Ruggero Altamura*

Oltre confine

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Il recepimento della “direttiva rimpatri” nella disciplina delle espulsioni amministrative

Il dlgs 286/1998 (cd Testo unico sull’immigrazione o Tui) è stato spesso oggetto di innesti legislativi, successivi alla sua redazione.
Giova riepilogare brevemente le tappe di maggior pregio che hanno solcato la disciplina normativa di recente, limitatamente agli aspetti concernenti il regime delle espulsioni.
La l. 94/2009, facente parte del cd pacchetto sicurezza del 2009, aveva disposto l’ampliamento dei termini massimi entro i quali lo straniero espulso o respinto possa essere trattenuto nel Cie – centri di identificazione ed espulsione, ai sensi del novellato comma 5 dell’art. 14 Tui
Il passaggio ulteriore ci conduce alla più recente l. 129/2011– di conversione del dl 89/2011 – che ha modificato – nel recepire la direttiva 2008/115/CE, nota come direttiva rimpatri – le modalità di attuazione delle espulsioni degli stranieri irregolari.
Non ci si può d’altra parte esimere dal sottolineare come la materia in argomento sia interessata da una significativa dimensione transnazionale.
Essa è, infatti, espressamente contemplata tra gli ambiti attribuiti alla competenza dell’Unione europea, a cui spetta la regolamentazione dei visti, del diritto di asilo e di libera circolazione delle persone.
Proprio i vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea hanno provocato delle incrinature nella coesione dell’impianto normativo italiano.
Giungiamo quindi alle questioni sollevate della Direttiva rimpatri, che non è stata recepita dallo Stato italiano entro il termine stabilito. Il menzionato atto prevedeva un meccanismo di allontanamento in radice diverso rispetto a quello che si dipana nella normativa interna.
Come noto, il Tui, agli artt. 13 e ss., contemplava, quale modalità ordinaria di esecuzione dell’espulsione, quella coattiva, mediante accompagnamento alla frontiera, e solo in via eccezionale l’allontanamento con intimazione scritta (art. 13, comma 4, ante riforma).
Tale meccanismo stride dunque con la ratio della direttiva che concepisce l’allontanamento eseguito in forma coercitiva un’eccezione rispetto al rimpatrio volontario che rappresenta la regola.
La Corte di giustizia europea, investita della questione, si è pronunciata, con la sentenza del 28.4.2011 (causa C–61 El Dridi), rilevando la contrarietà del reato di permanenza illegale (ex art 14, comma 5, ter Tui) alla direttiva rimpatri. L’istituzione di d

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01/02/2012