Anacleto Flori

La crisi ha l’oro in bocca

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La stretta finanziaria spinge le persone a cercare nuove risorse economiche. Ma occhio a chi promette facili fonti di guadagno, come i Compro oro

Tanti, vistosi e ammiccanti, ma soprattutto gialli come quel metallo prezioso che promettono di ricomprare a prezzi vantaggiosissimi. Sono i manifesti e i cartelli dei cosiddetti “Compro oro” che nel corso degli ultimi mesi hanno letteralmente tappezzato i muri e le strade delle nostre città. Nel momento in cui la crisi economica morde con ferocia le certezze e i risparmi delle persone, la capillare presenza all’interno dei quartieri cittadini di questi esercizi commerciali diventa un canto delle sirene irresistibile per chi ha bisogno di soldi, pochi, forse sporchi, sicuramente cash. E così, sul freddo piatto delle bilance di precisione finisce di tutto: orologi, spille, catenine, braccialetti, orecchini e anelli. Dei gioielli di famiglia non si salva nulla, neppure le medagliette dei santi protettori e le fedi nuziali. Ma la crisi da sola non basta a spiegare il boom dei Compro oro (se ne contano 28mila in tutta Italia). Un ruolo fondamentale giocano i grandi margini di guadagno (un grammo d’oro usato viene acquistato al dettaglio a 23-26 euro e poi rivenduto a 28-29 euro alle fonderie), ma soprattutto la facilità con cui è possibile aprire nuovi esercizi. Infatti secondo la “Nuova disciplina del mercato dell’oro” (legge 17 gennaio 2000 n.7) gli unici requisiti necessari per il rilascio della licenza “per commercio in oggetti preziosi” da parte delle questure sono: la maggiore età, l’apertura di una partita iva, che il negozio sia in un luogo visibile e ben riconoscibile e una fedina penale immacolata. Di contro, sono soltanto due le prescrizioni da rispettare: lasciare la merce acquistata a disposizione di eventuali controlli per 10 giorni e tenere un registro di “carico e scarico” (su cui annotare i dati del documento del cliente, la descrizione degli oggetti e la data e l’importo dell’acquisto). E senza neppure l’obbligo di rilasciare una ricevuta fiscale. Il massimo della liberalizzazione, verrebbe da dire oggi, in grado, per la prima volta, di mettere d’accordo tutti: clienti ed esercenti. Ma la prospettiva di fare “soldi facili” porta inevitabilmente con sé il rischio che dietro le

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01/02/2012