Antonio Manganelli

Il dissenso della piazza e la democrazia

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Apparentemente sembra un paradosso, ma l’espressione, nelle forme legali, di opinioni diverse e contrarie svolge un’importante funzione di autocorrezione e automutamento all’interno della democrazia, contribuendo a migliorare la qualità della convivenza sociale di una comunità. Inoltre, dando l’opportunità di manifestare il proprio scontento, offre canali di sfogo a un’insoddisfazione che altrimenti si radicalizzerebbe e sfocerebbe in forme più aperte e violente di contestazione. In questo modo, invece, si riescono ad integrare e, comunque, a mantenere nella comunità politica anche gruppi che altrimenti ne rimarrebbero fuori. Complessivamente, automutamento e integrazione danno maggiore legittimità al sistema democratico, concorrendo alla sua tutela e alla sua crescita. A ben vedere, dunque, le funzioni effettivamente svolte dal dissenso portano in direzione esattamente opposta a quella apparente, di divisione e di conflittualità. Ecco perché la libertà di riunirsi e di manifestare resta irrinunciabile in uno stato democratico.
Il valore positivo del dissenso cambia segno, ovviamente, se lo stesso viene esercitato in maniera radicale e violenta. Dunque, il dissenso si presenta con funzioni sempre positive finché rimane pacifico e all’interno dell’ordinamento democratico vigente. In caso contrario, le Forze dell’ordine devono garantire il diritto degli altri cittadini, che non dissentono, a non essere danneggiati dalle forme violente di protesta.
Questa la stagione che stiamo vivendo, in un fine anno in cui l’intensificarsi dei motivi di preoccupazione alimenta i pericoli per l’ordine pubblico. E c’è solo un modo per affrontare questo rischio, con la forza della democrazia e delle sue regole di convivenza. Nessuno più di noi, in quanto osservatori privilegiati di questi scenari, è cosciente delle difficoltà economiche, politiche e sociali che sta vivendo anche il nostro Paese. Incertezze e disagi che attanagliano, univocamente, anche tutte le famiglie dei poliziotti, con le scadenze da affrontare, con i figli da seguire, con la salute da mantenere.
La situazione è sotto gli occhi di tutti. Il disagio è frutto di un malcontento diffuso, di una situazione generalizzata di degrado, di problemi sociali irrisolti che diventano irrimediabilmente problemi di polizia. Quando la scorsa estate individuammo dei momenti di criticità nelle piazze, collegati a vertenze irrisolte, pronosticammo che ciò avrebbe provocato una escalation di tensioni sociali, puntualmente verificatesi. Siamo ormai certi che esiste una sorta di network internazionale fra gruppi eversivi italiani, greci, spagnoli e sudamericani per scambiarsi linee programmatiche e favori operativi, per creare disordini sociali, guerriglia urbana ed attentati terroristici.
Dobbiamo evitare che qualcuno possa mettere in pericolo la civile convivenza della nostra società; dobbiamo farlo attraverso il dialogo, pilastro di ogni democrazia, il cui venir meno provocherebbe una deriva pericolosa specialmente in tema di ordine pubblico.
Da parte nostra continueremo a investire nella formazione dei nostri operatori, per essere sempre più degni della definizione di “professionisti della sicurezza” attribuitaci dallo stesso Ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri. Così come dobbiamo perseverare, con immutato rigore, nell’adottare provvedimenti disciplinari esemplari di fronte a disfunzioni o soprusi dei nostri dipendenti. Ma il Paese è consapevole che la violenza in divisa non è la regola. L’ordinarietà è esemplificata dal comportamento tenuto da un dirigente della Polizia di Stato che, a Milano, davanti all’Università Bocconi, per ore è rimasto da solo, tra poliziotti e dimostranti, per dialogare con questi ultimi, diventando chiaramente facile bersaglio da colpire, ma riuscendo ad evitare così qualsiasi forma di violenza intorno alla sede universitaria dove era in programma un discorso del premier Monti.
Noi vigiliamo, sempre pronti a raccogliere i segnali preoccupanti che viaggiano soprattutto nella Rete e a mettere in atto le necessarie misure preventive. Quanti intendono manifestare il dissenso devono continuare ad esercitare, nelle forme legali, tale diritto, contribuendo, però, anche loro a fare in modo che tale diritto non sia calpestato dai violenti, che con le loro azioni di terrore mortificano le ragioni di chi manifesta pacificamente ed umiliano l’essenza stessa della democrazia.
L’auspicio per il 2013 è che il dialogo tra politica, istituzioni e cittadini non manchi mai, anzi si rafforzi concretamente, perché possa sempre prevalere la calma, la serenità e la costruttiva e pacifica voglia di far ripartire il nostro Paese.
A voi e alle vostre famiglie, auguro, con tutto il cuore e con infinita riconoscenza, un sereno Natale ed un felice Anno Nuovo.

01/12/2012