Luigi Lucchetti*

Identikit del cinico

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Se per i pensatori dell’antichità vivere con distacco era la via per la virtù dell’essenzialità, in epoca moderna è un comportamento negativo di disprezzo verso ogni valore

Con l’appellativo di cinici veniva chiamato un gruppo di pensatori che seguivano l’insegnamento di Antistene di Atene (IV secolo aC), e che ebbe come suo più famoso esponente quel Diogene di Sinope di cui viene tramandato l’aneddoto della visita che gli recò Alessandro Magno. Il grande condottiero, trovatolo disteso per terra come un odierno clochard – la leggenda vuole che abitasse in una botte possedendo unicamente un mantello logoro ed una ciotola per bere – gli chiese di che cosa avesse bisogno, promettendo che avrebbe esaudito qualsiasi suo desiderio: al che nel suo stile Diogene gli rispose laconicamente di spostarsi perché gli faceva ombra. Come tutti i socratici, anche per i cinici – considerati socratici minori – scopo della vita era il raggiungimento della virtù, la cui conquista non si coglieva però inseguendo onori, ricchezze o status sociale, ma solo eliminando tutto il superfluo dell’esistenza e riportandola al suo carattere naturale: in ossequio a ciò, il saggio cinico cercava di vivere seguendo l’esempio degli animali, in primis quello dei cani (in greco kuon, da cui proverrebbe il termine cinico). La “civilizzazione” era considerata pertanto un allontanamento dalla vita naturale, fattore di corruzione morale ed in definitiva fonte di ogni male. L’ideale era pertanto l’autosufficienza: quella del saggio, condotta fino alle estreme conseguenze dell’assoluta indipendenza dal mondo esterno, doveva tendere alla perfezione dell’autarchia: la capacità di detenere il totale controllo su se stessi. I cinici, compresi Antistene e Diogene, non lasciarono nulla di scritto: sarebbe stata una contraddizione con il loro insegnamento che ripudiava qualunque forma di incivilimento e deragliamento dalle virtù della vita naturale, di cui la scrittura rappresentava il massimo esempio, in quanto prodotto artificiale per eccellenza e simbolo della (nefasta) evoluzione della civiltà. A causa delle risposte caustiche ed irriverenti che i cinici solevano dare, come quella di Diogene nell’aneddotto dell’incontro con Alessandro Magno, il termine cinico verrà utilizzato in epoca moderna per indicare un comportamento di disprezzo nei confronti delle figure dell’autorità e dei principi morali correnti, assumendo pertanto un’accezione negativa. Se consultiamo il dizionario Zingarelli alla voce cinismo troviamo: “modo di sentire, di comportarsi e simili caratterizzato da indifferenza e disprezzo nei confronti di qualsiasi valore e sentimento umano”, e tra gli altri viene offerto il seguente esempio di uso del termine: “il delitto fu compiuto con freddo cinismo”. Il cinismo visto in un’ottica sociologica come forma estrema di individualismo etico e di asocialità, viene considerato un fenomeno così diffuso nell’epoca contemporanea tanto da farla descrivere come “Era del cinismo”. Nella nostra società il cinismo intellettuale è di moda e lo sfoggio di una intelligenza brillante e disincantata viene altamente apprezzato, considerato elegante e piacevole da ascoltare. In ogni salotto, anche quello più modesto di casa nostra, c’è sempre qualcuno che si incarica di una analisi cruda ed iper-realistica della situazione attuale, che porta irrimediabilmente alla stessa amara conclusione: la politica di qualunque colore è corrotta, l’uomo è tendenzialmente egoista e cattivo, la felicità è una pia illusione, e chiunque faccia appello ai buoni sentimenti è o stupido o in mala fede. Ma al di là delle mode culturali e delle differenti accezioni linguistiche del termine nel corso della storia, chi possiamo veramente considerare oggi “cinico”, e quali ne sono le caratteristiche psicologiche? La psicoterapeuta Anna Finocchietti ha provato a tracciarne un identikit: “… più frequentemente maschio, bravo nella professione, ma insoddisfatto, deluso, escluso per sua scelta… sul lavoro trova i colleghi banali e conformisti; in amore combina poco perché gli sembra che nessun partner sia mai alla sua altezza: è una persona che tende ad attribuire la responsabilità di tutto quello che non va al di fuori di sé… non hanno il coraggio di muoversi nel mondo fluido ed in trasformazione delle sensazioni e dei sentimenti e dunque si arroccano su partiti presi. Soprattutto rinunciano a vivere, ad aprirsi, a rischiare”. Lo psichiatra Claudio Mencacci ne fa questo quadro: “Si tratta di persone fredde, indifferenti, disilluse; gente che ha perso totalmente la capacità un po’ infantile di meravigliarsi, di stupirsi, di essere positivamente ingenua, vale a dire aperta senza preconcetti alla realtà… Spesso il cinismo è la conseguenza di un tradimento di sentimenti e speranze: benché si vantino di essere degli iper-realisti che hanno capito tutto, i cinici sono invece persone che, anziché trarre una lezione dalla sconfitta, hanno lasciato vincere l’esperienza della delusione e vivono in un delirio della logica, sperando che il filtro intellettuale, il distacco dalla realtà e lo schermo delle illusioni altrui possano proteggerle”. In entrambe queste descrizioni i cinici vengono visti come “incompetenti emotivi” che pagano un prezzo psicologico molto alto al loro tentativo di adattamento alla realtà: la loro azione non più sorretta dall’entusiasmo e dalla progettualità si inaridisce fino a bloccarsi, la creatività lentamente si spegne, i rapporti umani si impoveriscono e spesso si ritrovano soli. Infatti, la loro intelligenza aggressiva e disillusa, superficialmente seduttiva, in realtà spaventa gli altri che avvertono istintivamente che la loro mancanza di contatto con il proprio mondo interiore li rende incapaci di capire chi gli sta accanto. Moderno Diogene “imbottito” della sua logica pessimistica e rinunciataria, che non gli permette di cogliere la “magnitudine” dell’esistenza rappresentata dall’incontro ravvicinato con l’Altro, certamente potenziale fonte di delusione ma anche unica vera sorgente di linfa vitale.

*dirigente superiore medico-psicologo della Polizia di Stato

01/07/2013