Cristiano Morabito
A misura di artista
Anche il mondo dello spettacolo ha le sue regole. Ce le raccontano i protagonisti del Concerto per la legalità 2012, in testa: Giorgio Panariello
Imitatore, cantante, attore, regista e showman. In una sola parola, anzi due: Giorgio Panariello. Trent’anni sulla scena, dagli esordi toscani con gli amici Carlo Conti e Leonardo Pieraccioni al debutto da regista sul grande schermo fino alla consacrazione come one man show durante l’ultima stagione televisiva con il programma “Panariello non esiste”. Abbiamo incontrato l’artista toscano nel backstage del concerto per la legalità dello scorso 27 aprile, dopo la sua performance sul palco del Gran Teatro di Roma durante la quale, tra una battuta e l’altra, come sua consuetudine, ha voluto mandare i suoi messaggi alle giovani generazioni.
Che effetto fa essere testimonial di un evento come questo?
Quando ci sono manifestazioni come questa, è un dovere di noi artisti con un minimo di consenso popolare, quello di dare il proprio contributo per diffondere un messaggio così forte come quello che oggi vogliamo dare alle giovani generazioni. Forse veicolandolo attraverso il linguaggio di un comico è più semplice che i ragazzi possano accettarlo perché, tra una risata e l’altra, il messaggio supera le barriere della diffidenza e arriva più facilmente a segno, cosa che non succederebbe facendo la solita “romanzina”, come si dice da noi in Toscana, che lascia il tempo che trova.
Il claim del concerto di quest’anno è stato “Regoliamoci”. Giorgio Panariello quali regole si è dato nella vita?
Da giovane non posso certo dire di aver seguito tanto le regole; anzi sono stato uno di quei quindicenni che vuole combattere contro tutto ciò che sembra rappresentare un ostacolo alla nostra voglia di libertà. Con il tempo ho iniziato ad apprezzare sempre di più ogni singolo aspetto della vita, e questo è un aspetto che i ragazzi ancora non possono capire. Ora che ho superato i trentasei anni (lo dice ridendo, ndr) inizio a fare i bilanci: quante sigarette fumo, a che ora vado a letto, se faccio o meno sport. Insomma, inizio a pormi delle domande che prima non mi ponevo. Penso che l’essere umano si “autoregoli” nel tempo. Un po’ come certe specie di animali che in principio avevano le ali, poi son diventati anfibi e infine si sono adattati alla vita sulla terraferma.
Hai mai trasgredito da giovane per poi capire, in seguito, di aver sbagliato e te ne sei pentito?
Sì, anch’io come tanti ho fatto i miei errori e col tempo me ne sono pentito. Però ci sono anche cose, non so se si può scrivere su una rivista come la vostra (dice ridendo in stretto dialetto toscano) che ho fatto non da solo in cui mi sono molto divertito! E sicuramente non me ne sono pentito, anzi!
Riferendoci al talent organizzato in questa occasione tra le scuole italiane, secondo te, manifestazioni come queste possono servire ad aiutare i giovani talenti ad emergere?
Allo stato attuale delle cose ci sono più possibilità che un artista emerga da un talent show piuttosto che da manifestazioni come Sanremo, perché non è semplice entrare in kermesse come quella del Festival della musica italiana. Quindi, ben vengano i talent che riescono a promuovere artisti di un certo livello. La cosa che mi preoccupa è che questi ragazzi soffriranno l’arrivo immediato del successo che non ti permette di farti una sorta di “corazza”. Il pericolo è che al primo insuccesso ci si abbatta e si scompaia letteralmente dalla scena. È una questiona psicologica: si pensa di essere il re del mondo e poi ci si accorge di non essere più nessuno. Per essere il re del mondo bisogna combattere ogni giorno, perché c’è sempre qualcuno sotto di te che vuole prendere il tuo posto. Se non si arriva al successo con una “scorza” dura intorno si può vacillare.
Una “corazza” che nel tempo si è fatto anche Giorgio Panariello...
Tutto quel che ho fatto, non l’ho realizzato tramite i talent show, ma seguendo altre strade forse più lunghe e faticose. Ricordo che vinsi “Stasera mi butto”, un programma-concorso tra gli imitatori italiani condotto da Gigi Sabani (1991, ndr). Il premio fu quello di lavorare in televisione insieme ad altri dieci imitatori, quindi ho dovuto iniziare da subito ad “autocorazzarmi” per non farmi sopraffare dalla concorrenza.
Per un personaggio come te è fondamentale mantenere il contatto con il pubblico, soprattutto quello composto da giovani. Che consiglio daresti a questi ultimi su come “regolarsi”?
In tutti i miei spettacoli inserisco sempre il personaggio del “PR”, che è uno dei preferiti dai più giovani e che li fa ridere di più. Tra una battuta e l’altra cerco normalmente di inserire delle frasi che li possano colpire, che possono riguardare la tossicodipendenza quanto la tutela degli animali. Li faccio ridere ma anche pensare. Con i ragazzi ho un bellissimo contatto e loro mi ricambiano tanto, nonostante io sia di una generazione diversa da quella dei comici di Zelig, forse più vicini a loro anche per età e per il linguaggio che usano. Questo contatto significa capirli. Ma capirli significa anche essere aggiornati sulle loro tendenze, navigando in Rete, ascoltando la loro musica, guardando i loro programmi, senza rinchiudersi in una sorta di eremo, ma cercando di capire come e verso dove si evolve il mondo che ci circonda.
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Ettore Bassi
La regola che va tenuta in maggior conto è quella di avere il senso della comunità, la condivisione, l’essere uniti per un’unica causa: quella del rispetto degli altri.
Luca Argentero
Non si può pretendere di cambiare da soli il mondo, ma si può cambiare il mondo che ci circonda e per farlo basta rispettare chi si ha più vicino.
Lino Banfi
Le regole della vita sono tante, ma una che spero i giovani seguano, come ho fatto io, è quella di credere nella famiglia. Tutti si meravigliano che, nel nostro ambiente, io sia riuscito a festeggiare i cinquant’anni di matrimonio.
Massimo Ghini
“Attenzione a fargli fare attenzione”: questa la regola che, da genitore di quattro figli, tre in età da motorino, mi sono imposto. Il problema dell’ordine e del rispetto delle regole in Italia parte da esempi concreti: ad esempio al Sud non vorrei più vedere ragazzi senza casco, perché in quell’atteggiamento ci sono tutti i presupposti per non essere più abituati al rispetto delle regole.
Francesco Facchinetti
Quando parli di regole i ragazzi storcono sempre un po’ il naso. Ho detto loro di ascoltare due tre “dritte di vita” da un fratello maggiore che ne ha passate di tutti i colori e che gli può dire prendi una strada invece di quell’altra che è più pericolosa. Il rapporto tra i giovani e la polizia è un po’ come quello tra padre e figlio, che all’inizio è un po’ conflittuale.
Gigi D’Alessio
Ho sempre sposato cause come questa, perché investire sui giovani di oggi significa, per me, investire nel futuro dei miei figli. Ho scritto una canzone, “Non c’è vita da buttare”, che spiega che per divertirsi non c’è bisogno di droghe, alcol o di correre in macchina.
Dolcenera
È bello poter fare una festa tutti insieme, come questa, per raccontare quali sono gli obiettivi di un’istituzione come la Polizia di Stato e, insieme, quali sono i sogni dei ragazzi, del perché a volte hanno della rabbia dentro, soprattutto in momenti storici come questo in cui non c’è molta certezza del futuro.
Mara Maionchi
Quello che voglio dire ai giovani è che, come nella vita, anche nel mondo dello spettacolo le regole sono fondamentali. Solo seguendole si può diventare dei grandi artisti.