L’imam in Italia
La questione degli “imam”, ormai al centro dell’attenzione di tutti i Paesi europei e che ha dato vita a una mole ingente di studi e rapporti, nonché a politiche pubbliche (si veda, da ultimo, il caso della Germania) volte ad affrontare, anche con l’impiego di ingenti risorse, quella che è divenuta una posta strategica nel processo di integrazione delle comunità musulmane in Europa. Anche il Parlamento italiano, d’altronde, si è interessato al tema e diverse proposte di legge sono state presentate in materia, specie in relazione alla istituzione di un “albo” o “registro” degli imam.
Da sempre la moschea, luogo di culto, ma anche di riunione e di socializzazione primaria, ha uno stretto legame con la dimensione politica. Non è, quindi, un fatto nuovo che nella moschea si riverberino disagi e tensioni, ma anche successi e motivi di soddisfazione della collettività.
Imam e diritto italiano
Indipendentemente dalle specifiche funzioni svolte e, di conseguenza, indipendentemente dalle specifiche denominazioni eventualmente assunte all’interno della propria comunità, gli imam sono inquadrati dal diritto italiano all’interno della categoria unitaria dei “ministri di culto”. Con il termine “ministro di culto”, infatti, il diritto dello Stato fornisce uno statuto giuridico comune, prescindente dalla confessione religiosa di appartenenza, a quanti svolgano compiti specifici, diversi da quelli svolti dai “normali” fedeli, all’interno di una comunità religiosa. Questo termine, pertanto, non costituisce una terminologia di derivazione confessionale, ma un nomen iuris tutto