Antonella Fabiani, traduzione di Emanuela Francia
Io canto la pace
Artista versatile che ama sperimentare sempre nuove sonorità, la cantante israeliana Noa racconta il suo amore per l’Italia, la passione per i valori civili e il rapporto con la polizia
È sicuramente difficile trovarle un difetto. Bella e intelligente, la cantante israeliana Noa con la sua voce soave affascina il pubblico di tutto il mondo anche grazie a scelte musicali capaci di mescolare suggestioni mediorientali a sonorità jazz, rock o classiche. Ma Noa è anche una cantante che riesce a diffondere un messaggio di pace e solidarietà attraverso la sua musica. Nascere in una terra piena di tensioni, infatti, l’ha aiutata a maturare il desiderio di superamento dei conflitti e la ricerca di un’armonia tra culture diverse. Un esempio concreto di come la musica possa adempiere a un impegno civile contribuendo a superare tensioni, contrasti culturali e religiosi. È stata tra gli ospiti presenti sulla scena del Teatro comunale di Ferrara per la ricorrenza di San Michele Arcangelo dello scorso anno intrattenendo il pubblico con le sue canzoni. Una prima volta con la Polizia di Stato che l’artista ricorda come un’esperienza molto positiva. Nell’intervista che ci ha rilasciato parla della sua professione, delle esperienze che vorrebbe ancora fare, del suo amore per l’Italia e della memoria dell’Olocausto.
La Polizia di Stato svolge un’intensa attività di educazione alla legalità nelle scuole organizzando anche ogni anno un concerto in cui sono invitati personaggi popolari e molti studenti. Pensi che siano iniziative efficaci per veicolare i concetti di legalità?
Certamente l’educazione alla solidarietà, alla responsabilità e al civismo è fondamentale per qualsiasi società. Al di là di tutto, però, chi è genitore (ed io ho tre figli!) sa che non c’è nulla di più importante del dare l’esempio. Ogni governo dovrebbe capire che il comportamento dei suoi funzionari, forze dell’ordine incluse, sarà imitato dai cittadini e che quindi è necessario che a tutti coloro che ricoprono incarichi pubblici sia richiesto il più alto spessore etico. Sono certa che l’attività della Polizia di Stato è improntata ai più alti valori morali.
Il tuo percorso artistico testimonia la volontà di un incontro e confronto con la diversità come quello con la cantante arabo-palestinese Mira Awad. Oggi viviamo in piena crisi economica, in cui è molto alto il rischio che alcuni conflitti già esistenti si acuiscano per la lotta all’approvvigionamento delle risorse. Qual è il sentimento di fronte a questa situazione?
Non esiste nulla di accettabile che possa sostituirsi al dialogo. Laddove si smette di parlare comincia lo scontro. La crisi economica è un pericoloso catalizzatore di violenza ma credo che l’alternativa esista. La condivisione delle risorse e della ricchezza non è impossibile. La nostra missione è educare i nostri figli a essere meno avidi e più solidali… La compassione al posto del consumo: questo dovrebbe essere il nostro motto… non è impossibile.
Sei nata in un Paese che vive una ferita antica. Ciò ti ha aiutata ad elaborare un pensiero di pace?
La passione per la pace mi deriva dall’educazione che ho ricevuto in famiglia: ama tuo fratello come ami te stessa. Questo concetto è alla base della filosofia ebraica, ed è presente in tutte le religioni, in qualche forma; dobbiamo soltanto decidere di prenderne atto e metterlo in pratica. La guerra nel nome di Dio è il peggiore dei crimini: prendere un’idea bella, salvifica e ispiratrice per trasformarla, cinicamente, in un catalizzatore di violenza, pregiudizio e odio, in uno strumento di divisione e di manipolazione delle masse. Citando la canzone che ho scritto e cantato insieme a Mira Awad: “there must be another way!” (ci deve essere un altro modo).
Pensi che la musica e l’arte in generale, possano essere un valido strumento per rinnovare le coscienze verso un superamento dei conflitti religiosi, razziali?
Penso proprio di sì. La musica ha il potere di buttar giù i muri che ci separano e di farci ritrovare a un livello più alto, dove siamo semplicemente degli esseri umani che condividono le stesse speranze, le stesse paure e gli stessi sogni, che si impegnano per la vita e per l’amore.
Con l’ultimo cd, Noapolis, hai interpretato magistralmente alcune canzoni del repertorio popolare napoletano. Esempio di apertura oltre i confini dei generi musicali, delle culture tra i popoli e un dono per l’Italia. Come l’hai arricchita questa esperienza? Pensi di poter rifare un’esperienza simile con una cultura musicale popolare di un altro Paese?
Sono innamorata dell’Italia: non si tratta solo di un rapporto professionale, non è semplicemente uno dei Paesi in cui tengo i miei concerti. È la mia seconda casa e la mia passione. C’è qualcosa di speciale tra me e il vostro Paese, qualcosa che non so spiegare e ringrazio il popolo italiano per gli infiniti momenti di gioia, amore e bellezza che mi avete dato.
A Napoli, e in tutto il Sud, sento una profonda sintonia culturale che va oltre… tra i napoletani e gli ebrei ci sono affinità che mi affascinano: le tante conquiste che hanno arricchito la lingua e la cultura nonostante abbiano comportato distruzione e tragedia, i migranti che hanno lasciato le loro case alla ricerca di un futuro migliore per i loro figli, il senso dell’umorismo che poggia sulla sofferenza, il romanticismo privo di sentimentalismo, l’amore per la vita e il forte senso di sopravvivenza. Tutte cose, queste, che uniscono profondamente le nostre culture. Sono una cantautrice ed è normale che mi immerga nello scrivere canzoni con originalità e creatività. Con Noapolis mi sono dedicata per la prima volta ad un progetto di musica folk che testimonia il mio grande amore per l’Italia.
Hai collaborato con grandi artisti internazionali dimostrando grande ecletticità e passando dalla musica colta fino ai classici del jazz. Hai scritto anche temi per film famosi come Giovanna D’Arco di Luc Besson e La vita è bella di Roberto Benigni. Qual è l’aspetto che più ti piace del tuo lavoro? C’è un’esperienza artistica che vorresti fare e ancora non hai fatto?
L’aspetto che preferisco del mio lavoro è l’immediatezza, l’entusiasmo, la spontaneità e l’energia che provo quando sono sul palco. Adoro interagire con i musicisti e con il pubblico in tempo reale, il modo in cui la musica è influenzata dagli stati d’animo, dai venti dell’emozione e dalla ricerca della perfezione. Sul palco mi sento un uccello libero, selvaggio e felice. Mi piace anche il processo creativo dello scrivere canzoni, anche se a volte può essere dilaniante… Sono molte le cose che devo ancora fare. Mi piacerebbe avere una particina in un film, magari di Benigni, Almodovar o Allen. E sogno di poter un giorno cantare con Leonard Cohen, il mio idolo…
Oggi la maggior parte della comunicazione sociale passa attraverso Internet, cosa pensi di questo strumento tecnologico? Sei una cantante famosa. Hai un profilo su Facebook e se sì lo segui personalmente?
I media digitali e i socialnetwork hanno cambiato il mondo. Hanno messo il potere della comunicazione direttamente nelle mani della gente, eliminando la presenza di mediatori guidati da interessi specifici. Questo può dare origine a molti problemi ma è anche fonte di grande speranza per il futuro dell’umanità. Ho una pagina Facebook che curo personalmente, con l’aiuto di qualche buon amico.
Hai ricevuto numerosi premi. Ce n’è uno di cui ti senti particolarmente orgogliosa?
Non indugio sui premi che ricevo, la vita è troppo breve e c’è tanto lavoro da fare ma sono particolarmente orgogliosa di essere Cavaliere della Repubblica italiana.
Il 27 gennaio è stato il dodicesimo anno dedicato alla memoria in ricordo delle vittime dell’Olocausto e di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati. Un giorno ricco di iniziative nelle scuole, nei musei, nei centri culturali e un’occasione di approfondimento della cultura ebraica. Quanto pensi sia importante tramandare la memoria di questa tragedia alle generazioni future? Come lo hai trascorso?
In Israele abbiamo un giorno diverso per ricordare l’Olocausto. Come di consuetudine, ho partecipato con le mie canzoni a varie cerimonie organizzate in tutto il Paese. E poi ho dedicato del tempo ai miei figli: mi piace sedere con loro e parllare di quello che è successo. Ricordare è molto importante, ma non dobbiamo permettere al trauma della guerra di intrappolarci in uno stato perpetuo di odio e paranoia. Il passato deve cedere il passo a un futuro di pace! Questo è il miglior tributo che possiamo offrire a chi ha pagato con la vita, alle vittime della crudeltà umana: la solidarietà tra gli uomini è quello che ci guiderà verso un futuro migliore per i loro discendenti e per tutto il genere umano.
Pensi che sia ancora molto diffuso il sentimento antisemita?
Credo di sì, ma a differenza di tanti miei fratelli ebrei, credo che il migliore antidoto all’antisemitismo sia l’esercizio dei valori umani più elevati, l’esempio personale del più alto livello di umanità, la compassione, il coraggio e la mente aperta, secondo me, questo è possibile soltanto impegnandosi instancabilmente per la pace.