Anna Lisa Spitaletta

113 Polizia

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Dalle risse alle rapine, dalla scomparsa di una persona cara all’Sos per la gatta sul tetto, la gamma delle richieste d’intervento ai centralini del 113 della polizia, sparsi in tutt’Italia, è veramente senza fine. Come la capacità di affrontarle e risolv

Nel diagramma dell’innovazione tecnologica e organizzativa che la Polizia di Stato ha disegnato nel corso della storia del fare sicurezza, rilanciata dal nuovo claim in occasione del 160° anniversario della sua fondazione, il servizio del pronto intervento 113 occupa a pieno titolo uno dei punti apicali. L’attivazione di un numero unico e gratuito di polizia a cui poter chiamare da ogni parte del Paese, con la disponibilità h 24 di comunicare con personale specializzato nella sicurezza, ha permesso di non respingere nessuna richiesta del cittadino.
«Pronto, 113?» « Sì, polizia, mi dica» è da più di quarant’anni che i telefoni delle centrali operative telecomunicazioni/Cot squillano incessantemente negli uffici delle questure d’Italia replicando quelle parole. Giorno e notte poliziotti addestrati con corsi di formazione ad hoc sono pronti a ricevere ogni tipo di segnalazione che possa arrivare attraverso la cornetta del telefono, testimone virtuale da passare di collega in collega, in una staffetta di sicurezza senza fine. È la centrale che gestisce e coordina l’intervento degli equipaggi delle volanti sul posto. Intervento il cui buon esito dipende spesso da come nei primi istanti è stata gestita l’emergenza al telefono. Per poter far fronte all’esorbitante cifra registrata per il 2011 di 6.259.926 chiamate al 113, la polizia ha battuto ogni record di tempo per cavalcare lo sviluppo tecnologico, da quel dicembre del ’68, quando il servizio del soccorso pubblico 113 veniva attivato nelle regioni Lazio e Umbria ad oggi. I dati operativi della nuova centrale della questura di Roma, diretta dal questore Francesco Tagliente, inaugurata lo scorso 28 marzo dal capo della Polizia Antonio Manganelli, con le immagini della città che scorrono sui monitor delle 12 postazioni di lavoro, ne fotografano la realtà. I numeri della sicurezza di quest’avveneristica struttura al quinto piano di via San Vitale, parlano di una capacità gestionale di 10mila telefonate al giorno, con tempi di risposta ridotti da 46 a soli 6 secondi e dotazioni tecnologiche compatibili con una previsione di evoluzione demografica fino a 10milioni di persone. «La sala operativa è il motore delle attività della polizia ed è funzionale a garantire la sicurezza di un territorio» ha dichiarato Manganelli all’inaugurazione. Per rendersi conto della professionalità e dell’impegno degli operatori del 113 in ogni angolo del Paese, abbiamo aperto alcune finestre sul lavoro che queste donne e uomini svolgono nelle grandi città e nei piccoli centri della Penisola. Basta dare loro la parola per capire che dare sicurezza non è un lavoro come un altro: ci vuole cervello, preparazione, sangue freddo, capacità di dialogare con il cittadino, ma anche cuore e anima.

Scongiurare i gesti estremi con la forza delle parole giuste
Quando i legami familiari, le amicizie e il lavoro non hanno più la solidità di un orizzonte visivo compatto e affidabile, la vita può traballare pericolosamente, spingendoci verso gesti estremi. Sempre più spesso chiamare il 113 diventa l’unico, a volte, l’ultimo passo da compiere: un front office d’aiuto sicuro, anche in quelle terribili notti in cui i cattivi pensieri proprio non ci vogliono mollare. Nei tentativi di suicidio il primo approccio del poliziotto al telefono diventa cruciale, dovendo iniziare una corsa contro il tempo fino all’arrivo della volante. Scegliere le parole più adatte a sgombrare l’angoscia di chi sta dall’altra parte del telefono, mantenere freddezza e lucidità mentre si analizza la situazione per prendere le decisioni giuste/decision making che portano al successo dell’intervento di polizia/problem solving.

Sicurezza partecipata: polizia e cittadini, garanzia di un insieme
Più è alto il senso civico di un popolo, maggiore cura e tutela ne riceverà il bene comune. Anche la sicurezza svolta dalle forze di polizia, con l’attenzione responsabile dei singoli cittadini, diventa “partecipata”.

In difesa delle fasce più deboli: la sicurezza dedicata a bambini, donne e anziani
Frequenti sono le richieste di rintraccio al 113 da parte di genitori preoccupati per la scomparsa dei propri figli minorenni, spesso causa di fughe temporanee per litigi amorosi, diverbi familiari o per aver semplicemente smarrito la strada. A Lucca un caso esemplificativo.

Molte delle richieste d’aiuto alle centrali operative del 113 provengono da donne che subiscono violenze e vessazioni in famiglia, per strada e a volte anche sul posto di lavoro. Donne che oggi hanno il coraggio di segnalare e denunciare gli autori, incoraggiate dalla sensibilità umana e poliziesca che ritrovano negli operatori al telefono, capaci di dover interpretare anche la drammaticità di certi silenzi, come nell’intervento che segue.
Tra gli artefici delle truffe c’è chi pensa che approfittarsi degli anziani sia più redditizio, perché più fragili alle trappole dei raggiri. Tra le attitudini dell’operatore del 113, la capacità emotiva relazionale con il cittadino riveste un ruolo ancor più nevralgico quando l’utenza è la terza età.

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113 questura di Milano
13 giugno 2010, all’agente Nicola Giudice della centrale operativa arriva alle 17,00 una richiesta d’aiuto di una ragazza, in preda al panico per le sorti della sorella che minaccia di buttarsi dal balcone di casa, al secondo piano. La giovane, in crisi con la scuola per l’anno che forse dovrà ripetere e fragile al pensiero del padre in ospedale per un’ischemia, ha iniziato un drammatico conto alla rovescia a voce alta, già in bilico all’esterno della ringhiera. Come far desistere la ragazza dai brutti propositi? Giudice pensa di far attivare subito dalla sorella il vivavoce del telefono, così da poter iniziare un contatto diretto e attento alla fragilità della ragazza in pericolo: «Quanti anni hai?... Cosa stai contando?... Hai litigato con tua sorella?... Racconta tutto a me». Queste esortazioni ripetute con pazienza e determinazione, senza mai cedere all’apprensione per il pericolo oggettivo della circostanza, sono servite a tenere viva la conversazione con lei. Le sue sofferenti parole di replica e la fiducia in quel poliziotto, ai suoi occhi unico testimone obiettivo del proprio dolore, l’hanno tenuta legata al balcone come a un filo invisibile, fino all’arrivo delle volanti.

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113 questura di Roma
Il 5 marzo 2011, nel salvare un uomo che tentava di suicidarsi con il tubo del gas di scarico all’interno della sua auto, si è rivelata vincente l’empatia sviluppata tra l’operatore Cot e chi aveva telefonato per richiedere aiuto. Il cittadino, un giovane, si era insospettito per una macchina con il motore acceso, in zona Quarto Miglio, con una persona all’interno che sembrava priva di sensi e, terrorizzato all’idea del peggio aveva subito chiamato il 113. Operatore 113: «Non tocchi la persona, adesso le dico io cosa fare… la targa ce l’ha?... Può avvicinarsi per staccare il tubo dietro l’auto?... Riesce ad aprire le portiere?» Cittadino: « Ho spento il motore e staccato il tubo… ho paura… c’è uno dentro che dorme, ma muove la bocca… sto cercando di aprire uno sportello…». Operatore 113: «Bravissimo, saranno lì presto un’ambulanza e le volanti all’altezza del civico che mi ha dato, rimango in linea con lei finché non arriva qualcuno. Quanti anni ha?». Cittadino: «Ventuno, tra qualche giorno ventidue». Operatore 113: «Lo sa che se lo salviamo ha fatto una gran bella cosa? Complimenti». L’agente scelto Manuela Bucci, al telefono della centrale operativa ha messo in campo tutte le sue abilità professionali nel mantenere in equilibrio costante l’emotività scomposta e alterata del ragazzo al telefono e la lucidità razionale a lei utile per fargli compiere i passi giusti di sicurezza per tutte le persone coinvolte nella circostanza.

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113 questura di Trieste
È durata sette minuti la telefonata tra un cittadino e l’assistente capo Massimiliano Cimenti che ha permesso alle volanti di poter arrestare l’8 gennaio 2012 i rapinatori di un negozio in centro città. Il cittadino non è stato a guardare, ma in costante collegamento telefonico, ha fornito tutte le informazioni utili all’operatore della centrale operativa. «È alto e pelato… ha un giubbotto marrone… è armato e sta correndo con un motorino verde verso il mercato coperto… ora si è accorto ha mollato il motorino e sta scappando a piedi verso piazza ospedale». E intanto che la volante riesce a bloccarlo descrive con gli stessi dettagli anche l’altro rapinatore. Abile e preciso l’operatore Cot nel continuare a chiedere con garbo e costanza sempre più informazioni, anche quando il cittadino, preoccupato di far acciuffare presto i rapinatori, è precipitoso e vorrebbe chiudere subito il suo intervento. Paziente e collaborativo il cittadino nel capire l’utilità strategica di quell’incalzare delle domande del poliziotto, che dalla centrale coordina le operazioni. La capacità emotiva nella relazione cittadino/poliziotto è stata così partecipata e tempestiva da riuscire a bloccare sia il rapinatore che il compare che fungeva da palo, dopo un lungo inseguimento nel reticolo di strade del centro.

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113 questura di Rimini
Nel turno serale della sala operativa e delle volanti in servizio il 15 marzo 2012 è capitato di riuscire a catturare e arrestare due pericolosi pregiudicati, grazie all’interazione tempestiva di alcuni cittadini. Gli arrestati facevano parte di una banda che aveva imperversato in tutta la Romagna saccheggiando navigatori satellitari e computer portatili da auto di grossa cilindrata, del tipo Suv. È stata proprio la catena di segnalazioni spontanee e non concordate tra più cittadini a indicare l’auto e le varie direzioni di fuga dei ladri, come nel caso di questo gioco di squadra ben coordinato dal capoturno della sala operativa, ispettore Vincenzo Insito con gli assistenti Lorenzo Campana e Luca D’Angelo al telefono e le volanti all’inseguimento. Non sarebbe stato possibile prenderli tutti ancora con il bottino a bordo senza la tempestività e la precisione delle chiamate dei cittadini. Abili anche nel fornire descrizioni e dettagli mentre il furto accadeva proprio sotto i loro occhi, usando la discrezione necessaria a non compromettere il buon esito dell’intervento delle volanti.

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113 questura di Lucca
Un Sos da parte di due bambini di 10 e 11 anni arriva all’assistente capo Massimo Giometti, alle 17,50 del suo turno di servizio alla centrale operativa del 15 gennaio 2012. I bambini si sono incamminati quel pomeriggio per un sentiero della zona boschiva del monte Penna, appena fuori Lucca, per una passeggiata con il loro cane, ma al rientro scivolano in un profondo canalone fitto di rovi, dal quale non riescono più a risalire. Qual è stato l’approccio operativo di Giometti? Quale la decision making e il problem solving? Per prima cosa genera empatia con i bambini spaventati per il buio che li avvolge mantenendo con loro anche un tono scherzoso, rincuorarli raccomandandoli di restare seduti lì dov’erano, preoccupato che non scivolassero ancor più nel burrone. Intanto con l’altra linea telefonica risale all’intestatario del cellulare del bambino, quindi all’abitazione dei genitori, per inviare una volante. Quando i poliziotti della volante agganciano il padre del bambino che li stava cercando, Giometti incita i bambini di urlare a gran voce il nome dei tre soccorritori, in modo da individuare il punto preciso dov’erano. È buio pesto quando li ritrovano, infreddoliti, ma salvi, dopo aver stretto loro virtualmente per un’ora la mano dall’altra parte del telefono. Le doti comunicative del poliziotto assieme all’esperienza di lavoro più che ventennale sono stati gli strumenti vincenti.

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113 questura di Oristano
Alle 2,45 del 29 gennaio 2012, il poliziotto della centrale operativa Stefano Gamba, operatore tecnico, riceve una strana telefonata fatta di poche parole e molte pause, rotte da grida soffocate e imprecazioni tra un uomo e una donna. Voce di donna: «Vattene… Aiuto… Calmati, ti prego…». Voce di uomo: «Tira fuori i soldi… forza dai… Chiama, chiama aiuto, tanto non ti sente nessuno». Voce di donna: «Ti denuncio… ti denuncio, bastardo». Il poliziotto capisce che la telefonata di chi ha chiamato è il tentativo estremo di chiedere aiuto, non potendo parlare liberamente, ma offrendo la possibilità di far ascoltare le dolorose lamentele. Una veloce analisi della situazione per capire dai rumori di sottofondo, dall’assenza di rimbombi e dal perdurare dei maltrattamenti che non può trattarsi di una rapina, bensì di violenza privata. Come aiutare la persona in difficoltà senza poter dialogare con lei? L’intuito gli suggerisce di tenere la linea bloccata per circoscrivere la zona da dove proviene la chiamata, la tecnologia del centralino gli consente di mantenere la linea anche se l’interlocutore la interrompe. Nel tempo di pochi minuti risale al gestore telefonico e alla cella geografica di riferimento, e invia subito la volante. Sul posto i poliziotti trovano un uomo, già pregiudicato, che stava malmenando la sua ex fidanzata sotto la minaccia di un’arma. Bloccato e arrestato per sequestro di persona, lesioni ed altre aggravanti.

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113 questura di Cosenza
Sono le 19,00 del 19 gennaio 2012 quando alla centrale operativa giunge una singolare segnalazione da parte di una donna di 92 anni che, senza alcuna esitazione, dichiara di aver chiuso dentro casa un ladro. Cos’era successo? La signora aveva aperto la porta a un giovane che con la scusa gentile di aver bisogno di un bicchiere d’acqua, si era intrufolato dentro, nascondendosi. È bastato poco alla donna per capire che dopo aver chiuso la porta di casa quel giovane era ancora lì, a quel punto senz’ansia né disperazione ha pensato bene di uscire lei, chiudendolo dentro. Dalla vicina di casa ha subito chiamato il 113 raccontando al telefono ogni passo della vicenda al poliziotto. L’assistente capo Pasquale Ranuio, sebbene sorpreso dall’accaduto, in apparenza alquanto rocambolesco, intuisce la validità e la coerenza della dinamica esposta dall’anziana donna. In questo caso l’empatia tra l’operatore della centrale operativa e la cittadina è stato immediato, gli eventi risultano credibili e logici e invia immediatamente la volante in aiuto alla donna. Il ladro? Arrestato grazie alla lucidità e all’esattezza delle informazioni della cittadina e all’intuizione veloce di totale veridicità colta dall’esperienza professionale del poliziotto.

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113 questura di Messina
Un caso esemplificativo è accaduto il 9 marzo 2012 nella città dello stretto, quando tra cittadini e polizia si è stabilito un gioco di squadra vincente. Le segnalazioni alla centrale operativa riferivano di un truffatore che utilizzava l’abito talare, come sotterfugio per raggirare le persone entrando nelle loro case. Varcata la soglia derubava gli anziani degli oggetti preziosi che poi piazzava nel mercato dei “compro oro”. Giungere alla descrizione precisa del truffatore ha richiesto all’operatore Cot, l’assistente capo Gianluca Allevato, tutta la sensibilità utile ad accogliere e contenere l’agitazione di una persona dalla veneranda età. Spiega Allevato che nel suo ruolo al centralino è stato fondamentale instaurare da subito una conversazione lunga con la persona impaurita: «È nel parlare che si aggiungono, via via, quei dettagli decisivi per concludere positivamente l’operazione». Per creare quell’empatia con chi è dall’altra parte del filo Allevato lancia un ponte di similitudini tra le esperienze personali e quelle segnalate dal cittadino: «Anche a me è capitata la stessa cosa, ora ci pensiamo noi», mentre sfata un facile luogo comune: «Una cosa da non fare mai è dire di stare calmi, si ha esattamente l’effetto contrario».

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Una scuola da 113... e lode
È stato il capo della Polizia, il prefetto Antonio Manganelli, più di un anno fa a richiamare l’attenzione sull’esigenza di rafforzare e consolidare la professionalità degli operatori delle Sale operative e Centralino 113, diramando direttive articolate sulla diffusione e la promozione di una cultura di “standard di qualità del servizio” reso al cittadino.
La Scuola per il Controllo del territorio di Pescara 8nella foto, ndr), in diretta collaborazione con il Servizio per il Controllo del territorio e l’Ufficio studi e programmi, ha accolto questo autorevole input incrementando e riprogettando la formazione specialistica degli operatori di Sala operativa, con un esperimento iniziato a marzo 2011 ed oggi a pieno regime.
La scelta della metodologia didattica strategicamente più efficace è caduta sulla “simulata esperienziale” che sottopone al frequentatore la gestione di una telefonata d’emergenza, riproducendo “in aula” il contesto operativo e le criticità tipiche di una situazione d’allarme.
Sono stati predisposti, a tal fine, tre ambienti: una Sala operativa e Centralino 113 virtuali con videocamera puntata sul frequentatore in azione, una sala simulazioni dove istruttori-attori eseguono le telefonate, presentandosi come cittadini in cerca d’aiuto e un’aula per la visione ed il debriefing sulle prove eseguite dai frequentatori; il tutto realizzato “a costo zero”, grazie ad un intenso e sinergico lavoro di gruppo che ha visto coinvolti istruttori, psicologi, docenti e tecnici del supporto audiovisivo della Scuola e della locale Zona telecomunicazioni.
Fornendo loro strumenti di comunicazione e di ascolto attivo, puntiamo a rafforzare le cosiddette competenze trasversali, indispensabili per l’operatore di 113 e S.O. (capacità attentiva, saper generare empatia, capacità di analisi di una situazione e focalizzazione del problema, decision making e problem solving); rivedendosi nel filmato della sua prova, proiettato in aula, guidato dalla psicologa della Polizia di Stato, il frequentatore viene stimolato ad una riflessione sul suo vissuto professionale e ad un riconoscimento spontaneo dei punti di forza e di debolezza per arrivare alla comune condivisione di protocolli operativi standardizzati, compreso un linguaggio operativo omogeneo, e migliori pratiche da adottare, volta per volta.
In quest’ottica vengono valorizzate le capacità individuali di ciascuno, rendendolo consapevole di abilità e competenze emotive e relazionali, già presenti in lui; inoltre s’impara a riconoscere le trappole comunicative (ad esempio la formalità del “lei” in alcuni casi, l’uso della “negazione” in altri); in tal modo l’operatore migliorerà la sua capacità di gestione della complessa e delicata prima fase di un intervento di polizia.
Il compito della Scuola resta quello di far acquisire procedure standardizzate, generando un sapere professionale condiviso; è dimostrato, poi, che migliorare le competenze e la consapevolezza dei propri mezzi abbassa i livelli di stress dell’operatore, oltre che aumentarne la motivazione.
Il progetto ministeriale ha previsto, in un’ottica più ampia:
un sistema di “disseminazione”, di trasferimento, cioè, dei saperi e delle competenze acquisite dai frequentatori durante il Corso a favore dei colleghi di ufficio.
Seminari di aggiornamento, previsti per i dirigenti ed ispettori coordinatori degli Upgsp, manager della pianificazione e della gestione diretta delle attività del Controllo del territorio.
Corsi di formazione per “Tutor di 113”, figure di riferimento per gli operatori delle Sale operative.
Un programma di aggiornamento/refresh per gli operatori e la strutturazione di una piattaforma multimediale dedicata.
Investire nella “formazione continua” significa, in una parola, offrire all’operatore del Controllo del territorio strumenti per un approccio attivo e positivo alle continue tensioni, cambiamenti e criticità di quella che, oggi, definiamo la società del rischio.

Giuseppe Volpe - Direttore Scuola per il Controllo del territorio di Pescara


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01/05/2012