivi, pericoloso per la sicurezza dello Stato;
sia considerato pericoloso per l’ordine e la sicurezza pubblica a seguito di una condanna definitiva per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del cpp.
La revoca, invece, è adottata se si accerta, dopo il riconoscimento del citato status, che:
sussistono i presupposti previsti per il diniego;
tutti gli elementi su cui si fonda la domanda sono stati illustrati in modo erroneo;
risultano non comunicati fatti che, se conosciuti, avrebbero determinato il rigetto dell’istanza;
la decisione favorevole è dipesa esclusivamente dalla produzione di documenti falsi.

Protezione sussidiaria
Per concedere al richiedente la protezione sussidiaria è necessario che non vi siano i presupposti per riconoscergli lo status di rifugiato ma che, tuttavia, vi siano fondati motivi per ritenere che egli, qualora tornasse nel Paese di provenienza, correrebbe l’effettivo rischio di subire un grave danno e non possa o, a causa di tale rischio, non voglia avvalersi della protezione di

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01/12/2013