Cristiano Morabito

Noi, i poliziotti del Vajont

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Dopo 50 anni, Longarone vuol ricordare chi per primo intervenne in soccorso della popolazione, conferendo la cittadinanza onoraria alla Polizia di Stato. I fatti raccontati da chi quel giorno c’era

«Era una serata tranquilla e la gente si era riunita nei bar a guardare la partita di Coppa dei campioni Real Madrid-Glasgow Rangers». Inizia così la testimonianza di Gino Maresia, uno dei poliziotti che per primi intervennero poco dopo che la massa d’acqua portò via un’intera valle. «Sentimmo un crepitio che arrivava dal ponte Soverzene – continua il poliziotto – e un fragore proveniente dal greto del Piave».
Sono passati cinquant’anni dal disastro del Vajont, ma il ricordo è ancora vivo nelle menti di chi quella maledetta notte del 9 ottobre 1963, alle 22,39, era lì quando una parte del monte Toc si staccò e franò nel bacino della diga: una montagna di cemento tra due monti che, a guardarla ancora oggi passando sulla strada che costeggia Longarone, fa impressione per la sua imponenza e soprattutto per il fatto che resistette all’enorme massa d’acqua, facendole da trampolino verso la valle. Molti, ancora oggi, si chiedono se la diga non avesse resistito forse non ci sarebbero state quelle 1.910 vittime e in molti ancora si domandano perché costruire una diga che poggia su un monte il cui nome tradotto dal dialetto friulano vuol dire “che frana” e il cui fiume, Vajont, in lingua ladina significa “che va giù”. Non fu così, la diga resistette e quella sua forza seminò morte e distruzione in tutta la valle.
«Quel giorno ero di turno – ricorda Francesco Tomassi, all’epoca vice commissario in servizio presso la questura di Belluno – e appena arrivò la notizia ci precipitammo tutti in questura per organizzare i soccorsi. Le notizie che ci arrivavano dalle pattuglie, che non potevano proseguire poiché le strade erano piene di detriti e di carcasse di animali, erano drammatiche. La luce della luna illuminava la diga e capimmo che non fu il crollo a provocare il disastro, ma qualcosa di ben più tremendo. Fu così che il questore mi chiese di istituire un posto di polizia temporaneo a Longarone. Nei giorni successivi al disastro raccogliemmo le testimonianze dei sopravvissuti dando loro anche qualche parola di conforto e cercammo di conservare gli effetti personali di valore e non che rinvenivamo scavando nel fango, con la speranza di restituirli un giorno ai legittimi proprietari. Ma in pochi vennero a reclamarli, purtroppo».
«Trovammo anche molte auto sulla strada – riprende la sua testimonianza Gino Maresia – ma erano senza conducente, con i fari accesi, il parabrezza rotto e le portiere aperte. Arrivammo fin dentro l’abitato di Faè (uno dei paesi distrutti, ndr) dove sentimmo delle voci e trovammo tre persone: una ferita gravemente e una ragazza che giaceva senza vita tra le macerie».
Fu, dunque, una pattuglia della Stradale di Belluno a dare per prima l’allarme e, a mezzo secolo di distanza, il comune di Longarone ha voluto ricordare coloro che per primi e senza paura si precipitarono per dare un aiuto concreto a chi, in quel momento, aveva perduto tutto, conferendo alla Polizia di Stato la cittadinanza onoraria. Una cerimonia toccante che oltre alla presenza del presidente del Consiglio, Enrico Letta, e del capo della Polizia, Alessandro Pansa, ha visto la partecipazione di chi a quel disastro è scampato. “Per rinnovare i sentimenti della sua riconoscente gratitudine”, questa la motivazione con cui la Polizia di Stato è stata insignita dell’importante riconoscimento e della Medaglia d’argento al valor civile “Per il generoso sprezzo del pericolo e l’eroica abnegazione dimostrata nel soccorrere le popolazioni del Vajont colpite da disastro alluvionale per il cedimento di una diga”.
Dopo mezzo secolo, anche Poliziamoderna vuol rendere omaggio alle vittime del Vajont e a chi, come Gino Maresia e Federico Tommasi, furono tra i tanti uomini delle forze dell’ordine che in quei giorni non si risparmiarono per aiutare la popolazione della valle (anche economicamente; infatti furono raccolti più di 23 milioni di lire tra i poliziotti di tutta Italia), pubblicando integralmente e con lo stesso impaginato dell’epoca, l’articolo dedicato a quell’evento sul numero di ottobre-novembre del 1963.

01/11/2013