Giancarlo De Leo e Simonetta Zanzottera

Sapore neoclassico

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Destinato ad ospitare la questura dalla metà del Novecento, Palazzo Camerini-Scola rivela tutta la sua bellezza nel riprendere linee classiche e scene mitologiche

Inserito in un impianto urbano puramente rinascimentale, l’edificio della questura di Ferrara si caratterizza rispetto al contesto circostante per i suoi elementi architettonici fortemente neoclassici.
Situato sul corso Ercole I d’Este (in origine “via degli Angeli”), uno degli assi principali dell’addizione Erculea, il manufatto originale fu edificato nell’ultimo decennio del XIV secolo; risulta dapprima proprietà dei Machiavelli, è annoverato in seguito tra le proprietà di Alfonso I d’Este, poi di numerose altre famiglie ferraresi ed è infine ceduto, come attestato da rogito notarile del 28 settembre 1829, a tale Silvestro Camerini. Il nuovo proprietario “principiò a rifabbricarlo di nuovo d’un tenero marmo con architettura e disegno di Giovanni Tosi ferrarese”1; l’architettura realizzata dal Tosi è quella che caratterizza l’aspetto odierno del palazzo, la cui facciata, rigidamente simmetrica, severa e impostata secondo linee rigorosamente geometriche, segue perfettamente la sintassi e i canoni neoclassici. Se il disegno architettonico “tradisce” l’inserimento successivo del palazzo nell’impianto originario, questo non avviene per la volumetria; la superficie che definisce il prospetto è infatti articolata in un corpo centrale, soltanto leggermente aggettante e più alto rispetto alle due ali laterali, ciò crea una sorta di staticità bidimensionale della facciata che riesce a mantenere, anche nel rifacimento del Tosi, la funzione di “quinta” scenografica pensata dal Rossetti nel suo progetto urbanistico.
La facciata è suddivisa orizzontalmente in tre piani. Il piano terra, che funge anche da basamento, è scandito dall’ampio portale d’accesso, posto al centro, affiancato, nel corpo centrale, in maniera simmetrica da cinque finestre rettangolari per lato, sormontate da centine; nelle ali laterali si aprono gli accessi carrai. Il tutto è rivestito da bugne piatte, disposte secondo le linee architettoniche. Il piano nobile, sottolineato da un leggero marcapiano, presenta nella parte centrale dell’avancorpo sei lesene, coronate da capitelli ionici, che delimitano cinque specchiature, al cui interno si aprono cinque finestre con timpano, tre finestre di stessa forma e dimensione si aprono ai lati del corpo centrale; tre finestre con semplici cornici danno invece luce alle due ali laterali, coronate da balaustre. Il piano attico, messo in risalto dal cornicione, riprende in maniera molto semplificata le linee architettoniche del piano sottostante ma il timpano che fa da coronamento diventa elemento caratterizzante l’architettura dando uno slancio verticale alla facciata.
Nel 1830 terminano le decorazioni del prospetto, opera di Marco Casagrande, scultore veneto, che si serve di marmi e lastre di pietra provenienti dai Colli Euganei per ornare il timpano del palazzo con un imponente gruppo scultoreo “La Fortuna propizia l’Idraulica e realizza l’Abbondanza”, omaggio ed esaltazione del proprietario, Silvestro Camerini, arricchitosi grazie ai lavori idraulici che si andavano compiendo nel ferrarese per il recupero di terre all’agricoltura mediante la costruzione di canali e il rafforzamento degli argini dei principali corsi d’acqua.
Entrati nell’edificio ci si trova in un ampio vestibolo dal sapore tipicamente neoclassico, delimitato da colonne greco-doriche scanalate e coperto da una volta caratterizzata da fasce cassettonate, che richiama immediatamente alla memoria la copertura del Pantheon. Da qui

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01/02/2012