Lavinia Mari

Occhio ai socialnetwork

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Discreti ma attenti gli operatori della polizia postale monitorano la più famosa comunità virtuale del mondo, non senza l’aiuto degli utenti

 Ormai è uno di quei fenomeni di massa divenuti “normali”, entrati nella vita quotidiana di giovani e adulti di tutto il mondo. Parliamo di Facebook, il social network che raccoglie 650 milioni di utenti di tutte le nazionalità, al centro di feroci critiche al momento della sua nascita, ma ora dimensione virtuale preferita per socializzare. Il social network più diffuso sul nostro territorio è sotto l’attenzione non solo di milioni di utenti ma anche degli operatori della Postale, attenti a scovare pericoli e rischi per i ragazzi. La creazione di siti inneggianti all’odio razziale, alla violenza, ma anche l’ingiuria o l’offesa all’interno di un forum possono, infatti, essere alcune delle situazioni “negative” che possono accadere dentro una comunità virtuale frequentata da milioni di utenti.
«Facebook ha delle regole che sono poco conosciute, regole ben precise che tutti gli utenti devono rispettare – osserva Diego Buso, dirigente della Divisione seconda del Servizio polizia postale e delle comunicazioni –. C’è un lavoro di monitoraggio da parte nostra certo, ma quello costante lo fanno gli stessi utenti. Qualsiasi cosa che venga percepita come fuori dalla normalità o offensiva o che potrebbe costituire un reato viene segnalata e dirottata quasi sistematicamente agli uffici della Postale su tutto il territorio nazionale. Quando questo succede ovviamente, a seconda del tipo di allarme che destano e a seconda del tipo di reato, ci si muove per far arrivare questa segnalazione ai gestori del social network che stanno a Palo Alto, in California. E per esperienza – afferma il dirigente – sono estremamente sensibili alla sicurezza e quindi a qualsiasi tipo di segnalazione: se c’è una situazione offensiva gli operatori di Facebook provvedono a rimuovere il gruppo a cui fa capo o i contenuti non appropriati».
Ma non è sempre stata immediata la risposta della sede centrale a Palo Alto. All’inizio il fatto di dover gestire i contenuti della piattaforma dagli Stati Uniti era un grosso problema perché non c’erano traduttori per accogliere anche le segnalazioni che non fossero in lingua inglese. Problema oggi risolto grazie alla struttura capillare di cui si è dotata la sede che assicura tempi di risposta rapidissimi alle segnalazioni di abuso inviate in molte lingue del mondo.
«Per quanto riguarda un fatto di reato accertato, l’iter che si segue è quello di tipo tradizionale – spiegano gli esperti della Postale – avvertiamo la Procura e di intesa con loro inviamo la segnalazione direttamente ai dirigente di questa piattaforma che la comunicano alle forze di polizia, queste a loro volta inviano la richiesta di oscuramento di un gruppo o l’acquisizione di maggiori dati per il proseguimento delle indagini alla autorità giudiziaria».
Tra i tipi di reati più diffusi su Facebook, e più fastidiosi per gli utenti, ci sono il furto di identità, la sostituzione di persona, l’utilizzo di generalità di professionisti o personaggi famosi a scopo di frode o per riuscire ad avere contatti con un grande numero di persone. Sicuramente la sostituzione di persona è il reato maggiormente diffuso. Ci sono state molte denunce da parte degli utenti per diffamazione: perché è chiaro che la possibilità di “postare” in gruppi determinati commenti può determinare fattispecie penali come l’ingiuria o l’offesa nei confronti della persona che ospita il commento oppure la diffamazione.
Purtroppo anche Facebook ha il suo volto scuro. Da formidabile strumento di comunicazione può diventare luogo per lo scambio di materiale pedopornografico: «Abbiamo ancora indagini in corso per riguardanti questo reato – dichiarano gli esperti della Postale – stiamo raccogliendo informazioni su soggetti che hanno utilizzato questa piattaforma per lo scambio di immagini pedopornografiche e recentemente abbiamo fatto anche degli arresti in questo senso. Ma in molti casi la sede a Palo Alto agisce in autonomia ed è in grado di fare un controllo dei contenuti molto efficace. Tantissimo materiale pedopornografico è segnalato da loro generalmente anche perché dal punto di vista giuridico hanno l’obbligo di comunicare immediatamente, e non oltre il tempo di dieci giorni, tutto ciò che trovano di illecito perché se non lo fanno possono subire multe molto elevate e in caso di recidiva si può arrivare alla sospensione della licenza».
Altro fenomeno recentemente studiato dagli investigatori e che si verifica su Facebook è invece quello del Trolling ovvero provocare reazioni di protesta nella Rete tramite messaggi o siti provocatori.
Scrivere di uccidere i down, o gli ebrei o dire di voler pubblicare i volti dei gay determina un’ondata di protesta e di indignazione prima da parte degli utenti e poi, una volta che la notizia arriva ai giornali, da parte della società civile; in realtà le indagini ci hanno rivelato che gli autori non hanno alcuna intenzione razzista ma stanno semplicemente giocando tra di loro in una sorta di gara che ha una graduatoria interna per vedere chi riesce a procurare il maggior livello di indignazione.
Recentemente il Web viene sfruttato con messaggi anche da organizzazioni antagoniste per fini politici. Ad esempio su un sito in questi giorni viene annunciata un’”insurrezione” per il 15 ottobre in coincidenza con lo sciopero del pubblico impiego. Sul sito Indymedia si legge, tra l’altro, che quel giorno “ci sarà o deve esserci” quello che chiamano “intento conflittuale” per cui gli antagonisti sono invitati a portare con sé tutto l’occorrente per prendere e tenere la piazza.
Un mondo complesso, quindi, quello della Rete, ricco di sfaccettature che richiama la realtà in cui viviamo. E in esso Facebook è una dimensione che attira la curiosità delle nuove generazioni, giovanissimi che pur di avere un profilo sarebbero capaci di mentire ai propri genitori. Ma forse non tutti sanno che è espressamente vietato registrarsi al di sotto dei 13 anni e che la popolare piattaforma creata da Mark Zuckerberg offre ampie pagine di consigli a chi decida di entrarne a far parte.
Rispetto a questa dimensione i genitori dovrebbero cercare di accompagnare i figli nelle loro scelte e soprattutto conoscere i nuovi ambienti di socializzazione virtuale e sensibilizzarli nel capire che se mettono un dato sensibile come una foto di se stessi in pose sessualmente esplicite o in situazioni di intimità e la “postano” difficilmente potranno eliminarla dalla Rete.
Seguono i consigli pratici suggeriti dalla polizia ai genitori che hanno figli adolescenti che vogliono entrare a far parte di Facebook, quindi: il cercare di avere in qualche modo una supervisione di quello che è l’attività dei propri figli in Rete, dialogare con loro e non consentirgli di avere collegamenti che non siano verificabili, cercare di essere coinvolti insieme a loro in qualche momento dell’attività della Rete. Solo in questa maniera si può aiutare i figli a crescere e preservarli per quanto sia possibile da attività rischiose per loro.


IL FENOMENO DEL TROLLING
Nel gergo di Internet, e in particolare delle comunità virtuali come newsgroup, forum, mailing list, chatroom o nei commenti dei blog, per troll si intende un individuo che interagisce con la comunità tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente stupidi, allo scopo di disturbare gli scambi normali e appropriati.
Spesso l’obiettivo specifico di un troll è causare una catena di insulti (flame war); una tecnica comune consiste nel prendere posizione in modo plateale, superficiale e arrogante su una questione già lungamente (e molto più approfonditamente) dibattuta, specie laddove la questione sia già tale da suscitare facilmente tensioni sociali (come un’annosa religion war).
In altri casi, il troll interviene in modo semplicemente stupido (per esempio volutamente ingenuo), con lo scopo di mettere in ridicolo quegli utenti che, non capendo la natura del messaggio del troll, si sforzano di rispondere a tono. Dal sostantivo troll derivano, sia in inglese che in italiano, forme come il verbo trollare (“comportarsi come un troll”), o essere trollato (“cadere nella trappola di un troll” rispondendo a tono alle sue provocazioni).
Un troll particolarmente tenace e fastidioso può effettivamente scoraggiare gli altri utenti e causare la fine di una comunità virtuale. Se un troll viene invece ignorato (cosa che in genere rappresenta la contromisura più efficace), solitamente inizia a produrre messaggi sempre più irritanti e offensivi cercando di provocare una reazione, per poi abbandonare il gruppo (fenomeno di autocombustione del troll).
Durante i conflitti causati dai troll il comportamento degli utenti si può dividere in categorie:
Il Troll, chi attivamente fomenta gli scontri e gli attriti (volontariamente o involontariamente).
I Dirottatori o Foraggiatori, coloro che rispondono animatamente ai messaggi provocatori del troll, “dandogli da mangiare”.
Il cacciatore di troll, che non inizia il conflitto, ma se coinvolto ricambia con eguale protervia, talvolta sfruttando il troll stesso per agire in modo aggressivo e accusando quindi spesso falsi positivi.
Il Nobile, chi cerca di ignorare il conflitto, continuando a discutere gli altri argomenti; esprimendo disapprovazione per il troll ma non sfidandolo, postando consigli semplici ed efficaci del tipo “non date da mangiare ai troll” o altre frasi volte alla pacatezza o all’ironia gentile (“suvvia, ragazzi, ignoratelo e se ne andrà da solo”).
I moderanti o moderatori, chi cerca di risolvere attivamente il conflitto in modo che tutte le parti in causa restino il più possibile soddisfatte, dando talvolta involontariamente “da mangiare ai troll”.
Gli spettatori, chi si allontana dal conflitto limitandosi a osservare o anche abbandonando la comunità.
Oltre all’indifferenza in molti contesti esistono anche strumenti tecnici utili per combattere i troll. Un approccio generale consiste nel predisporre opportuni filtri che consentono di rendere automaticamente invisibili i messaggi inviati dagli utenti segnalati al sistema come disturbatori (per esempio i killfile nel caso dei newsgroup).
In molti casi oggetto di troll sono stati i bambini, soprattutto quelli diversamente abili o notizie inerenti omicidi efferati ancora all’attenzione della cronaca. Tali fenomeni suscitano enorme eco sociale e i soggetti individuati come responsabili, per lo più soggetti giovani a loro volta affetti da disturbi sociali o relazionali, hanno confermato che il loro unico scopo era quello di ottenere un numero elevato di visite sulla propria pagina, per “battere” un altro utente, come in una specie di torneo privato ed esclusivo.
Diego Buso - dirigente della seconda divisione del Servizio polizia postale


Facebook tra gioco e reato
Questa estate le sfide che il Web 2.0 ha fatto alla sicurezza in più occasioni hanno raccolto attorno a un tavolo autorità e rappresentanti dei social network. I disordini scoppiati a Londra e in altre città del Regno Unito sono stati la scintilla dell’incontro tra rappresentanti di Facebook, Google e Research in Motion, il produttore del BlackBerry, da una parte e il ministro dell’Interno Theresa May dall’altra. Accantonata la proposta del governo, avanzata all’indomani delle devastazioni, di silenziare all’occorrenza i social network o di proibirne l’uso a saccheggiatori e facinorosi noti, si sono esplorate le possibilità di una maggiore collaborazione per stroncarne l’uso criminale. Contrari a una limitazione dei social network gli stessi vertici della polizia che attraverso questi canali comunicano con i cittadini e dalle conversazioni on-line “pescano” intelligence: intercettandole, lo scorso agosto, le forze dell’ordine hanno disinnescato altri scontri anticipando i rivoltosi. Che, nel frattempo, potranno essere scoraggiati dalle dure sentenze dei giudici di Sua Maestà – quattro anni a due ventenni che su Facebook avevano incitato alla violenza – sproporzionate per qualcuno, ma dissuasive per i più.
Appena un mese prima il sottosegretario alla Cultura e alle Comunicazioni Ed Vaizey si era consultato con i rappresentanti dei social network sulla possibilità di replicare anche nel Regno Unito “Delete me”, il programma collaudato con successo in Norvegia che fa piazza pulita delle calunnie postate in Rete sul proprio conto. “Cancellami” serve a spuntare le armi dei cyberbulli che secondo una recente ricerca dell’Anglia Ruskin University colpiscono un adolescente su cinque. Prevalentemente di sesso femminile: come Holly Grogan, quindicenne spinta al suicidio nel 2009 dopo essere stata sommersa da un fiume di messaggi offensivi sulla sua pagina Facebook.
In Germania, invece, hanno tenuto banco gli “Spaßparty” che organizzati in Rete trasformano luoghi pubblici in campi di battaglia. Annunciato su Facebook, lo scorso luglio nel Saarland, si è svolto il party più grande mai organizzato nel Paese: 69 arresti e tre poliziotti feriti, 100 mila euro il costo dell’intervento pubblico, ingenti i danni materiali. Secondo DPolG, il secondo sindacato di polizia tedesco per numero di membri, eventi di questo tipo sottraggono risorse alla lotta alla criminalità e servono quindi norme per prevenirli e vietarli. Se ne occuperà il 9 dicembre a Wiesbaden la prossima conferenza dei ministri dell’Interno dei Länder ma intanto i colloqui di Facebook con politici, autorità locali e polizia hanno portato all’introduzione di una funzione che allerta l’estensore dell’invito e gli ricorda che si sta rivolgendo a una platea di 750 milioni di persone. Alle autorità il social network ha segnalato l’utilità di un loro contatto diretto, sempre via Facebook, con l’organizzatore del party per renderlo consapevole dei rischi dell’evento. Non c’è preoccupazione invece a Berlino, Monaco e Amburgo dove i social network servono a schivare i controllori sui mezzi pubblici: i “portoghesi” vengono allertati della loro presenza e scendono dal mezzo o corrono a procurarsi un biglietto. La protesta di natura politica contro tariffe ritenute eccessive ha un sapore romantico ma prende piede: su Facebook già in 15 mila hanno segnalato con “mi piace” il MVV Blitzer, il segnala controllori della società dei trasporti pubblici di Monaco.
Loredana Lutta

 

01/10/2011