a cura di Maurizio Santoloci* e Carla Campanaro**
Reati bestiali
La polizia giudiziaria per i reati a danno degli animali
Una competenza trasversale di tutta la polizia giudiziaria
Va precisato che i reati a danno degli animali sono, al pari di tutti gli altri reati inerenti ogni altro settore, di competenza generica di tutta la polizia giudiziaria. Non esiste, quindi, alcuna competenza selettiva specifica che determini una esclusività operativa di un organo di pg verso questi reati o addirittura verso alcuni di questi reati.
La riserva è inesistente a livello attivo e passivo; in altre parole, nessun organo di pg può essere considerato competente in via esclusiva per alcuni reati ambientali (con esclusione di altri organi) né, al contrario, nessun organo di polizia può ritenersi esonerato parzialmente o totalmente dalla competenza verso questi reati (con rinvio ad altri organi).
Indubbiamente esiste una specializzazione di fatto che fa sì che alcuni organi siano istituzionalmente preposti e preparati in particolare verso determinate tipologie di illeciti, ma questo non esime gli stessi organi dalla competenza verso gli altri reati e in particolare, per quanto attiene al settore in esame, non li esime dal potere-dovere di intervento verso illeciti di diversa tipologia nel campo della tutela giuridica degli animali.
Va peraltro precisato che anche le previsioni normative di principio che, a livello di leggi e/o regolamenti, prevedono che alcune attività di vigilanza o di investigazione vengono svolte da alcuni organi di polizia specificamente indicati, devono essere considerate espressioni di principi politici generali perché non esonerano, e non potrebbero esonerare, altre forze di polizia a operare in quel settore (specialmente in seguito alla realizzazione di un reato).
Dunque anche queste espressioni previsionali, a nostro avviso inopportune e fuorvianti (perché creano dubbi, pretesi esoneri e pretese monocompetenze), non costituiscono deroga al principio-base secondo il quale tutta la pg è sempre e comunque competente per tutti i reati ambientali, ovunque commessi. Trattasi, infatti, di rafforzamenti a livello politico-istituzionale del ruolo di organi di polizia specifici su certi temi e settori che tendono a proporre il ruolo preminente e per certi versi significativamente visibile degli stessi organi in quel determinato settore anche come punto di riferimento primario per le altre istituzioni e per i cittadini. Ma nulla di più.
Per cui va ribadito il concetto che tutti gli organi di pg, su iniziativa e su segnalazione, devono comunque sempre intervenire in ordine a un reato a danno degli animali. E non possono rifiutare il loro operato (sotto pena di integrazione del reato di omissione di atti di ufficio ex art. 328 cp) qualora un privato o un’associazione si rivolga a loro sostenendo, e ciò è frequente, che non è di loro competenza ma che bisogna rivolgersi a un organo specializzato.
Il fondamento di quanto asserito lo troviamo nell’art. 55 cpp il quale specificando che «la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova (…)» non distingue poi affatto competenze selettive per genere di reati, ma crea un connubio generale polizia giudiziaria (generica) – reati (generici). Né tantomeno, paradossalmente, vi è scritto che (tutta) la polizia giudiziaria deve prendere notizia dei reati ecc. con un inciso di esclusione dei reati a danno degli animali che dovrebbero considerarsi di competenza di una sola parte limitata della polizia giudiziaria. Né sussiste la possibilità che leggi speciali in questo campo possano demandare a organi di pg specifici la competenza su alcuni territori e/o su alcuni reati con esclusione della competenza per gli altri organi. Si tratterebbe di una deroga (non ipotizzabile) ai principi generali del codice di procedura penale.
Proprio in forza dei principi fin qui esposti, ad esempio, anche il D.M. 23 marzo 2007, con il quale Corpo Forestale dello Stato e Polizie Municipali e Provinciali sono chiamati ad assumere un ruolo prioritario nell’azione giuridica a tutela degli animali, se rafforza e rende giustamente e correttamente prioritaria la funzione di tali forze di polizia nel settore, non sortisce certo l’effetto (come tutti gli altri decreti ministeriali simili in campi diversi) di concedere solo agli organi citati nel decreto medesimo la competenza esclusiva per i reati di settore esonerando gli altri organi di polizia dalla medesima competenza.
In realtà, tali decreti individuano – con un fine logico – un riparto di competenze prioritarie a livello istituzionale e di principio (che potremmo definire “politico”) alcuni organi di pg con funzioni di priorità operativa su una determinata legge, senza tuttavia escludere dalla competenza generale di base gli altri organi di pg non citati.
Per essere più chiari e in altre parole, se oggi nel decreto del ministro dell’Interno il Corpo Forestale dello Stato e le Polizie Municipali e Polizie Provinciali sono – come è logico e giusto che sia – organi di riferimento primario per l’applicazione della legge a tutela degli animali, ciò non esime tutti gli altri organi di pg (Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Guardia Costiera, Guardiaparco, e altri statali o locali) dal dovere positivo di intervento in caso di reati a danno degli animali. E il rifiuto per presunta “incompetenza” sarebbe una grave omissione di atti di ufficio.
Reati a danno degli animali: aspetti procedurali
Abbiamo già rilevato che l’attività della polizia giudiziaria è caratterizzata da un aspetto fondamentalmente repressivo, al contrario della finalità preventiva che è tipica della polizia amministrativa. Ed è proprio laddove l’impegno preventivo della polizia amministrativa non è riuscito a impedire il verificarsi di un reato che interviene la polizia giudiziaria, appunto per reprimere il reato stesso e comunque per assicurare alla giustizia i responsabili.
Il cpp tratta della polizia giudiziaria (di seguito pg) in due diverse parti: nel libro primo, titolo terzo, dedicato ai soggetti (artt. 55-59) e nel libro quinto, titolo quarto, con riferimento all’attività della polizia giudiziaria nella fase delle indagini preliminari (artt. 347-357).
La pg in tale contesto, opera secondo il disposto di cui all’art. 55 cpp in una serie di articolate finalità. Vediamole insieme:
1) Prendere notizia dei reati. È il presupposto per avviare ogni attività. La pg ha il potere-dovere di informarsi sui reati già commessi o in atto. Tale informazione può giungere da una fonte esterna (denuncia o querela di un privato, referto medico, segnalazione di un pubblico ufficiale ecc.), ma punto importante è che la pg può, e anzi deve, ricercare tali informazioni anche di propria iniziativa in via del tutto autonoma e indipendentemente dalla volontà delle eventuali parti lese o soggetti in qualche modo interessati in via diretta o mediata. L’acquisizione della notitia criminis fa sorgere l’obbligo in capo alla pg di riferirla, senza ritardo e per iscritto, al pubblico ministero (art. 347 cpp). Dunque – per citare un esempio concreto – ove un organo di pg noti durante il servizio ordinario un reato in atto a danno di un animale, deve (sottolineiamo “deve” per dovere di ufficio) intervenire direttamente e di iniziativa per reprimere tale reato e denunciare i responsabili; ove, invece, un reato sempre a danno di animali viene denunciato a un organo di pg con qualunque mezzo (di persona in via orale o scritta, per telefono o altro), tale organo analogamente deve intervenire con le medesime finalità sopra citate.
2) Impedire che i reati vengano portati a conseguenze ulteriori. Ed è naturale. Questa attività rappresenta la primaria funzione di pg ed è antecedente anche alla operatività per ricercare gli autori e assicurare così la pretesa punitiva dello Stato. Perché è logico che prima di attivare il procedimento per irrogare la sanzione, lo Stato impone al proprio organo di polizia giudiziaria di spezzare il comportamento antigiuridico (e quindi antisociale) posto in essere e che, dopo, verrà censurato con la pena. La situazione deve essere riportata, anche forzatamente, nella condizione di legalità perché certamente non sarebbe ipotizzabile che lo Stato si attivasse solo per punire i colpevoli ma li lasciasse nel contempo liberi di continuare a portare avanti le conseguenze antigiuridiche della loro azione. Sarebbe dunque del tutto illogico che un organo di pg, avuta notizia di un reato in esecuzione e in atto, si limitasse a prenderne notizia e a denunciare i responsabili consentendo la prosecuzione del reato stesso e quindi il protrarsi della situazione antigiuridica in atto in modo indisturbato. Naturalmente se il reato è allo stato del tentativo, la pg ha il dovere di impedire che si consumi l’evento del reato compiuto; se il reato è in via di consumazione deve spezzare detta continuazione; se il reato è già stato consumato deve cercare, ove possibile, di ripristinare in qualche modo lo status quo ante a favore della parte lesa. Nei reati a danno degli animali l’esigenza di impedire la continuazione dell’attività illecita assume particolare rilievo per l’irreversibilità del danno pubblico che detta condotta può cagionare. Si pensi ad esempio a un comportamento violento e attivo a danno di un animale che può portare a sofferenze e/o morte dello stesso. In tale contesto il sequestro appare uno dei mezzi più idonei per raggiungere la finalità in esame; sequestro che, come è meglio specificato in un successivo capitolo, può essere eseguito dalla pg per le finalità in questione sulla base del cpp e di conformi sentenze della Cassazione.
È logico che la sfera di azione autonoma della pg prevista in un’area del codice di procedura penale (prima dell’intervento del pm) è finalizzata anche e soprattutto a questo scopo (e gli strumenti che l’ordinamento offre alla pg in via autonoma – seppur sempre poi sottoposti in via successiva al controllo e al vaglio di conferma del magistrato – confermano che sussiste un momento di urgenza e di autonomia entro la quale l’organo di polizia giudiziaria non solo può, ma deve operare come sopra delineato.
3) Ricerca degli autori dei reati. È un po’ l’ulteriore funzione predominante della pg attraverso la quale lo Stato fa valere il diritto-dovere di azione per attuare la pretesa punitiva che deriva dalla violazione della legge penale (dopo che la violazione di legge è stata repressa e la situazione antigiuridica riportata nella legalità). Tale specifica attività deve essere svolta in perfetta sincronia con il pubblico ministero che è il titolare primario della relativa azione. Tuttavia, nella immediatezza del fatto e prima dell’intervento del pm, la polizia giudiziaria opera di propria totale iniziativa per ricercare gli autori del reato appena scoperto.
4) Assicurazione delle fonti di prova. Certamente vi è una abissale differenza operativa tra il vecchio e l’attuale codice di procedura riguardo questo punto. In passato infatti la pg assicurava le prove e queste, così congelate a iniziativa diretta ed immediata della pg stessa, avevano poi pieno valore probatorio in dibattimento. Oggi le cose sono radicalmente cambiate. Le prove si assumono e si formano in dibattimento e quindi la pg deve limitarsi a individuare e assicurare le “fonti di prova”. Circa quest’ultimo punto, la pg ne assicura il contenuto mediante atti di sommarie informazioni, perquisizioni, accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone, sequestri e mediante tutti gli altri atti consentiti.
In altre parole, per citare un esempio pratico, in passato la pg ascoltava un testimone a verbale e detto atto cartaceo era la “prova” che giungeva fino in dibattimento e poteva essere utilizzata per la decisione da parte del giudice. In pratica, il teste in aula di udienza in genere confermava soltanto quanto già dichiarato