Cristina Di Lucente

A prova di recluta

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Una giornata a stretto contatto con gli aspiranti poliziotti e con chi li esamina, per scoprire come si diventa agenti. Stress ed emozioni che accompagnano le selezioni

Il fascino della divisa colpisce ancora. Lo confermano i dati relativi alle domande pervenute all’Ufficio concorsi, per la prima volta online, degli ultimi arruolamenti da agente che si sono conclusi lo scorso mese di settembre. Il Centro polifunzionale di Spinaceto, che ha ospitato per la prima volta le selezioni, è una struttura logisticamente adatta per diventare una vera e propria cittadella dei concorsi. Poliziamoderna ha raggiunto i ragazzi durante le selezioni, in una delle giornate topiche del concorso, nel bel mezzo di una torrida estate. Un panorama apparentemente omogeneo di giovani tra i 20 e i 30 anni si confonde dietro le tute ginniche multicolori che indossano per sostenere la prima prova. In realtà differiscono per provenienza geografica, livello di istruzione, formazione ed esperienze di vita e sono accomunati dall’unico obiettivo di riuscire a varcare la soglia che permetterà loro di indossare la divisa della Polizia di Stato. Equilibrio e controllo dei nervi sono le parole chiave per affrontare i momenti di tensione e le difficoltà, fisiche e psichiche, che caratterizzano le prove, una cartina tornasole in grado di rivelare tutte le emozioni in gioco. In un contesto di efficienza della macchina organizzativa abbiamo seguito tutti i passaggi dell’iter concorsuale, riflettendo sul complesso mix dei requisiti che richiede il mestiere del poliziotto. Domenico Scali, primo dirigente della Polizia di Stato e direttore del Centro, ci ha fatto entrare nel vivo del meccanismo selettivo, illustrandoci gli step successivi nei quali è articolato. Preliminare alla domanda, che è possibile presentare dai 18 ai 30 anni di età, è aver fatto almeno un anno di militare. Si inizia con un test di cultura generale, superato il quale si accede alle selezioni che attualmente durano quattro giorni. Le prove fanno capo a tre distinte commissioni esaminatrici che si occupano di giudicare rispettivamente l’efficienza fisica, gli aspetti psichici e medici e l’attitudine. La vicinanza fisica nella location permette loro di operare in piena sinergia, ottimizzando i tempi e incrementando la qualità della valutazione attraverso continui confronti.

In corpore sano…
La commissione che valuta l’efficienza fisica è presieduta da Domenico Scali. Ne fanno parte anche un medico della Polizia di Stato specialista in medicina dello sport, un coordinatore esperto del gruppo sportivo Fiamme oro e uno staff fisso di 4-5 persone incaricate di gestire i candidati fornendo indicazioni e consigli per affrontare al meglio le prove. Corsa, salto in alto e trazioni sono i test a sbarramento che costituiscono la garanzia sulla prestanza fisica. Quelle attuali sono il risultato di leggere modifiche alla luce dei dati relativi alle idoneità nei precedenti concorsi, penalizzanti nei confronti delle donne: sono state eliminate le flessioni e i tempi minimi per la corsa diversificati, le donne hanno la possibilità di percorrere i 1.000 metri in 4’55’’, a fronte dei 4’ previsti per gli uomini. Il processo selettivo procede con rapida efficienza: i ragazzi, suddivisi in batterie, al termine della corsa si raggruppano per l’annuncio dei risultati finali. Il presidente ci spiega come si svolge la prova: «Dotati di un chip che registra esattamente i tempi, si può essere bocciati anche per un solo secondo, la scrematura viene fatta non solo giorno per giorno, ma anche prova dopo prova. Se non si segue un allenamento specifico non è semplice superarle». Il salto in alto è altrettanto impegnativo: 1,15 m il limite minimo per gli uomini, 1 m quello per le donne. Requisito: l’agilità. Qui non è importante lo stile con cui si salta: quello che conta è oltrepassare l’asticella. In un modo o nell’altro. Si hanno 3 possibilità; abbiamo modo di osservare come l’emozione a volte possa giocare brutti scherzi facendo venir meno la concentrazione, ma i candidati dovrebbero essere in grado di superare le situazioni di stress. Dopo le due fasi all’aperto è la volta delle trazioni alla sbarra che si svolgono nel chiuso della palestra del Centro, precedute da una spiegazione sulla tecnica di esecuzione.
«Terminate le selezioni, tra organizzatori e ragazzi regna un clima di confidenza, quasi un’empatia. L’Amministrazione cerca di mettere il candidato nella condizione di dare il meglio. Il lavoro coordinato delle 3 commissioni evidenzia rapidamente gli eccessi, tanto in senso negativo quanto per segnalare attitudini particolari da valorizzare». L’eventuale idoneità non garantisce l’appartenenza alla rosa dei vincitori: il punteggio finale terrà conto anche dei titoli che i ragazzi hanno acquisito come militari, come brevetti e missioni all’estero. A questo proposito Scali ci spiega che l’Ufficio concorsi sta proponendo una serie di modifiche normative per tornare ad attingere personale dalla vita civile, soprattutto per abbassare la fascia di età all’ingresso nell’Amministrazione. Un’anomalia che può derivare dal percorso militare sta nella forma mentale: il lavoro nella pubblica sicurezza prevede una cultura che tenga maggior conto del servizio al cittadino; chi ha sperimentato le missioni all’estero deve imparare a calarsi nella normalità, diventare poliziotti vuol dire essere cittadini qualificati, immedesimarsi nelle problematiche reali, saper colloquiare con le persone, conoscere la legge e essere rigorosi senza rigidità. In questo senso selezione e formazione sono due elementi strettamente connessi.

… mens sana
Ci spostiamo verso il centro medico dove incontriamo, in piena attività di selezione, Daniela Parlato, primo dirigente medico della Polizia di Stato, che ci spiega il lavoro della seconda commissione, articolato su due fronti, quello medico e quello psicologico. Il primo consiste nella visita medica generica per accertare la sana e robusta costituzione degli aspiranti, nell’analisi delle urine per la ricerca delle droghe e nell’osservazione e valutazione degli esami clinici di ogni candidato rilasciati dalle Asl, elemento che consente una riduzione della spesa ed il sovraccarico delle strutture sanitarie interne. In caso di dubbi o incongruenze rispetto alla documentazione presentata si procede ad una visita specialistica presso il laboratorio di Castro Pretorio. Nella prova viene vagliata la presenza di tatuaggi e di eventuali patologie di rilievo (che si suppone non abbiano, dovendo presentare un certificato di idoneità sportiva). Il laboratorio per il rilevamento delle droghe è particolarmente accreditato e all’avanguardia al punto che in futuro verrà utilizzato anche da strutture esterne. «Rispetto al passato si nota una maggiore efficienza fisica; alcuni di questi ragazzi praticano uno sport quotidianamente. Quanto ai regolamenti di selezione, sarebbe necessario aggiornare alcuni meccanismi: l’esempio più palese è quello dei tatuaggi. Si tratta, infatti, di costumi che cambiano con il tempo», aggiunge Daniela Parlato. Superata la visita medica si passa alla parte psicologica. Con Ida Bonagura, direttore tecnico capo psicologo della Polizia di Stato, affrontiamo il tema dell’idoneità da un punto di vista psicologico, dell’accertamento dei requisiti e dell’eventuale individuazione di cause di non idoneità per accedere ai ruoli in polizia, nel quadro del decreto 198 del 2003 che si riferisce alle imperfezioni dell’apparato neuro-psichico: ansia, disturbi di personalità, del controllo degli impulsi, dissociativi, dell’umore e dell’identità di genere in senso lato. «In aula i ragazzi compilano un test di personalità, un questionario e un test proiettivo da interpretare. Il colloquio clinico è un modo per rilevare, in aggiunta agli altri elementi, i meccanismi della personalità, un’opportunità di osservazione diretta del candidato. A noi interessa stabilire che le persone non abbiano situazioni tali da far predire problematiche durante lo svolgimento del servizio». Volgendo la questione in positivo, Ida Bonagura precisa come le qualità che un candidato deve avere per essere un poliziotto cambiano nel tempo; i ragazzi hanno famiglie e valori di riferimento diversi, negli ultimi 10-15 anni si sono proiettati nella galassia Internet, adottando modalità comunicative che modificano il settore delle relazioni interpersonali. La capacità comunicativa è un aspetto indagato scrupolosamente in questa sede, perché, in qualsiasi branca della polizia essi andranno a lavorare, dovranno essere capaci di stare assieme agli altri e non lo fanno attraverso un computer. Il cambiamento investe anche le esigenze dell’Amministrazione che richiede ai poliziotti intuizione e preparazione diverse. «Ogni volta che si seleziona bisogna tener presente molte cose; un buon poliziotto dovrebbe essere in grado di ascoltare, cosa che nessuno ha insegnato a fare nel passato. Quelle che noi cerchiamo sono persone che non fingano di essere quello che non sono, ma che siano consapevoli delle proprie emozioni, come dolore, paura, rabbia, per avere la capacità di gestirle. È importante sapersi guardare non solo intorno ma anche dentro, per essere in grado di fermarsi o andare avanti nei momenti giusti». Ad essere privilegiate sono le persone che hanno una buona capacità di adattamento, che mostrano di saper lavorare in squadra e sviluppare empatia, in grado di capire l’obiettivo e il fine di quello che si dice al di là delle parole. Dall’Ufficio concorsi sta emergendo la proposta di allungare il momento selettivo anche ai primi mesi della formazione per testare tutto quello che è stato predetto durante le selezioni. Nell’ambito dei colloqui, medico e psicologo lavorano sinergicamente: Rossana Salerno, medico capo della Polizia di Stato e specialista in psicologia clinica parla dell’importanza di questa collaborazione: «Ci sono situazioni molto sfumate. È il caso delle personalità cosiddette “premorbose”, che non rientrano nel Dsm (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, al quale tutti gli psichiatri fanno riferimento quando devono fare delle diagnosi, anche ai fini delle selezioni, ndr), per risolverle ricorriamo all’esperienza e al confronto; a volte un secondo colloquio con lo psicologo, che è anche medico, può essere di grande utilità perché vuol dire sottoporre il candidato ad ulteriore stress». Creando situazioni di problem solving viene osservata la reazione dei candidati: chi, di fronte alla difficoltà, reagisce con rabbia, chiusura o difesa, alza una barriera che non è auspicabile, perché il tipo di professione che scelgono è un lavoro verso la collettività, una helping profession. Vanno valutati con cura gli aspetti di rigidità e impulsività: si cerca di traslare tutte le esperienze raccontate con il futuro poliziotto che avrà bisogno di una grande capacità di controllo della propria normale reattività, le situazioni critiche che si incontreranno nel servizio richiederanno infatti l’attivazione di specifici meccanismi e la capacità di trovare, con una certa tempestività, soluzioni favorevoli. «Al contrario, chi è abituato ad allenare anche la testa, di fronte ad un problema avrà più possibilità. Uno dei criteri di giudizio che adottiamo è la capacità dei candidati di valutare il contesto nel quale si trovano: utilizzare ad esempio un linguaggio molto libero con parole fuori posto, lascia pensare che non lo si è compreso appieno, condizione pericolosa per chi avrà il compito di tutelare se stesso e gli altri». È necessario invece saper controllare la propria ansia, interagendo con i colleghi e cercando risposte ad un problema che viene posto dall’esterno. L’igiene mentale, indispensabile a tutti i livelli, lo è a maggior ragione per un poliziotto.

Per i più portati
Le prove con la 3^ commissione durano un giorno e mezzo: una parte è dedicata alla somministrazione dei test, il cui punteggio viene riportato su una scheda; la seconda parte ai colloqui individuali. I ragazzi che scorgiamo nei corridoi in attesa di essere chiamati per il colloquio collegiale si mostrano visibilmente e comprensibilmente tesi, sanno che in poche decine di minuti si gioca il loro futuro professionale.
Francesco Ferri, dirigente superiore del settore psicologico, è il presidente della commissione psico-attitudinale, l’ultimo filtro selettivo sul quale grava un’importante responsabilità: valutare la rispondenza delle caratteristiche della persona con il suo eventuale futuro impiego. Un candidato può aver superato brillantemente tutte le prove fino a questo momento, ma potrebbe non essere convincente agli occhi del “colloquiatore attitudinale”. Prima della riforma dell’83, le figure deputate per la selezione del personale erano impiegati e funzionari di polizia che avevano sostenuto un corso di specializzazione ad hoc. La svolta è stata l’impiego di psicologi, figure professionali preparatissime per le analisi caratteriali, tuttavia senza l’esperienza per poter stabilire che determinate qualità sono compatibili con un ambiente conosciuto solo superficialmente; l’equilibrio è stato raggiunto grazie alla creazione di commissioni miste, composte da funzionari di polizia periti selettori che lavorano affiancati da tecnici psicologi (il rapporto è di 5 o 6 funzionari di polizia su 12 membri della commissione). Questa situazione è stata regolarizzata dal decreto 129 del 2005, che ha sostituito il dpr 903/83. I ragazzi attualmente vengono valutati secondo quattro aspetti. Il primo è una diagnosi di livello evolutivo che individua il grado di maturità. Il secondo fattore consiste nel controllo emotivo. Per individuarli gli strumenti a disposizione sono, oltre al colloquio con lo psicologo, i test. Uno in particolare, la prova dell’immagine speculare, è finalizzato a stabilire qual è il grado di autocontrollo del candidato. Il test consiste nella riproduzione grafica di un’immagine speculare. Si tratta di valutazioni di livello cognitivo il cui scopo non è quantificare l’intelligenza della persona, bensì prevedere se in determinate circostanze riuscirà a ragionare nel modo dovuto. Inoltre vengono utilizzati test psicosensoriali sulla memoria visiva, come ad esempio griglie composte da numeri e lettere, da riprodurre dopo averle visualizzate. L’insieme di queste valutazioni dà l’idea della capacità intellettiva del candidato. Il quarto requisito è la socialità: bisogna, inseriti in un contesto, mostrare un adeguato grado di tollerabilità e sapersi relazionare con gli altri.
Oggi la selezione deve compiere un ulteriore passo in avanti.
Una scelta di qualità deve passare attraverso un giusto equilibrio fra comportamenti lavorativi propriamente detti, quali le competenze tecnico-professionali, e l’insieme delle caratteristiche personali ed organizzative proprie dell’individuo e del contesto organizzativo di riferimento.
Nell’immediato futuro, quindi, per adeguare la selezione della Polizia di Stato ai tempi e alle nuove esigenze organizzative e funzionali di una moderna azienda, si dovrà analizzare con sempre maggiore attenzione le interazioni tra individuo ed attività lavorativa, in relazione ai compiti che gli verranno assegnati. L’incarico attribuito ad un poliziotto comprende numerose variabili che influenzano il suo operato: il carico di lavoro, l’ambiente in cui si esprime, gli atteggiamenti verso l’attività lavorativa, le caratteristiche del soggetto e le sue aspettative, il clima lavorativo, eccetera.
Il progetto dell’Ufficio concorsi è, quindi, quello di migliorare considerevolmente la capacità di previsione della performance lavorativa soprattutto in quei ruoli, funzioni o mansioni dove le capacità di relazione interpersonale, come ad esempio la persuasività e la diplomazia, o le competenze soggettive, quali la capacità di gestire le situazioni stressanti e l’intelligenza emotiva, risultano essere elementi di primaria importanza del ruolo ricoperto.
Dovranno, quindi, essere analizzati i sistemi di interdipendenza tra individui ed organizzazione per il raggiungimento di uno scopo comune e le relazioni che possono portare miglioramenti all’interno del gruppo.
Investire nella selezione, con particolare riguardo agli aspetti psicoattitudinali, è fondamentale.
Gli effetti positivi a cui si deve puntare sono, da un lato, di reclutare – o far progredire – una persona con un’alta probabilità di svolgere un’attività professionale congruente con le proprie capacità, caratteristiche, attitudini e motivazioni, e, dall’altro, di consentire alla Polizia di Stato di impiegare nel proprio organico professionisti motivati, soddisfatti e all’altezza del ruolo ricoperto, con conseguente aumento della qualità del lavoro.

Ad un passo dalla divisa
Nel frattempo i ragazzi hanno concluso un’interminabile mattinata che ne ha messo a dura prova l’emotività. Per quelli che hanno appena ricevuto la notifica di idoneità i nervi lasciano spazio al cuore, come per Laura di Salerno, che a stento trattiene la commozione: «Mi aspetto di imparare molto da questo lavoro. Serietà, determinazione e forza di carattere saranno qualità indispensabili, ma l’aspetto che mi attira maggiormente è quello di poter infondere sicurezza nelle persone, essere un punto di riferimento per loro». «Una bella soddisfazione essere arrivati fino a questo punto, nella mia realtà di provenienza la divisa non viene vista come qualcosa di bello, per me invece è un valore da portare avanti» dice Francesco di Siracusa, e gli fa eco Alfonso di Napoli: «Nelle incertezze di oggi quella del poliziotto è una professione che dà delle garanzie, ma che allo stesso tempo deve piacere. Se non è così meglio non farlo, perché è un lavoro nel quale è necessario dare il massimo».
Sono poco più che ventenni ma mostrano di avere le idee chiare sulla loro futura professione. Fino a ieri era ancora un sogno, oggi hanno la concreta speranza di vederlo realizzato.

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Il candidato ai tempi della crisi
La nostra società può essere destabilizzante per la mancanza di lavoro tra i giovani: i ragazzi che si presentano alle selezioni per i concorsi oggi sono figli di questo tempo e hanno spesso motivazioni meno specifiche rispetto al passato. Ida Bonagura, psicologa presso il Centro di psicologia di Castro Pretorio, che da 22 anni si occupa di selezione del personale per la Polizia di Stato, osserva: «Prima forse era più immatura la motivazione “voglio fare il poliziotto perché è il mio sogno da quando ero bambino”; oggi spesso leggiamo tra le righe “ho bisogno di lavorare”. Questo fattore richiede grande attenzione per chi deve scegliere il personale: all’interno di questa necessità bisogna individuare quelle persone che mostrano una vera capacità e abilità dentro se stessi». Nei momenti storici in cui il rischio era maggiore (ad esempio durante gli anni di piombo) si riusciva a stento a coprire il numero dei posti previsti nei concorsi. Oggi la situazione lavorativa non è più così allarmante e il numero di domande, nonostante il limite di accesso posto dal servizio militare, raggiunge cifre elevatissime (circa 20.000 domande per 2.800 posti). I ragazzi rispetto al passato hanno molti più stimoli ma dal punto di vista della personalità sono più fragili, tendenzialmente sono stati più protetti e spesso di fronte alla prima difficoltà si bloccano. Rossana Salerno, medico specialista in psicologia clinica, ci aiuta a ricostruire il quadro della situazione: «Ci troviamo in un tipo di società in cui tutto quello che è sacrificio va eliminato; nei colloqui individuali cerchiamo di indagare anche la varia tenuta delle scelte che i ragazzi fanno e le ragioni per le quali non riescono a portare avanti determinati obiettivi: anche questi sono elementi che parlano della persona». I ragazzi sono anche un po’ più poveri culturalmente, anche se sulla carta attestano un livello di istruzione più elevato, è come se funzionassero a registro un po’ più basso. «Sono molto orientati sul proprio fisico – prosegue Rossana Salerno – la maggioranza è dedita allo sport con l’obiettivo narcisistico (che potrebbe diventare un’ossessione) a questo dedica gran parte della giornata, meno al coltivarsi intellettualmente; si legge poco e al cinema si vedono soprattutto “action movies”. Ma c’è molta eterogeneità: a questa tipologia di persone se ne affianca un’altra fatta di ragazzi che danno dimostrazione di grande maturità, come può essere il caso di famiglie monoreddito del Sud, aiutate dal figlio ventitreenne nel momento in cui il padre perde il lavoro. Fa effetto sentir raccontare storie del genere da ragazzi tanto giovani». Un altro aspetto da sottolineare è quello relativo alle motivazioni delle donne che decidono di diventare poliziotte: mentre per l’uomo si tratta di una possibilità di lavoro, per la donna diventa una scelta. 30 anni fa, al loro primo ingresso in polizia, hanno dovuto farsi valere in un ambiente maschile, rischioso e faticoso. Ci voleva maggior determinazione, soprattutto in passato, per vincere la diffidenza iniziale. L’inserimento è stato gradualmente accettato e oggi le cose sono sensibilmente migliorate grazie ad un cambiamento culturale. Motivazione e grinta, oltre ad un’ottima preparazione culturale, sono comunque elementi che, ieri come oggi, hanno caratterizzato la polizia in rosa.

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Identikit del poliziotto di domani
Uomo, 22 anni, meridionale: sono le caratteristiche maggiormente rilevate nei dati sull’ultimo arruolamento per agenti di polizia raccolti dal Centro psicotecnico della Direzione centrale per le risorse umane. Ed è un mestiere che molti giovani ancora sceglierebbero: 18.357 sono state le domande per la prova preliminare al concorso (87,90% gli uomini, 12,10% le donne, per le quali il grosso limite di accesso è rappresentato dal servizio di leva) e 5.994 le persone convocate per la selezione dopo la prova di cultura generale. Quanto alla fascia d’età, il grosso degli idonei ha tra i 21 e i 24 anni, ma non mancano candidati più giovani (classe 1993) come pure una presenza del 1981. Per quanto riguarda la provenienza geografica, il 75% è originario del Sud e delle isole, il 15% viene dal Centro e il 10% dal Nord. Tra le varie prove la parte del leone nella scrematura dei candidati la fa la commissione psicotecnica (da 4.474 candidati si arriva ai 3.742 idonei). Una delle più importanti innovazioni è stata quella di far proseguire la selezione negli istituti di istruzione con i cosiddetti “follow up” per gestire e indirizzare al meglio la grande mole di allievi che arrivano nelle scuole di polizia. Questo metodo permette tra l’altro la selezione di attitudini specifiche per accedere alle specialità della Polizia di Stato.

01/10/2012