Annalisa Bucchieri

Viminale, i miei 500 giorni

CONDIVIDI

È tempo di bilanci per il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, che lo fa raccontandosi a Poliziamoderna

Tra un po’ di tempo dovrebbe lasciare il palazzo del Viminale in cui si è insediata come ministro dell’Interno il 16 novembre 2011. Per quasi 500 giorni ha gestito tutto il più variegato mondo che gira intorno a un ministero dell’Interno. E il prefetto Anna Maria Cancellieri, una lunga carriera nell’amministrazione del Viminale, più volte commissario straordinario in diverse città, l’ha fatto con estrema professionalità e fermezza tanto da meritare l’appellativo di lady di ferro stando ai titoli dei giornali di questi ultimi sedici mesi. Comunque una signora di carattere, origini romane, laurea in Scienze politiche, nonna impegnata a portare a spasso i nipotini a villa Borghese prima dell’incarico, e ora dopo il Viminale chissà, le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Ma quello che le ha fatto più onore è la sua riconosciuta equidistanza tra le parti politiche. Non si è fatta mancare nulla il ministro Cancellieri in questo arco di governo Monti: ultimamente la tornata elettorale politica e regionale con la macchina dell’Interno che ha marciato senza problemi per assicurare un voto pulito, le emergenze legate alle tensioni sociali provocati dalla crisi economica, i rischi eversivi che in Italia non mancano mai, la forza militare della camorra e della ’ndrangheta, le infiltrazioni mafiose nei comuni e nelle varie realtà economiche; la corruzione che ha accompagnato molti appalti pubblici e per arginare la quale il ministro Cancellieri ha creato una rete di controllo serrato in tutte le prefetture d’Italia.
Un lavoro affrontato come se dovesse durare chissà per quanto tempo mentre era scontato che un bel giorno sarebbe finito. Cinquecento giorni di impegni, di passioni, di timori (ma non quello di non farcela), di rare parentesi familiari e soprattutto di visite in lungo e il largo per l’Italia per toccare con mano lo stato di salute del nostro Paese e la tenuta delle donne e degli uomini che vigilano sulla nostra sicurezza. Un viaggio che lo stesso ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri racconta a Poliziamoderna in questa intervista.

È tempo di bilanci per un ministro dell’Interno che conosceva bene il Palazzo e i numerosi territori in cui ha lavorato anche come commissario straordinario per i comuni. Questa esperienza le ha dato una marcia in più per far funzionare al meglio la macchina della sicurezza?
Non spetta certo a me dire, dopo 16 mesi passati a ricoprire questo incarico, se la mia esperienza professionale e umana sia servita a far funzionare meglio la macchina della sicurezza. Sono i cittadini i giudici migliori insieme a tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine. Tocca loro, casomai, dare la pagella. Per quanto mi riguarda posso però dire con certezza che ho portato in questo difficile e nuovo lavoro tutto il mio bagaglio di prefetto e di Commissario straordinario. Senza questo non sarei mai riuscita a portare a termine l’incarico. Anzi, posso addirittura dire ai tanti colleghi che lavorano nelle prefetture delle città italiane che molto spesso il lavoro di prefetto, sempre in prima linea sulle più varie e complicate vicende che riguardano il territorio, è più complicato di quello del ministro. Le assicuro che confrontarsi, senza rete, con le necessità e i problemi dei cittadini è una palestra che mi è servita moltissimo.

Soddisfazioni ne ha avute tante. Rimpianti per qualcosa che non è riuscita a fare?
Si può sempre fare meglio. Guai se non ci fosse in me e in tutti quelli che hanno lavorato con me il giusto spirito auto-critico. Quello spirito che ti consente di imparare dalle cose che si fanno e di migliorare. In questo senso ci sono rimpianti. Ma è un bilancio privato, è un fare i conti con la propria coscienza che, le assicuro, ho fatto. Il bilancio pubblico, viste le condizioni e i tempi dati, è sotto gli occhi di tutti e con quello sono sempre pronta a confrontarmi.

Quali sono state le sue mosse, in linea con la politica governativa, per ottimizzare le risorse e ridurre gli sprechi nella grande macchina dell’Amministrazione dell’Interno?
Sono i provvedimenti messi in campo con la spending review a cominciare dalla razionalizzazione delle spese per le sedi di prefetture e questure, la dolorosa riduzione del turn over tra i nostri uomini, compreso il corpo dei Vigili del fuoco, la revisione delle scorte, sempre in un’ottica di contenimento della spesa, anche per quello che riguarda il ministro dell’Interno e altre personalità dopo la cessazione dell’incarico.

La riunificazione delle forze di polizia, prospettata dal suo predecessore Roberto Maroni, che comporterebbe il mettere mano alla legge 121 del 1981, è un testimone che lascia al suo successore o nel quadro politico attuale la vede impraticabile?
É una proposta certo non nuova che presenta molti aspetti positivi, primo fra tutti quello del risparmio di risorse, ma anche diverse criticità, basti pensare alla gloriosa storia delle nostre forze di polizia. Io credo però che una riforma di questa portata non possa che essere affidata ad un Governo che abbia una maggioranza politica su cui contare e con la quale condividere una riforma che va a toccare interessi e valori molto profondi.

Oltre alla criminalità organizzata, il sistema sicurezza è anche minacciato dalle bande di quartiere nelle metropoli: che strategie sono state adottate dal suo dicastero in merito?
Tocca a noi dare risposte. I cittadini devono sentirsi sicuri in casa propria come fuori e noi dobbiamo agire con atti concreti. Credo che questo tipo di criminalità che crea grande allarme sociale vada combattuto con migliori e più efficaci strategie anche di intelligence. Non è certo militarizzando il territorio che si risolve un problema che esiste in tutto il mondo occidentale. Il cammino intrapreso, grazie anche a grandi sinergie tra le varie forze di polizia sta dando buoni risultati. È poi contiamo sempre sulla coesione sociale dei cittadini, dove c’è un tessuto sociale sano il crimine attecchisce meno.

Lei aveva già previsto un anno tutt’altro che tranquillo a causa di segnali di forte inquietudine nel mondo del lavoro. Come affrontare le tensioni sociali frutto della crisi? C’è la possibilità che i disordini di piazza siano strumentalizzati da gruppi estremisti e si palesi un pericolo di ritorno ad atti terroristici?
In un periodo che vede il nostro Paese lottare contro una grave crisi finanziaria rimango comunque fiduciosa sulla grande tenuta sociale dell’Italia. Nei momenti difficili il popolo italiano ha sempre dato risposte di alto valore morale. Anche ora ognuno deve fare la propria parte ed assumersi le proprie responsabilità per smorzare sul nascere ogni focolaio di tensione. Proprio per questo ho deciso di coinvolgere i prefetti e le forze dell’ordine delle città più colpite dalla crisi per trovare una soluzione mirata al territorio. Credo che si debba comunque rimanere vigili ad ogni minimo cambiamento e consapevoli del nostro impegno nella lotta a qualsiasi tipo di criminalità. Posso garantire che da parte nostra c’è la massima attenzione su questo tipo problema.

Proprio questa situazione di crisi spinge i clan a infiltrarsi maggiormente nel tessuto economico (specialmente la ’ndrangheta nella grandi città e la camorra sul litorale laziale). Contestualmente al successo della lotta all’ala militare delle mafie (come lo è stata la cattura di Zagaria, boss dei Casalesi), come si può interagire con gli enti locali per individuare investimenti di capitali illeciti e passaggi di mano di proprietà, licenze, ecc?
Da ministro dell’Interno ho avuto modo di viaggiare molto; l’ho fatto perché sono convinta che un ministro debba capire e toccare direttamente le diverse realtà del nostro Paese.
La criminalità organizzata tenta sempre di allungare le sue mani sugli interessi economici pubblici e privati di tutto il territorio nazionale. Non è quindi più pensabile ricondurre il fenomeno delle infiltrazioni mafiose ad una specifica area circoscritta. In questa ottica abbiamo fatto molto: dallo scioglimento dei comuni infiltrati, alla confisca dei beni. Una procedura che sta dando buoni risultati è quella della stesura presso le prefetture di elenchi di imprese non soggette a infiltrazioni mafiose, le cosiddette white list: una sorta di elenco di aziende virtuose che garantiscono onestà e correttezza. Ottimi risultati li abbiamo avuti con la firma di vari Protocolli per il rafforzamento delle condizioni di sicurezza e di sviluppo per le Grandi opere: lo abbiamo fatto per l’Expo, per il sito di Pompei, per la ricostruzione post-terremoto dell’Emilia Romagna.

In più di un’occasione le forze dell’ordine hanno dato prova di preparazione, professionalità e spirito di sacrificio. Si aspettano dai Governi qualcosa di più dei ringraziamenti e della solidarietà. È possibile venire maggiormente incontro alle loro esigenze, ai loro bisogni?
Sono grata all’impegno e alla serietà che le forze di polizia hanno sempre mostrato e ci tengo a ringraziare ancora una volta tutte quelle persone che ogni giorno fanno il loro dovere a volte fino al rischio della vita per la nostra sicurezza. Sono sicura che anche chi mi succederà continuerà sulla strada che prevede il dialogo, l’ascolto e, solo come ultima ragione, l’uso della forza per la soluzione dei problemi. Se avessimo avuto più risorse economiche, sicuramente avremmo potuto fare molto di più.

Gli immigrati costituiscono un terzo della popolazione carceraria in Italia, cosa ne pensa della soluzione di far scontare loro la pena nel Paese d’origine?
Penso che il prossimo Parlamento debba occuparsi anche di questo tema. Posso però dirle che non abbiamo consentito nessun tipo di speculazione da parte di chi vuole lucrare sulla pelle degli immigrati.

Che cosa può fare il ministero dell’Interno per favorire l’integrazione razziale ma al tempo stesso calibrare la concessione della cittadinanza italiana?
Mi fa piacere questa domanda perché mi permette di spiegare alcuni luoghi comuni. Spesso il nostro ministero viene visto come il ministero di polizia, si pensa cioè che il nostro compito sia solo la repressione in tutti i campi, compreso quindi quello dell’immigrazione. Nulla di più sbagliato. Giustamente si è sempre tenuto insieme il tema del controllo con quello del riconoscimento dei diritti civili. Non a caso al Viminale l’immigrazione viene gestita da un dipartimento che si chiama Libertà e diritti civili proprio perché in passato, quando si è cominciato a confrontarsi con il fenomeno dell’immigrazione si è capito che per farlo in modo efficace e nel più ampio rispetto della democrazia era opportuno delegarlo a un ministero che assumesse in sé sia le competenze delle forze di polizia sia quelle, diciamo così, dell’accoglienza e dell’integrazione nel tessuto socio economico del nostro Paese.

Lei ha presieduto la gestione tecnica di un momento di grande delicatezza per il Paese: le elezioni politiche 2013. È soddisfatta di come ha funzionato la macchina organizzativa che ci ha permesso di votare?
Ritengo che il momento del voto sia la massima espressione di democrazia. È un passaggio importantissimo per la vita del Paese ed è importante che si svolga nella più assoluta serenità e correttezza. Da questo punto di vista la macchina elettorale del Viminale è una garanzia e anche quest’anno ha dato un’ottima prova. Tra l’altro c’erano difficoltà aggiuntive dovute al fatto che si votava, per la prima volta, in inverno e che i tempi erano molto stretti. Come tutti i cittadini e tutti i partiti hanno potuto constatare, la macchina elettorale ha funzionato molto bene in assoluta trasparenza e nel rispetto della legge. Colgo l’occasione per ringraziare di nuovo tutti coloro, e sono tantissimi sia al centro che in ogni comune, che si sono adoperati perché tutto funzionasse al meglio.

Da prefetto a ministro. E ora? A chi e a cosa si dedicherà?
Amo il mio lavoro, ho dedicato tutta la mia carriera a servire lo Stato. Mi ritengo molto fortunata, ho avuto grandi soddisfazioni nel mio lavoro, ma le ho avute anche nella mia vita privata. Debbo ringraziare tanta gente, prima di tutto la mia famiglia che mi ha sempre aiutata. E ora? Chi lo sa. Io ho sempre detto che nel mio futuro c’è il ruolo di nonna dei miei quattro splendidi nipoti.

01/03/2013