Quel duro colpo alle nuove Br
Gianni Sarrocco
Un recente saggio esplora dall’interno la storia del gruppo eversivo che uccise D’Antona, Biagi e il sovrintendente Petri. Ne parliamo con l’autore, un esperto dell’Antiterrorismo
Nuove o vecchie comunque Brigate rosse. Nuovi o vecchi pur sempre assassini. Ma quelli delle Br-Pcc (Brigate rosse per la costruzione del partito comunista combattente), la sigla più feroce della galassia dell’eversione di estrema sinistra, hanno una loro peculiarità non solo per la scia di morti che si sono lasciati dietro le spalle non solo i giuslavoristi Massimo D’Antona e Marco Biagi, il sovrintendente della polizia di Stato Emanuele Petri e l’agente della Polfer Bruno Fortunato ferito e poi morto suicida, ma anche i loro stessi compagni Mario Galesi e Diana Blefari Melazzi suicida in carcere. Stiamo parlando delle nuove Brigate rosse attive dal 1999 (omicidio di Massimo D’Antona) alla primavera del 2003, data della loro sconfitta subito dopo la sparatoria sul treno per Firenze sul quale viaggiavano Nadia Desdemona Lioce e Mario Galesi incappati in un controllo della Polfer. Una storia tutta particolare questa delle nuove Br che purtroppo ancora oggi hanno emuli e forse eredi nascosti chissà dove. Una storia tutta da leggere perché raccontata con le parole dei terroristi, un viaggio Dentro le Br-Pcc scritto da Antonio Petrillo, vice questore aggiunto della Polizia di Stato in servizio presso la Direzione centrale della polizia di prevenzione-Servizio centrale antiterrorismo. Si tratta di un volume-documento, anzi un volume di documenti, edito da Laurus Robuffo (pagine 366, euro 18: i proventi spettanti all’autore saranno devoluti al Fondo di assistenza per il personale della Polizia di Stato, sezione assistenza orfani).
Pagine e pagine di file, attraverso le quali il funzionario dell’antiterrorismo, co