Matteo Guidelli
La cronaca in un flash
Tre minuti di tempo per verificare se è stato preso il capo dei Casalesi; dieci per trovare un analista in grado di spiegare perché, vent’anni dopo le stragi di mafia, una bomba esplode davanti ad una scuola; mezz’ora al massimo per capire perché è saltata la gestione dell’ordine pubblico. Nell’era dell’informazione globale, gli uomini e le donne che lavorano alla comunicazione della polizia sanno bene che sono questi i tempi a disposizione per fornire le risposte giuste alla stampa e ai mezzi d’informazione.
Insomma, far sapere la verità e farla sapere presto: che poi significa essere affidabili, precisi, chiari. E veloci. Concetti che conoscono bene i giornalisti d’agenzia, che ogni giorno si confrontano con loro per verificare decine di notizie, avanzare centinaia di richieste, chiedere approfondimenti e interviste. Il tempo a disposizione è un elemento che avvicina molto il lavoro dei cronisti di agenzia e gli operatori della Polizia di Stato che si occupano della comunicazione. Twitter, Facebook, blog e siti, assai poco ufficiali ma spesso sempre in anticipo, hanno cambiato radicalmente il modo di fare comunicazione e hanno ristretto il campo d’azione delle agenzie di stampa: quelle che per decenni sono state la prima, e in molti casi unica, fonte per gli altri media tradizionali, giornali, radio e tv, oggi devono fare i conti con milioni di informazioni che vengono veicolate da migliaia di persone. Basta un tweet, una foto postata su Facebook o su un blog per far conoscere al mondo la notizia di cui si è testimoni. Ma è altrettanto vero che le agenzie hanno un’arma in più, che le rende ancora uno strumento indispensabile: l’attendibilità delle notizie trasmesse. Una notizia di agenzia è sempre “certificata”, verificata con le fonti che la detengono, siano esse istituzioni, gruppi sociali, aziende o associazioni. Ciò che circola sul Web, al contrario, è spesso frutto di informazioni che rimbalzano da un canale all’altro senza previo controllo. È evidente che le agenzie, per sopravvivere, devono adeguarsi ai tempi: “stare” su Facebook e Twitter, utilizzare i social network come vere fonti primarie, non coltivare esclusivamente la fonte istituzionale. Ma devono farlo senza mai perdere la loro principale caratteristica che è, ancora una volta, l’attendibilità.
Anche per la polizia i nuovi media sono un obbligo più che una scelta, se non altro perché se si vuole parlare ai giovani quello è l’unico canale di comunicazione davvero utile. Non è un caso che negli ultimi anni sono nati il canale YouTube e la pagina Facebook e Twitter dell’agente Lisa, il commissariato on line e “I fatti del giorno” sul sito istituzionale, una sorta di “mattinale” proveniente da tutte le questure d’Italia. Tutti strumenti “ufficiali”, utilissimi al cittadino per avere un contatto diretto con le forze dell’ordine. Ma non per i giornalisti, che se prima si accontentavano della notizia, oggi hanno bisogno di interviste, video, foto approfondimenti, “carte” investigative e processuali. Ciò ha richiesto un ulteriore sforzo “comunicativo”all’Istituzione, portando talvolta delle disfunzioni. Un esempio? Non sono pochi i casi in cui telegiornali e trasmissioni tv utilizzano immagini targate Polizia di Stato anche quando potrebbero tranquillamente mandare i loro operatori.
In ogni caso, in un mondo della comunicazione in continua evoluzione, quel che contava ieri, conta anche oggi e conterà domani: un’informazione di qualità, precisa, attendibile e veloce.