Luigi Lucchetti*
Paura di volare
Che cos’è che toglie il fiato al solo pensiero di salire su un aereo? Forse l’aerofobia esiste solo nella nostra testa ma di fatto condiziona le vite di molti. Ecco come chiarirci meglio le idee e prendere coraggio
Nonostante l’utilizzo molto diffuso dell’aereo, in Italia come nel resto dei Paesi industrializzati, oltre il 50% delle persone manifesta dei problemi legati alla paura di volare, che vanno dal semplice disagio al terrore vero e proprio. Questa condizione, definita aerofobia o in modo più desueto aviofobia, si caratterizza per il timore irrazionale e difficilmente controllabile verso uno specifico oggetto e situazione: l’aereo ed il volo. La grande famiglia degli aerofobici può essere suddivisa in tre grandi sottogruppi, il primo è rappresentato da coloro che non riescono in nessun modo a volare: in genere sono persone che non sono mai salite su un aereo poiché la sola fantasia di volare è in grado di scatenare immagini terrificanti – collegate a pensieri di esiti infausti del volo – o comunque angoscianti, per le sensazioni negative che si teme di provare e di non riuscire a gestire e superare. In questo primo gruppo vanno anche collocate quelle persone che hanno già volato, anche con una certa continuità, ma che in un determinato momento, forse in seguito a voli particolarmente critici – quantomeno nel loro vissuto – hanno deciso di non mettere più i piedi su una scaletta, pur avendo magari la necessità di viaggiare con l’aereo. Il secondo sottogruppo è costituito da coloro che volano, ma solo se è strettamente necessario, facendo spesso ricorso ad ansiolitici e/o all’alcol per sopportare quella che per loro è un’esperienza terribile, e che li costringe ad investire nell’immane impresa enormi risorse fisiche ed emotive. Essi nei giorni precedenti il volo si pongono continuamente e drammaticamente il dubbio se salire o meno sull’aereo, giungendo – anche a causa della perdita di sonno che ne consegue – pressoché sfiniti, ma ansiosissimi, a calcare il primo gradino della scaletta. Il terzo sottogruppo raccoglie coloro che in aereo vivono sensazioni di ansia non particolarmente elevate, tanto da riuscire a volare con regolarità, specie per impegni professionali, ma al prezzo di una continua apprensione al minimo sobbalzo del velivolo. Durante il tragitto sono in continuo atteggiamento di allerta, che certamente è logorante, ma il loro livello di ansia non raggiunge mai i picchi degli altri due sottogruppi. Che ipotesi si possono fare circa i meccanismi alla base della paura di volare negli aerofobici? Un tentativo esplicativo omnicomprensivo si rifà alla prospettiva psicodinamica che postula la presenza nella mente di meccanismi inconsapevoli finalizzati a gestire quote di ansia non altrimenti contenibili. L’aereo rappresenterebbe metaforicamente un contenitore, una specie di vaso di Pandora, in cui collocare angosce generate da altri ambiti della vita dell’individuo, o comunque da eventi che nulla hanno a che fare con il volo. In importanti momenti di passaggio o di crisi (es. pubertà, termine delle scuole superiori, servizio militare, matrimonio, nascita di figli, lutti significativi, separazioni, avanzamenti di carriera, difficoltà economiche o lavorative) gli equilibri che erano fino a quel momento alla base della vita dell’individuo non risultano più funzionali, e se ne impone la ricerca di alternativi, che possano gestire la mutata situazione meglio dei precedenti. Ma la sfida di raggiungere nuovi traguardi, di lasciare il noto per lo sconosciuto, genera ovviamente incertezza ed angoscia che, in non pochi casi, se molto intense, devono trovare un gancio a cui appendersi pur di ridare stabilità all’individuo nella tempesta emotiva da cui rischia di essere sopraffatto. Le caratteristiche dell’aereo, chiuso, sospeso in aria a diecimila metri dal suolo, dove non si può controllare nulla e dove pertanto si richiede di affidarsi completamente a qualcun altro, ne fanno il supporto perfetto a cui agganciare il peso di angosce altrimenti insopportabili e pervasive. Da quel momento in poi recuperiamo un miglior equilibrio ma iniziamo a temere l’aereo, confinando il grilletto dell’ansia in uno specifico oggetto e situazione, pagando il relativo prezzo. Un diverso approccio al problema si fonda su una prospettiva che potrebbe essere definita di tipo evoluzionistico-cognitivo. Lo sviluppo neurobiologico dell’essere umano, avvenuto nel corso di migliaia di anni, è progredito senza l’esperienza del volo la quale, oggi che è resa possibile, comporta sensazioni estremamente nuove. Le persone si vengono a trovare a diecimila metri di altezza o accelerate da zero a trecento chilometri all’ora in pochi secondi: queste inusuali esperienze per alcuni sono piacevolmente emozionanti, mentre per altri diventano fonte di ansia quando non addirittura di panico. Infatti le naturali sensazioni cinestesiche di disagio ricevute dal nostro corpo possono essere interpretate come segnali di pericolo, per cui ad esempio ad un po’ di turbolenza viene attribuito il significato di situazione a rischio. Combattere la paura di volare è possibile, come dimostrano gli ottimi risultati del corso “Voglia di volare”, organizzato fin dal 1997 dalla nostra compagnia di bandiera, che ha visto la partecipazione di migliaia di passeggeri o aspiranti tali, la maggior parte dei quali oggi vola regolarmente e con maggiore serenità. La metologia che ne è alla base consiste nell’approccio cognitivo-comportamentale che mette in stretta connessione i pensieri, le emozioni ed i comportamenti umani: ciò significa che ogni stato emotivo, ogni azione dell’individuo dipende da quello che pensiamo della situazione in cui ci troviamo. Gli stati emotivi vissuti da chi ha paura di volare sono spesso condizionati da pensieri assolutamente irrazionali sulle dinamiche del volo o su alcune situazioni percepite erroneamente come particolarmente pericolose. Ecco perché conoscere in maniera più realistica i principi di base di un aereo e della normale fisiologia del volo risulta estremamente importante. Inoltre è fondamentale focalizzare l’attenzione su quei pensieri automatici ed illogici relativi all’esperienza del volo che invadono la mente riempiendola di paura, e successivamente imparare a criticarli ed interromperli sostituendoli con altri di calma e serenità. In aggiunta si possono apprendere semplici tecniche di rilassamento come la respirazione diaframmatica, che si focalizza sul ritmo del respiro per favorire il passaggio da una respirazione veloce e superficiale ad una lenta e profonda. L’aerofobia pertanto può oggi essere affrontata con successo, senza il ricorso all’alcol – che può scatenare effetti pericolosi specialmente nei soggetti obesi, ipertesi o cardiopatici – o a massicce dosi di benzodiazepine, ma combattendo con lo strumento della mente quella paura di volare, che è nella nostra testa e non sull’aereo, come ai più fa comodo credere.
*dirigente superiore medico-psicologo della Polizia di Stato