a cura di Marzio Barbagli e Asher Colombo

La bussola normativa della sicurezza

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Uno sguardo d’insieme alle ultime modifiche legislative. (estratto dal Rapporto Criminalità Italia 2010)

Recenti modifiche legislative in ambito penale
Il panorama delle riforme che hanno investito la materia penale negli anni recenti si presenta consistente nelle dimensioni quantitative e variegato rispetto alla tipologia e alle connotazioni dei provvedimenti. Il legislatore, negli ultimi anni, non ha, infatti, lesinato interventi sia nel settore penale, apportando modifiche rilevanti non solo alla disciplina sostanziale e a quella processuale prevista nei codici, ma anche, se non soprattutto, alla legislazione penale cd. speciale, sia nel settore amministrativo para-penale (con incursioni in settori che lambiscono il diritto penale, come la responsabilità da reato delle persone giuridiche ex dlgs 231 del 2001). Tra i molteplici testi normativi, che compiutamente saranno oggetto di analisi nel testo, appare doveroso segnalare in premessa la centralità rivestita da un duplice intervento legislativo che, sulla scorta della terminologia maturata ormai da un decennio, si suole definire come “pacchetti sicurezza”. Con tale espressione si fa riferimento ad articolati testi normativi attraverso i quali il legislatore interviene sulla disciplina legislativa corrente, al fine dichiarato di rafforzare la sicurezza dei cittadini, attraverso la predisposizione di nuovi strumenti sanzionatori o il rafforzamento dell’arsenale classico di risposta alle forme diffuse di illegalità, innovando così, anche sensibilmente, vasti e variegati settori disciplinari. Sia nel 2008 (con il dl 23 maggio 2008, n.92 convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125), che nel 2009 (con la legge 15 luglio 2009, n. 94) il legislatore è intervenuto in materia penale attraverso i c.d. “pacchetti sicurezza”. Gran parte dei settori di cui si analizzeranno le modifiche normative sono stati interessati dai due citati interventi legislativi: la disciplina penale sanzionatoria in materia d’immigrazione, sicurezza stradale, sicurezza urbana, esecuzione penitenziaria, nonché le norme poste a tutela delle vittime deboli, rappresentano terreni normativi ampiamente e profondamente incisi dai “pacchetti sicurezza”. Lambita anche la disciplina in materia di stupefacenti e sicurezza negli stadi, le cui innovazioni più rilevanti vanno, tuttavia, ricercate rispettivamente nel dl 30 dicembre 2005, n. 272 (convertito con modifiche dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49) e nel dl 8 febbraio 2007, n. 8 (convertito con modifiche dalla legge 4 aprile 2007, n. 41). La ricognizione che seguirà, necessariamente limitata rispetto all’arco di tempo preso in esame – gli ultimi cinque anni – e al novero degli interventi riformatori – oggetto di selezione in base alla rilevanza delle modifiche – si propone di offrire al lettore uno strumento di supporto all’analisi dei fenomeni oggetto di indagine nel presente rapporto: supporto costituito dalla descrizione del contenuto delle disposizioni e dall’inscrizione delle stesse nel contesto d’origine, con particolare riferimento al tenore delle modifiche intervenute e alla loro incidenza sull’ordinamento.

1. DISPOSIZIONI IN TEMA DI IMMIGRAZIONE
La complessa disciplina dei fenomeni connessi all’immigrazione – ormai da qualche anno al centro del dibattito politico-culturale del nostro Paese – si configura, sul piano legislativo, come prodotto relativamente recente. Solo negli ultimi venti anni – prima con la legge 28 febbraio 1990, n. 39 (cd. legge Martelli) poi con la legge 6 marzo 1998, n. 40 (cd. legge Turco- Napolitano) – si è assistito all’organica disciplina legislativa di un fenomeno, come quello dell’immigrazione, in precedenza sempre regolato attraverso interventi di dettaglio e di natura emergenziale. Sulla base della previsione di cui all’art. 47 della legge 40/98 è stato emanato, con il dlgs. 25 luglio 1998, n. 286, il “testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, che costituisce a oggi la cornice di riferimento sulla quale ha operato, con modifiche talvolta radicali, il legislatore successivo. Negli ultimi anni, infatti, si è registrato un progressivo rafforzamento delle politiche di contrasto all’immigrazione clandestina, realizzato attraverso l’inasprimento dell’apparato repressivo nei confronti dello straniero che risieda nel nostro Paese senza un valido titolo di soggiorno, sulla base di una dichiarata relazione tra l’immigrazione irregolare e la crescente sensazione di insicurezza dei cittadini, che il legislatore si è prefisso di limitare. Siffatto percorso – realizzato per via normativa – ha preso le mosse dalla nota legge cd. Bossi-Fini (legge 30 luglio 2002, n. 189), si è consolidato con l’intervento legislativo del 2004 (legge 12 novembre 2004, n. 189) e ha conosciuto compiuta realizzazione nell’ultimo biennio, attraverso l’articolato sistema di modifiche introdotte dai cd. pacchetti sicurezza del 2008 (l. 125 del 2008) e del 2009 (l. 94 del 2009)

Modifiche del pacchetto sicurezza 2008
Il cd. pacchetto sicurezza 2008 (dl 92 del 2008 conv. in l. n. 125 del 2008) è intervenuto sul versante dell’immigrazione irregolare apportando modifiche sia al codice penale che al predetto testo unico (dlgs 286 del 1998). Sul versante del codice penale, va registrata la nota introduzione della circostanza aggravante della clandestinità: in forza del novello comma 11-bis dell’art. 61 cp, la pena è aumentata fino a un terzo se il reato è commesso da chi si trovi illegalmente sul territorio nazionale (art. 1 comma 1 lett. f) dl 23 maggio 2008, n. 92, così come modificato dalla legge di conversione del 24 luglio 2008, n. 125). La circostanza aggravante si applica allo straniero extracomunitario che sia entrato clandestinamente o si sia intrattenuto violando l’ordine di espulsione nel territorio dello Stato, mentre non opera nei confronti del cittadino comunitario (che abbia superato il termine di durata del suo soggiorno ovvero abbia trasgredito all’ordine di allontanamento adottato nei suoi confronti; assunto, quest’ultimo, ormai certo in seguito all’interpretazione autentica operata dall’art. 1 comma 1 della legge 94 del 2009). Lo status di irregolare sul territorio nazionale del cittadino extracomunitario, pertanto, è stato apprezzato dal legislatore come dimostrativo di una più intensa volontà di ribellione all’ordinamento da parte del soggetto. Sotto il profilo degli effetti della novella in esame, va rilevato come al di là dell’aumento sanzionatorio diretto (fino a un terzo) sia collegato all’applicazione dell’aggravante un ulteriore inasprimento della sanzione per via riflessa: nel caso in cui la circostanza venga accertata in sentenza, infatti, è inapplicabile la sospensione dell’esecuzione della pena, alla luce dell’art. 656 comma 9 lett. a) cpp, così come modificato dall’art. 2 comma 1 lett. m) l. 125 del 2008. Con il cd. pacchetto sicurezza 2008, il legislatore ha, inoltre, modificato la disciplina della misura di sicurezza dell’espulsione o allontanamento dal territorio dello Stato dello straniero che commetta un reato, modificandone l’ambito di operatività soggettivo e oggettivo (artt. 235 e 312 cp).
Sul versante dei soggetti destinatari, la misura di sicurezza dell’espulsione viene prevista non solo per lo straniero non comunitario, ma anche per il cittadino appartenente a uno Stato membro dell’Unione europea, per il quale il provvedimento viene denominato “allontanamento”. Sotto il profilo oggettivo, il legislatore ha notevolmente diminuito la soglia di pena per cui potrà ordinarsi l’espulsione come misura di sicurezza: da 10 a 2 anni. Si tratta di modifiche la cui effettiva incidenza va diversamente misurata in relazione alle categorie attinte dalla stessa. Perciò che concerne gli stranieri, l’art. 15 del dlgs 286 del 1998 (così come modificato dalla legge n. 189 del 2002) già prevedeva che il giudice potesse applicare la misura di sicurezza dell’espulsione per i reati previsti dagli artt. 380 e 381 cpp (tra i quali rientrano tutti quelli puniti con pena della reclusione superiore nel massimo a 3 anni), quale che fosse la pena concretamente inflitta. Il più consistente abbassamento della soglia di gravità dei reati cui può accedere la misura era, quindi, già stato realizzato in precedenza, e l’ultimo intervento normativo si limita a ribadire la stretta sanzionatoria stabilita con la riforma del 2002. Per quanto attiene ai cittadini comunitari, cui non sono applicabili le disposizioni del dlgs 286 del 1998, al contrario, la modifica ha ampliato in maniera significativa l’ambito di applicabilità della misura, posto che il limite di pena per la sua applicazione è stato abbassato da 10 a 2 anni. Il legislatore del 2008 ha previsto anche l’introduzione di due nuove figure di reato, che puniscono la trasgressione dell’ordine di espulsione o di allontanamento pronunciato dal giudice ai sensi degli artt. 235 e 312 cp con la reclusione da uno a quattro anni. Anche in questo caso, la portata delle prescrizioni va misurata in modo diverso per i cittadini stranieri extracomunitari e i cittadini stranieri comunitari. Il valore innovativo della riforma è praticamente nullo rispetto ai cittadini stranieri extracomunitari, per i quali già prima della legge 125 del 2008 operavano, nelle ipotesi richiamate, sanzioni equivalenti: nello specifico si applicavano gli artt. 14 comma 5-ter (qualora lo straniero, nell’ipotesi di espulsione mediante intimazione, si fosse trattenuto senza giustificato motivo nel territorio italiano) o l’art. 13 comma 13-bis dlgs 286 del 1998 (qualora, espulso in forma coatta su provvedimento del giudice, fosse ritornato in Italia violando il divieto di reingresso). Decisamente diverso l’impatto rispetto allo straniero comunitario, al quale in caso di inosservanza del provvedimento di espulsione si applicavano, prima della riforma, le disposizioni – decisamente più blande a livello sanzionatorio – di cui all’art. 20 comma 12 dlgs n. 30 del 2007, come modificato dal dlgs 28.2.2008 n. 32. Sempre sul versante del codice penale, il legislatore ha modificato la norma relativa al reato di associazione per delinquere, estendendo l’ipotesi aggravata di associazione per delinquere di cui all’art. 416 comma 6 cp al reato di sfruttamento e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e prevedendo, pertanto, nell’ipotesi di associazione finalizzata alla commissione di tali reati (art. 12 comma 3-bis T.U. imm.), una pena della reclusione da 5 a 15 anni per i promotori, da 4 a 9 anni per i semplici “partecipi”. Interventi significativi sono stati apportati, come anticipato, al testo unico in materia di immigrazione (dlgs 286 del 1998). È stata introdotta un nuova ipotesi di reato a carico di chi ceda un immobile a uno straniero irregolare al fine di trarne un ingiusto profitto (art. 5 della legge 125 del 2008 che ha introdotto all’art. 12 T.U. imm. il comma 5-bis). Il testo finale della norma introdotta – notevolmente diverso rispetto a quello del decreto legge n. 92 – disegna una fattispecie indirettamente a tutela del clandestino al quale si garantisce di avere accesso al mercato immobiliare in maniera più tutelata rispetto al cittadino o allo straniero regolare. Costituisce infatti reato esclusivamente affittare o vendere un immobile a uno straniero irregolare al di fuori delle normali condizioni di mercato: solo in questa ipotesi può infatti reputarsi sussistente la finalità di ingiusto profitto richiesta dalla norma nella sua configurazione finale. Ben diverso era lo spirito che aveva animato il legislatore del decreto n. 92: impedire al clandestino l’accesso all’alloggio attraverso la punizione di chi a titolo oneroso glielo forniva. Obiettivo venuto meno in seguito alla trasformazione della tipologia di dolo necessario all’integrazione del reato in questione: dal dolo generico del decreto si è passati a un dolo specifico nella legge di conversione (“al fine di trarre un ingiusto profitto”). Alla luce delle modifiche apportate in sede di conversione, le conseguenze del nuovo reato sul fenomeno dell’immigrazione irregolare sono assai limitate. Risultano punibili, infatti, solo quelle condotte di cessione di immobili a prezzi esorbitanti che prima dell’entrata in vigore della nuova norma già rientravano all’interno della fattispecie di cui all’art. 12 comma 5 dlgs n. 286 del 1998. L’area della rilevanza penale non risulta modificata, posto che come prima non costituisce reato dare alloggio al clandestino a condizioni di mercato, mentre l’illecito si configura quando il reo tragga ingiusto profitto dalla debolezza contrattuale dello straniero irregolare; da un punto di vista sanzionatorio, invece, l’applicabilità del comma 5-bis (introdotto dalla novella del 2008) rispetto al preesistente comma 5 comporta conseguenze in parte favorevoli (abbassamento del massimo edittale; eliminazione della pena pecuniaria) in parte sfavorevoli per il reo (aumento della pena detentiva minima). Va rilevata, inoltre, la predisposizione di una speciale ipotesi di confisca obbligatoria dell’immobile. Il legislatore del 2008 ha introdotto, inoltre, una nuova circostanza aggravante a effetto speciale del reato di favoreggiamento della permanenza in Italia del clandestino: la pena prevista per il reato base (reclusione fino a 4 anni e multa fino a 15.493 euro) è aumentata da un terzo alla metà quando il fatto è commesso da due o più persone (e quindi in ogni ipotesi di concorso) ovvero quando riguarda la permanenza di cinque o più persone: indicatori – questi – della natura professionale dell’attività di favoreggiamento. Con il pacchetto sicurezza 2008, è stata modificata anche la disciplina in materia di assunzione dei lavoratori stranieri clandestini: il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno commette oggi non più una contravvenzione (punita con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno e con l’ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato) ma un delitto, punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore (art. 22 e 12 dlgs 286 del 1998). Da rilevare anche alcune modifiche procedimentali: l’art, 5 comma 1-bis della legge 125 del 2008, modificando l’art. 13 comma 3 dlgs 286 del 1998, ha ridotto da 15 a 7 giorni il termine entro il quale l’autorità giudiziaria ha la possibilità di negare il nulla osta all’espulsione, qualora lo straniero sia sottoposto a procedimento penale.

Modifiche del pacchetto sicurezza 2009
L’intervento legislativo più noto e più discusso sul versante dell’immigrazione irregolare si deve tuttavia alla legge 94 del 2009, che ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di ingresso o permanenza irregolare nel territorio dello Stato (cd. reato di clandestinità): l’art. 1 comma 16 della legge ha, infatti, inserito nel testo unico in materia d’immigrazione (dlgs 286 del 1998) un nuovo art. 10-bis in forza del quale l’ingresso ovvero la permanenza nel territorio dello Stato dello straniero in violazione delle disposizioni amministrative che ne regolano appunto l’accesso e il soggiorno configura una contravvenzione punita con la pena dell’ammenda da 5.000 a 10.000 euro o con la pena sostitutiva dell’espulsione. Il percorso legislativo di progressiva “penalizzazione” della condizione di irregolarità dello straniero può, ritenersi, pertanto, giunto al seguente approdo: con la punizione della mera irregolarità dell’ingresso e della permanenza, prima e indipendentemente dall’emanazione di un atto amministrativo di espulsione, si sanziona penalmente la sola condizione di clandestino. L’impatto pratico del nuovo reato, sotto il profilo dell’efficacia delle operazioni di espulsione, va misurato alle luce della ricognizione della precedente disciplina. Già prima della introduzione del reato di cui all’art. 10-bis dlgs 286 del 1998 l’ingresso e la permanenza illecita nel territorio dello Stato integrava il presupposto per l’emanazione da parte del prefetto di un provvedimento amministrativo di espulsione, da eseguire con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (art. 13 comma 2 e comma 4 dlgs 286 del 1998) e legittimava il trattenimento dello straniero nel Cpt (Centro di permanenza temporanea) quando non fosse possibile eseguire con immediatezza l’espulsione (art. 14 comma 1 dlgs 286 del 1998). Con l’introduzione della nuova fattispecie di reato lo straniero è sottoposto a un procedimento penale davanti al giudice di pace che si concluderà, in caso di condanna, con l’inflizione di una sanzione pecuniaria, non oblazionabile, o con l’applicazione della sanzione sostitutiva dell’espulsione (art. 16 comma 1 dlgs 286 del 1998). In entrambi i casi, verosimilmente, l’immigrato irregolare è destinato a essere trattenuto presso il Cie (Centro di identificazione ed espulsione, ex Cpt). Nel primo caso, in attesa dell’esecuzione del provvedimento amministrativo di espulsione, nel secondo caso, in attesa dell’accompagnamento alla frontiera in seguito al provvedimento penale di espulsione. Sotto il profilo dell’effettività del provvedimento di espulsione, pertanto, i dati empirici vanno letti con la consapevolezza della tendenziale omogeneità e continuità delle conseguenze della disciplina normativa: oggi, come ieri, l’immigrato entrato illegalmente nel territorio dello Stato va incontro a un provvedimento di espulsione, in attesa della cui esecuzione può essere rinchiuso in un Cie. L’innovazione legislativa opera, pertanto, sul versante della natura del provvedimento di espulsione, prima amministrativa, ora penale, mentre rimane inalterata la platea dei destinatari del provvedimento (la norma che disciplina la sostituzione della pena pecuniaria per il reato di immigrazione clandestina fa espresso riferimento ai casi in cui l’espulsione sarebbe comunque da disporre in via amministrativa). L’obiettivo legislativo di rafforzare l’efficacia del provvedimento di espulsione ha ispirato anche l’ulteriore previsione dell’allontanamento diretto dello straniero dal territorio, se condannato per il reato di immigrazione clandestina, anche se sottoposto ad altro procedimento penale, senza bisogno del nulla osta dell’autorità procedente (in precedenza, invece, l’art. 13 comma 3 dlgs 286/98 subordinava l’espulsione a un nulla osta dell’autorità).
Il nuovo reato di immigrazione clandestina si applica esclusivamente al cittadino straniero extracomunitario (la norma riferisce, infatti, l’illegalità del soggiorno alla violazione di norme non applicabili ai cittadini comunitari) e solo nelle ipotesi di primo ingresso illecito nel nostro Paese o di permanenza illegale prima che sia emanato un provvedimento di espulsione: in caso di reingresso illecito o di permanenza dopo l’emissione di un provvedimento espulsivo operano, infatti, le più severe disposizioni già presenti nel testo unico – dlgs 286/1998 – e, in particolare, l’art. 13 comma 13 e 13-bis (violazione del divieto di reingresso punita con la reclusione da uno a quattro anni) e l’art. 14 comma 5-ter (delitto di inottemperanza all’ordine di espulsione). Come espressamente indicato dal legislatore il reato di immigrazione clandestina non si applica allo straniero destinatario del provvedimento di respingimento di cui all’art. 10 comma 1 dlgs n. 286 del 1998, ovvero allo straniero respinto immediatamente ai valichi di frontiera, mentre la fattispecie opera nei casi di respingimento ex art. 10 comma 2, e cioè quando lo straniero è respinto subito dopo aver fatto ingresso in Italia. Il legislatore, ha, inoltre, previsto, così ottemperando ai relativi principi di diritto internazionale consuetudinario, una causa di sospensione del processo applicabile quando lo straniero abbia presentato domanda di protezione internazionale; domanda che, se accolta, condurrà alla pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere. L’ambito di operatività e la resa del nuovo reato, sotto il profilo del numero di sentenze di condanna, andranno valutate, inoltre, alla stregua delle risposte che la giurisprudenza darà ad alcune delicate questioni tecniche in relazione all’applicabilità della norma anche agli stranieri già dimoranti illegalmente in Italia prima della entrata in vigore della norma, all’applicabilità della stessa agli irregolari con permesso di soggiorno scaduto da meno di sessanta giorni, alla rilevanza ai fini della configurazione del reato della possibilità per lo straniero di conoscere preventivamente il carattere penale della condotta di ingresso illegale. Sullo sfondo dell’introduzione del cd. reato di immigrazione clandestina si collocano una serie di modifiche operate dal pacchetto sicurezza 2009 sul testo unico in materia di immigrazione. È stato introdotto il nuovo reato di utilizzo di documenti utili per il rilascio di permessi di soggiorno, attraverso il quale si estende l’area della punibilità della fattispecie di cui all’art. 5 comma 8-bis, che già sanzionava con la pena della reclusione da 1 a 6 anni le condotte di contraffazione o alterazione di documenti utili per il medesimo fine. Oggi, con la medesima pena è punito, quindi, anche colui che utilizza uno di tali documenti.
È stata inasprita la sanzione detentiva nell’ipotesi di mancata esibizione del documento identificativo da parte dello straniero (art

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01/01/2012