Annalisa Bucchieri

L'educazione web-sentimentale

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Sapete qual è il terzo Paese al mondo per grandezza demografica, dopo la Cina e l’India? Facebook, che conta un miliardo di utenti al mese di media. E lo sapete da chi è composta la maggior parte della popolazione di Fb? Da millennians, uno dei quali probabilmente lo avete in casa. Non temete, non sono alieni ostili, ma i nostri figli adolescenti, i nostri fratelli, le nostre sorelle, i nostri cugini più piccoli. Ragazze e ragazzi, nati tra il 1980 e il 2000, che abitano nel mondo occidentalizzato: quelli che la sociologia indica come Generazione Y, cresciuta con biberon e cellulare, 24 ore su 24 connessa alla Rete. Con il loro modus digitandi stanno trasformando tendenze culturali, flussi economici, campagne elettorali. Nel mare di Internet prediligono surfare sui social network. Ne è riprova il fatto che Facebook risulta il secondo sito in assoluto più visitato dal popolo di internauti sia in Italia, che negli States e in Germania, e che Twitter è quello più gettonato dai giovanissimi, insieme ad Ask e Snapchat. Non stupisce, quindi, che per i millennians sentimenti, emozioni e stato psichico si opacizzino attraverso il filtro della Rete: facilità di raccontarsi, fare amicizia, scambiarsi informazioni ma anche, di contro, facilità ad essere esposti a dileggiamenti, insulti, attacchi mediatici, perché nell’inconsistenza del virtuale le remore etiche svaporano.
Se il bullismo è un fenomeno vecchio quanto il mondo, le modalità con cui si esplica sono cambiate a causa della dimestichezza dei giovanissimi con i nuovi media. Prepotenze attraverso Internet, con conseguenze non meno deleterie di quelle fisiche. Flaming, harasement, cyberstalking, denigration, impersonation, trickering sono i nuovi reati che gli stessi ragazzi spesso ignorano di aver compiuto con un semplice click. Come aiutare i millennians a non farsi del “tecnomale”? Lo abbiamo chiesto agli esperti della Polizia postale e delle comunicazioni che agiscono sia a livello investigativo per rintracciare i cyberbulli e perseguire il fenomeno, sia a livello preventivo con interventi mirati nelle scuole per far capire ai ragazzi l’importanza di proteggere la propria privacy on line nonché avere il coraggio di denunciare. Abbiamo raccolto la testimonianza di chi una pessima bravata l’aveva fatta e, dopo aver seguito un percorso di recupero, ne è uscito. Non mancano i pareri e i ruoli delle due grandi agenzie educative, la famiglia e la scuola, che lavorano gomito a gomito con la Postale. Nessuno si senta escluso: l’educazione al cyberispetto la dobbiamo imparare tutti. Noi adulti per primi.

01/11/2013