Anna Lisa Spitaletta

Le città intelligenti

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Con il progetto eSecurity-Ict la questura di Trento sperimenta nuovi strumenti d’intelligence per migliorare la sicurezza urbana

“L’occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose”. Così lo scrittore Italo Calvino racconta in letteratura le sue “città invisibili”, riferendosi alla capacità interpretativa dello sguardo dell’esploratore Marco Polo di cogliere e raccontare all’imperatore dei tartari Kublai Khan le regole nascoste delle città del suo immenso impero visitate, ridando un ordine alla realtà complessa e caotica dei crocevia di strade e palazzi. Sembra essere questa la metafora di partenza, meno narrativa ma di sicuro tecnologicamente più futuristica del progetto ”eSecurity”, ideato dalla questura di Trento e dal gruppo di approfondimento eCrime sulle nuove frontiere della criminologia, nella società dell’informazione dell’Università degli studi trentina, in collaborazione con l’ente di ricerca scientifica, tecnologica e delle scienze umane della provincia autonoma di Trento “Fondazione Bruno Kessler” e il comune, per migliorare il livello di sicurezza delle città.
Come? Partendo dal presupposto che l’accadimento di fatti ed eventi sociali negli spazi cittadini, se ben “visti” e analizzati (predictive policing), può portare alla previsione futura dell’evento stesso, qualora si ripetano le stesse condizioni esterne che avevano caratterizzato il precedente. Non è fantascienza ma un progetto del tutto reale, partito il 13 novembre 2012, con una sperimentazione della durata di tre anni e il placet di qualità e finanziamento di oltre 400mila euro della Commissione europea, che, inserendolo nel programma ISEC 2011 “prevenzione e lotta al crimine” della Direzione generale affari interni, vi ha creduto in toto.

Le origini del “predictive policing”
Dobbiamo spostarci a Los Angeles, California, dove il professor Jeff Brantigham, docente di antropologia dell’università dell’Ucla, nel 2005, nell’ambito di una ricerca accademica, mette a punto un metodo scientifico per predire i meccanismi che conducono a un crimine. I ricercatori si rendono conto che il metodo poteva avere delle applicazioni concrete e lo sperimentano nelle città di Los Angeles e Santa Cruz, registrando un calo del 33 % delle aggressioni e del 19% dei furti.
Si tratta di utilizzare formule matematiche, gli algoritmi: indici di ritualità e frequenza di alcuni fattori dei contesti sociali (condizioni climatiche, densità auto parcheggi, presenza/assenza di persone in casa in giorni feriali e festività etc.) che collegate a computer arricchiti di banche dati sempre più esaustive elaborano con un software georiferito indicazioni statistiche sul dove e il quando un crimine possa di nuovo accadere con una probabilità molto alta. È il predictive policing/PredPol, uno strumento tecnologico che può rivelarsi molto utile nella cassetta degli attrezzi d’intelligence del poliziotto del terzo millennio, per elaborare le mappe del rischio delle città, al momento in sperimentazione anche in Gran Bretagna, mentre aumentano le richieste del sistema da parte di tante altre nazioni.
Ma eSecurity va ben oltre.

Il progetto italiano: eSecurity- ICT
È l’unione che fa la forza della sperimentazione italiana: la questura, il gruppo di ricerca eCrime della facoltà di giurisprudenza dell’Università, la Fondazione Bruno Kessler e il comune, tutti della città di Trento, sono gli attori che dialogano con il sistema informatico fornendo i dati di specifica competenza. Il progetto, che rappresenta un’evoluzione significativa di PredPol, è stato presentato in conferenza stampa, lo scorso 10 aprile, al Rettorato accademico di Trento, alla presenza dei responsabili delle istituzioni cittadine che vi collaborano, dalla rettrice dell’Università Daria de Pretis al questore Giorgio Iacobone e al sindaco Alessandro Andreatta, assieme al segretario generale della fondazione Bruno Kessler, Andrea Simoni. La piattaforma del metodo di lavoro si basa sull’utilizzo dei dati dei crimini reali forniti dalla polizia per costruire un modello matematico che ne calcoli la probabilità di accadimento futuro. La questura detiene il server dei dati sensibili criptati e anonimi, ossia ridotti al solo valore numerico, utile per lo sviluppo statistico del software e di cui ne garantisce anche la responsabilità della privacy. Alle informazioni sulle denunce registrate dalla polizia se ne aggiungono altre provenienti anche da formulari esplorativi su varie tematiche che il comune invia alla cittadinanza e fattori che possono indicare tanti tipi di aree a rischio: negozi, centri commerciali, banche, scuole, parcheggi, stazioni di trasporto, oppure dati sulla popolazione residente, stranieri, lavoro, le abitazioni, i flussi demografici, il traffico sulla rete stradale, le condizioni climatiche e tanti altri ancora che riescono a chiarirci sempre più chi siamo e come viviamo, quindi anche come, dove e quando si delinque.

La questura di Trento: qui nasce l’idea
Ma si riesce davvero a predire un crimine? Lo abbiamo chiesto a chi di mestiere li previene e reprime, il vice questore aggiunto della Polizia di Stato Salvatore Ascione, dirigente Upgsp della questura di Trento e promotore del progetto: «la piattaforma da cui partire ce l’ha fornita la letteratura della criminologia ambientale, basata sul principio che gli eventi criminali tendono a concentrarsi in luoghi specifici del tessuto urbano e in particolari archi temporali, e noi questo l’abbiamo capito con il nostro lavoro investigativo qualche anno fa, in forma ancora tradizionale, scartabellando uno per uno tutti i fascicoli dell’ufficio denunce della questura. Abbiamo studiato la coincidenza e ciclicità di certi reati in alcune strade e in stagioni precise dell’anno. Organizzando dei servizi di prevenzione mirati registrammo negli anni a seguire un calo e un mantenimento di quel target ridotto. Il passaggio cruciale per noi è stato quello di far incrociare queste informazioni sui crimini con altre ambientali attraverso modelli matematici, con l’aiuto sostanziale dell’università e della fondazione Kessler. Se il risultato ci fornisce un indice di probabilità su dove e quando possa salire il rischio, questo per noi è molto utile per poter razionalizzare al meglio l’impiego dei poliziotti sul territorio. Inoltre una mappatura dettagliata della città, suddivisa in macroaree con un monitoraggio trimestrale, ci permette di avere un quadro abbastanza chiaro dell’andamento della criminalità su zone precostituite».

L’università degli studi di Trento: il coordinamento scientifico
«Il progetto italiano eSecurity – spiega il criminologo, coordinatore scientifico della ricerca e di eCrime Andrea Di Nicola – è unico a livello nazionale e internazionale nelle sue caratteristiche e rappresenta il futuro della sicurezza urbana, permettendo di effettuare due passi avanti rispetto ai precedenti modelli. Innanzitutto perché lo strumento ICT che sarà realizzato a Trento utilizzerà, oltre gli eventi criminali, anche altre variabili ambientali provenienti da quella che viene definita “smart city”, la “città intelligente”: ad esempio il livello dell’illuminazione nei diversi quartieri, la situazione dell’inquinamento, il traffico, i numeri relativi all’utilizzo dei trasporti pubblici o ulteriori informazioni socio-demografiche rilevanti. Il secondo passo avanti riguarda il riconoscimento della necessità di comprendere e di tener conto anche della concentrazione del disordine sociale e dell’insicurezza a livello urbano, quali predittori della criminalità, in modo che il sistema eSecurity ne comprenda anche il “perché” del loro verificarsi».

La Fondazione Bruno Kessler: come sviluppare il software
«Tra gli strumenti matematici e informatici che stiamo sviluppando ci saranno anche modelli di rischio percepito, per esempio, una donna che cammina sola in una strada di notte avverte come pericoloso quel luogo per la scarsa illuminazione o perché poco frequentato – spiega Cesare Furlanello, responsabile dell’unità di ricerca Mpba Modelli predittivi per la biomedicina e l’ambiente del Centro Ict della Fondazione – la sfida è riuscire a misurare anche questo disagio per comprendere meglio le situazioni ambientali che lo causano. Ora stiamo costruendo per eSecurity una piattaforma informatica che incrocerà tutti i dati, armonizzandoli».
Sembra proprio che dalle città invisibili della letteratura alle città intelligenti, in realtà il passo sarà davvero breve.

01/08/2013