Neno Giovannelli
Buon vento, ragazzi
Enea tiene le mani strette sul timone e il suo sguardo sembra inseguire la linea dell’orizzonte là dove l’azzurro del cielo si perde nel blu del mare, in realtà i suoi occhi non perdono mai di vista due sottili fili di lana rossa legati all’albero che segnalano la direzione del vento. A dispetto dei suoi 18 anni Enea, albanese di nascita ma savonese di adozione, sembra davvero un piccolo lupo di mare mentre, senza tradire alcuna emozione o timore, conduce con mano sicura la barca fuori dal porto di Savona facendola scivolare dolcemente sull’acqua; un atteggiamento di tranquillità ritrovata, così lontano da quella frenesia che in passato lo ha portato a “cappottare” con l’auto mentre sfrecciava a tutta velocità lungo le strade cittadine. Accanto a lui, a bordo, c’è anche Fernanda, 21 anni studentessa universitaria, nata in Ecuador ma da tanti anni in Liguria. Enea e Fernanda sono solo alcuni dei tanti ragazzi che fanno parte del progetto Doppiavela solidale, un’iniziativa nata nel 2008 dall’incontro di due poliziotti, Domenico Caruso e Stefano Rattazzi, uniti dalla comune passione per la vela e dalla voglia di mettere al servizio dei soggetti più deboli il prezioso carico di esperienza e di professionalità affinate in tanti anni di servizio. L’idea di partenza era di dare voce a quella filosofia dell’essere “vicini alla gente” che ha contraddistinto la Polizia di Stato degli ultimi anni. E per farlo hanno scelto la via del mare. Partono allora i primi contatti con la rete dei servizi sociali e delle associazioni di volontariato e velistiche di Savona, dove Stefano è un poliziotto di quartiere e conosce bene la realtà cittadina. Nascono così le collaborazioni con Millepiedi che si occupa del recupero e dell’inserimento di ragazzi con alle spalle famiglie disgregate, storie di tossicodipendenze, di emarginazione e soprattutto con l’onlus Matti per la vela che, attraverso l’attività velistica, cerca di offrire a gruppi di pazienti delle strutture psichiatriche delle Asl la possibilità di riprendere in mano la propria vita. Grazie alla sensibilità di Fabio Musso e Paolo Vianson di “Matti per la vela”, della Lega navale o di singoli skipper, come Beppe Veirana, che mettono gratuitamente a disposizione le proprie barche a vela, il progetto Doppiavela solidale diventa finalmente realtà. Alle lezioni teoriche a terra seguono le prime uscite in mare, come quella del 2009 sul “Koala”, una barca di 11 metri diretta a Cannigione in Sardegna. «Si è trattato di una traversata indimenticabile – racconta Stefano – con momenti di grande difficoltà come quando all’altezza di Capo Corso ci siamo trovati davanti onde alte tre metri. Sono esperienze che ti cambiano la vita, che ti fanno sentire vicini uno con l’altro, che cancellano i ruoli di tutti i giorni: in quei momenti non ci sono più poliziotti e bulli di quartiere, ma uno skipper e un equipaggio chiamato a rispettare un comune codice comportamentale, indispensabile per portare a termine un’ impresa del genere». L’aspetto più educativo della vela è proprio questo: quando ti trovi a 50 miglia dalla costa e di notte ti guardi intorno e non vedi altro che una immensa massa nera che ti viene incontro, allora capisci che la tua vita dipende solo da te e dalle persone che ti stanno intorno». E se spesso il problema di molti ragazzi “difficili” è proprio la mancanza di autostima che li spinge a isolarsi, a negare ogni affetto e diventar aggressivi, la vela allora può svolgere un ruolo educativo importante, insegnando loro ad avere fiducia in se stessi e negli altri, aiutandoli a crescere dentro, a renderli migliori. «La barca è un microcosmo dove gli spazi personali sono ristretti e il rischio di conflitti è molto elevato – spiega Domenico – e proprio per questo i ragazzi sviluppano una maggiore capacità di interagire e di socializzare con gli altri perché quando sei in mare non ti puoi permettere di tirarti indietro e di isolarti: i conflitti vanno affrontati e risolti, subito». E ora il sogno di Stefano è quello di poter ottenere un ormeggio nel porto di Savona. «Così sarebbe possibile avere una barca tutta nostra, magari una vecchia imbarcazione da far restaurare ai ragazzi; per loro potrebbe diventare un punto di incontro anche d’inverno, invece di stare al bar o a trafficare nei giardinetti. E se anche solo uno di questi ragazzi invece di diventare un nuovo spacciatore scegliesse di lavorare su una barca a vela, per me sarebbe comunque una grande vittoria». Quello stesso sogno si è invece avverato per Domenico Caruso che ha “esportato” l’esperienza savonese fin sulle rive del lago di Garda, dove è riuscito a ottenere un ormeggio dove poter attraccare le barche. Ed ecco che già sono in cantiere i primi progetti da realizzare in collaborazione con l’associazione Ragazzi in evoluzione che ha messo a disposizione due barche, tra cui uno storico 10 metri appartenuto al mitico Jacques Cousteau che ora, neanche a dirlo, batte bandiera “poliziesca”. Intanto nella rada di Savona si è fatta sera, il vento è calato ed Enea, sotto gli occhi attenti dei “grandi”, inizia le manovre di rientro al porto e di attracco. Ma per uno che quella notte del 2009 era a bordo del Koala, questo è davvero un gioco da “ragazzi”.