Luigi Lucchetti

Adolescenti e bionde elettroniche

CONDIVIDI

La sigaretta “high tech” tra emulazioni adolescenziali e possibili rischi, dopo il recente divieto di vendita ai minori di anni 18 del ministero della Salute

Oltre trecentomila italiani stanno utilizzando la sigaretta elettronica, vitalizzando un mercato in grande ascesa tanto da consentire a produttori e venditori un ricavo – destinato ad incrementarsi notevolmente nel 2013 – di 120 milioni di euro nell’anno appena trascorso, e da far assistere ad un boom di apertura di punti vendita dedicati: venti nuovi negozi ogni settimana. Le ragioni di questo enorme successo appaiono tre: il bando del fumo nei luoghi pubblici; la diffusa preoccupazione delle persone per la salute; il risparmio che, rispetto al fumo di tabacco, si può ottenere in un momento di crisi economica così profonda come l’attuale. La sigaretta elettronica si distingue da una comune “bionda”, pur riproducendo gli aspetti operazionali e manipolativi che caratterizzano la fruizione della sigaretta classica. Consiste in un dispositivo elettronico composto da una batteria che alimenta un atomizzatore, il quale venendo a contatto con un liquido contenente aromi o nicotina a varie concentrazioni, presente in una cartuccia o in un serbatoio, genera ad ogni aspirazione un denso vapore. È stato pertanto coniato il termine “svapare” per distinguere le due modalità di interazione orale con i relativi oggetti del piacere: con la sigaretta elettronica non si fuma, ma si fa qualcosa che assomiglierebbe ad aspirare i vapori di un aerosol come quando siamo raffreddati, senza che si verifichi combustione alcuna. La sigaretta elettronica riproduce comunque le abitudini tipiche del fumatore quali la gestualità, la ritualità e l’aspirazione. Questa nuova moda vede il fiorire di schiere di estimatori, che ne sottolineano l’innocuità e la utilità quale strategia per eliminare o ridurre la dipendenza dal fumo di tabacco, ma fa registrare anche atteggiamenti improntati a sospetto e timore rispetto ai potenziali danni per la salute, oltre che di sfiducia riguardo la sua reale efficacia nella disassuefazione dal tabagismo. La posizione ufficiale dell’European Respiratory Society, condivisa dall’analoga Società scientifica americana, è che al momento non sono disponibili studi che ne evidenziano l’efficacia e la sicurezza e che quindi autorizzano a consigliarle come mezzo per favorire la disassuefazione dal fumo di sigaretta. L’Organizzazione mondiale della Sanità ritiene che, sebbene i produttori vendano gli Ends (Electric nicotine delivery system) come dispositivi efficaci che aiutano a smettere di fumare, ad oggi non esiste evidenza scientifica sufficiente a stabilirne la sicurezza d’uso e l’efficacia come metodo per la disassuefazione dal fumo, ed andrebbero regolamentati come dispositivi medici o prodotti farmaceutici e non come prodotti da tabacco. Secondo l’Istituto superiore di Sanità le sigarette elettroniche contenenti nicotina – pur non sprigionando monossido di carbonio, catrame e particelle di polvere combuste – presentano potenziali livelli di tale sostanza, alla quale si deve il fenomeno della dipendenza dal fumo di tabacco, per i quali non si possono escludere effetti dannosi per la salute umana, in particolare per i consumatori di giovane età; inoltre le bionde elettroniche in quanto tali potrebbero da un lato riattivare l’abitudine al fumo di ex-fumatori, e dall’altro indurre i giovani ad iniziare con le sigarette tradizionali. Quest’ultimo aspetto del problema merita un’attenta riflessione e la capacità di anticipare gli sviluppi futuri di questa moda fra gli adolescenti. Nella fase adolescenziale la costituzione dello status di adulto è un processo molto delicato in quanto essa rappresenta un periodo di transizione nel quale il ragazzo/a soffre di una crisi di identità a causa della progressiva rinuncia alla sicurezza connessa alla dipendenza infantile, in favore di una aspirazione alla maturità che non trova ancora tutti i necessari presupposti di ordine biologico, psicologico e socio-economico. Questa condizione viene esasperata dal fatto che nella società attuale l’adolescente si trova esposto massicciamente, a causa di una pubblicità pervasiva, all’offerta seduttiva di beni che caratterizzano comportamenti ed atteggiamenti adulti. In questa fase, in cui i ragazzi mal sopportano questa situazione di “sospensione” esistenziale, molti di loro sono portati ad anticipare i comportamenti adulti, e fumare è prerogativa dei grandi, così come il consumo di bevande forti, quali l’alcol, il caffè o il trucco per le ragazze. Iniziare a fumare è tentare di accedere ad un piacere nuovo rispetto a quelli dell’infanzia, proibito quindi ai piccoli, un piacere che comporta una trasgressione e rappresenta al contempo un rituale di iniziazione alla maturità. Una recente ricerca evidenzia come siano gli studenti degli istituti tecnici e professionali a fumare prima e più massicciamente, perché – proiettati verso un’autonomia precoce attraverso la prospettiva di un rapido inserimento nel mondo del lavoro – sono stimolati all’acquisizione anticipata di modelli adulti. Fumare si caratterizza inoltre come un comportamento rituale aggregante, in quanto fumando si comunica la propria appartenenza al gruppo di coetanei accomunati dalla stessa aspirazione ad apparire adulti ed a rivendicarne lo status. I primi approcci alla bionda sono quasi sempre sgradevoli ed umilianti: l’apprendista fumatore si industria maldestramente a tenere fra le dita la sigaretta come si deve, cerca di controllare lo stimolo che proviene dalla gola irritata ma finisce per tossire fino a strozzarsi, il fumo gli procura inoltre nausea e vertigini. Non pochi dopo le prime spiacevoli esperienze rinunciano, ma per chi supera questo primo ostacolo si profilano nuove sfide perché l’iniziato deve imparare ad inspirare il fumo, e poi a “reggere” sigarette una dopo l’altra: infatti soprattutto per i maschi l’attività tabagica diventa un ulteriore motivo di competizione che li induce a consumare bionde sempre di più. Per molti adolescenti fumare serve anche ad affrontare lo sguardo reale o immaginato degli altri su di sé, per gestire le situazioni d’imbarazzo ed impaccio che spesso si vengono a creare fra coetanei, come i silenzi quando la comunicazione cade o langue, dove accendersi una sigaretta riempie un vuoto che mette fortemente a disagio i giovani interlocutori. Il consumo di tabacco da parte degli adolescenti si lega pertanto ai tre bisogni che fumare permette di soddisfare: anticipare l’adultità, trasgredire le norme senza correre rischi legali, aggregarsi attraverso la ritualità del consumo in gruppo. I ragazzi che non sono spinti a utilizzare il fumo come anticipazione della maturità adulta sono giovani che accettano più positivamente la loro condizione attuale di adolescenti nella quale, seppur sospesi tra il mondo dell’infanzia e quello dei grandi, riescono a trovare spazi in cui realizzarsi ed ottenere soddisfazioni. Essi si caratterizzano per una maggiore e positiva dipendenza dagli adulti di riferimento, che li mette al riparo dalla tentazione di esperienze di adultità anticipata in quanto vivono in modo meno conflittuale l’attesa del passaggio verso l’ingresso nella maturità. Gli adolescenti che non fumano si sentono esclusi dai loro coetanei che fumano, condizione che comporta un senso di insicurezza su come comportarsi, e spinge a mettere in discussione il proprio atteggiamento rispetto al consumo di tabacco. In alcuni contesti dove risulta nettamente prevalente la presenza di adolescenti “anticipatori”, questi ragazzi più tranquilli possono diventare oggetto di scherno, oltre che di veri e propri comportamenti persecutori da parte di coloro che li considerano “bambini nell’ovatta ancora attaccati al biberon”. L’avvento della sigaretta elettronica, la cui vendita è stata vietata ai minori di anni diciotto da un’ordinanza firmata il 1 aprile 2013 dal ministro della Salute Renato Balduzzi, quale impatto potrà avere sulla popolazione adolescenziale? Prendendo spunto dalla ricerca citata che ha fatto registrare come il 72% degli adolescenti consideri il fumo di sigaretta responsabile di conseguenze fisiche serie o molto serie, elemento che pur non sufficiente rappresenta un forte deterrente per limitare l’iniziazione al fumo, non vi è dubbio che pubblicizzare la sigaretta elettronica – in particolare quella caricata ai soli aromi – come assolutamente innocua, rischia di stimolare fortemente l’abitudine a svapare e conseguentemente a scatenare un meccanismo di emulazione non più contrastato dal timore di danni alla salute, che gli stessi adulti di riferimento non trasferiranno più ai minori, né limitato dai costi delle bionde, visto che la nuova moda abbatte nettamente i costi voluttuari. Inoltre l’impronta total hi-tech che caratterizza la gestualità dello svapare appare essere fortemente seduttiva per le nuove generazioni, elettronicamente native e completamente succubi del potere e del fascino delle moderne tecnologie. Ma i giovani si limiteranno ad inspirare aromi, da quelli alla frutta fino ai gusti alla cioccolata, o passeranno progressivamente ai serbatoi alla nicotina ed infine alle bionde tradizionali, ben più ricche della sostanza e gravate della presenza di numerose sostanze cancerogene? Ma la stessa spinta alla sola dipendenza da un “biberon elettronico”, quand’anche rimanesse tale, e senza trascurare il suo costo economico, certamente inferiore al tabacco ma comunque non banale, può essere eticamente accettata? Essa non configura comunque una schiavitù quantomeno di natura psico-sociale, che non dovrebbe certo essere presentata ai giovani come innocuo modello comportamentale? D’altra parte quali evidenze abbiamo che gli adolescenti già fumatori siano portati ad utilizzare la sigaretta elettronica come strumento per affrancarsi dal tabacco, quando invece a non aggiungere questa abitudine a quella precedente e resistente, in quanto svapare è trendy? Tutte queste domande non sono certo banali e meritano risposte precise, oltre ai conseguenti provvedimenti di carattere legislativo e amministrativo, basate certamente sui risultati di ricerche scientifiche non disponibili nel breve periodo, ma anche fortemente ancorate a valutazioni di carattere laicamente etico, al fine di evitare di usare, magari involontariamente, i giovani come cavie di laboratorio: animali destinati al sacrificio verso cui attualmente nutriamo sempre più rispetto limitandone l’utilizzo, quasi fino alla proibizione, ai fini della sperimentazione di nuove cure per le patologie umane.
*dirigente superiore medico-psicologo della Polizia di Stato

01/04/2013