Anna Lisa Spitaletta

Il ricordo ci salverà

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La memoria del passato nel Premio Giovanni Palatucci. Il valore di un poliziotto eroe, simbolo della salvezza per migliaia di ebrei perseguitati

“La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”, così scrive lo scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez nel narrare gli anni della trasformazione da bambino a uomo, tra il mondo della famiglia e il sogno da vivere. La storia di una vita vissuta, le promesse dei bambini di oggi, adulti di domani, sono gli stessi elementi ispiratori del Premio Giovanni Palatucci, che la Polizia di Stato ha assegnato lo scorso 13 febbraio alla Scuola superiore di polizia, nella celebrazione della VIII e IX edizione. Le autorità che si sono avvicendate sul palco, ricevute dal capo della Polizia Antonio Manganelli, si sono scambiate il “testimone del ricordo” richiamando la figura dell’ex questore di Fiume. Il direttore della Scuola Roberto Sgalla e il sottosegretario all’Interno Carlo De Stefano, hanno individuato un’appartenenza comune degli operatori di polizia ai valori del “questore giusto”: coraggio, solidarietà, tutela dei diritti e della dignità delle persone. Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, ne ha onorato la memoria sottolineandone il profilo di: «Un giovane che aveva scelto di servire lo Stato e di fronte a leggi infami e disumane del 1938, seguì la legge della propria coscienza, salvando migliaia di vite».

Giovanni Palatucci, la vita
Un poliziotto e un uomo, l’ultimo questore di Fiume e un eroe. Questo è stato Giovanni Palatucci, morto a 36 anni per aver salvato migliaia di ebrei dai campi di sterminio tedeschi nel periodo della Seconda guerra mondiale, mantenendo sempre fede ai suoi ideali. Il suo incarico di direttore dell’ufficio stranieri e poi di questore (dal 1939 al 1945) gli permise di svolgere un ruolo chiave durante l’emanazione delle leggi razziali. Come? Trasformando proprio l’ignominia dell’obbligatorietà dei controlli sulle comunità ebraiche in un’arma di salvezza verso i Paesi liberi, per tutti coloro che, in fuga da altre Nazioni occupate dalle armi tedesche, transitavano per il confine istriano. Ne salvò 5mila di ebrei e perseguitati antifascisti rifiutando fino all’ultimo di mettersi in salvo. Arrestato dai nazisti, morì nel febbraio del 1945 nel camp

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01/03/2013