Mauro Valeri

Terrorismo, la risposta europea

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Gli attentati di Madrid nel 2004 e di Londra nel 2005 hanno colpito duramente il nostro continente. Prevenirli o sventarli è diventata una delle priorità comunitarie

 Nel nostro continente l’opera di contrasto al terrorismo da parte delle Istituzioni comunitarie, anche se non molto conosciuta dai cittadini europei, è sempre più determinante. Dopo gli attacchi al cuore degli Stati Uniti dell’11 settembre 2001 l’Unione europea, infatti, ha intensificato notevolmente l’attività antiterroristica adottando una decisione quadro con la quale ha chiesto agli Stati membri di armonizzare le loro legislazioni in materia e ha meglio definito il concetto di reato terroristico. Individuate anche le relative sanzioni penali (che debbono essere effettive, proporzionate, dissuasive e che possano sempre comportare l’estradizione) che gli Stati membri devono prevedere nella legislazione nazionale. La decisione ha inoltre previsto che tutta una serie di comportamenti, definiti connessi all’attività terroristica, quali ad esempio il reclutamento e l’addestramento vengano puniti penalmente.
Decisioni importanti, ma non ancora sufficienti per rispondere alla crescente minaccia terroristica. L’Unione europea e l’Organizzazione delle Nazioni Unite hanno allora elaborato una strategia globale di contrasto che permettesse di rafforzare la cooperazione con i Paesi terzi, impedire l’ingaggio di nuovi terroristi, assicurare una migliore protezione dei possibili bersagli, indagare sui membri delle reti esistenti e perseguirli, nonché di migliorare le reazioni e la gestione delle conseguenze connesse agli atti terroristici.
Gli attentati di Madrid del marzo 2004 hanno fatto emergere con evidenza quanto fosse necessario un maggior coordinamento, anche e soprattutto a livello comunitario, nella risposta al fenomeno terroristico. Per questo, il Consiglio europeo di Bruxelles ha istituito la figura del Coordinatore Ue antiterrorismo, nominato direttamente dall’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. Il coordinatore, attualmente è il belga Gilles de Kerchove (nel riquadro), ha un mandato triennale e provvede a coordinare il lavoro del Consiglio in materia di terrorismo, monitorare la realizzazione della strategia di contrasto, migliorare la comunicazione fra la Ue e i Paesi terzi, oltre a garantire che l’Unione giochi un ruolo attivo nella politica antiterroristica.
Molti gli strumenti legislativi adottati anche in tema di cooperazione giudiziaria penale e di polizia quali le Decisioni sul mandato d’arresto europeo, sulle squadre investigative comuni, sull’istituzione di Eurojust (Unità europea di cooperazione giudiziaria), sul sequestro degli strumenti e proventi di reato e sulle misure specifiche per la cooperazione nella lotta al terrorismo.
Un utile strumento informativo è rappresentato da Tea-Sat, una pubblicazione redatta ogni anno a cura di Europol, Ufficio europeo di polizia, sulle cui pagine viene analizzata l’attività terroristica posta in essere, durante l’anno precedente, nell’Unione Europea. L’edizione del 2011 si apre con l’introduzione del Direttore dell’Europol, Rob Wainwright, che sottolinea come la lotta al terrorismo rappresenti per l’Unione europea e per l’Europol una priorità assoluta. Si passa poi alla differenziazione tra le diverse tipologie di terrorismo: islamico, separatista, di destra e di sinistra. Prosegue con l’elenco dei numeri relativi agli attacchi terroristici operati. Nel 2010, considerando anche quelli falliti o sventati, sono stati condotti 249 attacchi terroristici all’interno dell’Unione Europea, di cui 8 in Italia. Di questi, solo tre sono stati attribuiti al terrorismo islamico. Oltre 600 persone, di cui 29 nel nostro Paese, sono state arrestate per reati legati al terrorismo(finanziamento, fiancheggiamento, propaganda ed esecuzione materiale).
Al di là dei dati relativi al 2010, quali sono le tendenze future? Nonostante la morte di Osama Bin Laden è proprio il coordinatore Ue a sottolineare il bisogno di mantenere alta la guardia:
«La morte di Bin Laden non significa la fine di Al Qaeda come organizzazione, tanto meno dei suoi affiliati nello Yemen o nel Sahel o dovunque nel mondo. Il periodo successivo alla morte di Bin Laden è stato contrassegnato dalla corsa alla sua successione: una pericolosa situazione che potrebbe determinare una nuova serie di attacchi dimostrativi da parte di gruppi in competizione tra loro per la leadership mondiale del terrore. Dobbiamo rimanere vigili ma senza fare in modo che la nostra reazione diventi parte del problema. C’è il rischio, enfatizzando troppo l’importanza di Al Qaeda, di regalargli una rinnovata capacità di attrazione».
Importanti indicazioni arrivano anche dal meeting dei capi della polizia europei, che si sono riuniti a luglio nei nuovi uffici dell’Europol all’Aia (Paesi Bassi), per parlare di criminalità organizzata e di terrorismo. Dall’incontro sono emerse con chiarezza le tendenze che, secondo gli investigatori, potranno caratterizzare il fenomeno terroristico nel prossimo futuro. Le reti criminali diventeranno più labili mentre i gruppi cresceranno e si estingueranno più velocemente che in passato. La tecnologia e Internet in particolare renderanno possibile la rapida costruzione di gruppi isolati, anche partendo da una semplice comunità virtuale. I veloci cambiamenti nella nostra società, uniti ai progressi tecnologici potrebbero incoraggiare maldisposti e isolati individui a trasformarsi in violenti estremisti e terroristi del tipo ”lupo solitario”. La mancata integrazione nella società da parte degli immigrati potrebbe inoltre portare all’aumento dell’estremismo di destra nella Ue, mentre alcuni immigrati provenienti da Paesi dove vi sono rilevanti attività terroristiche in corso potrebbero offrire un ponte tra la Ue e le aree di conflitto. Il mondo virtuale sarà utilizzato non solo come strumento per reclutare nuovi adepti, pianificare eventi e offrire training, ma diventerà esso stesso obiettivo e arma, per esempio, per attaccare le infrastrutture critiche. Il confine tra criminalità organizzata e terrorismo sarà sempre più indistinto poiché diventerà comune il finanziamento delle attività terroristiche con fondi derivanti dalla criminalità organizzata, che a sua volta potrebbe iniziare ad utilizzare tattiche prettamente terroristiche.
Anche disponendo di strumenti giuridici e di intelligence adeguati rimane sempre difficile prevedere la cieca follia omicida di squilibrati come il trentaduenne Anders Breivik, che il 22 luglio ha ucciso 76 persone, ferendo in profondità il cuore pacifico della Norvegia. è però importante che al personale chiamato a intervenire vengano offerti il supporto e l’assistenza necessari: come nel caso dell’Europol che si è subito attivato mettendo a disposizione degli investigatori norvegesi una piattaforma internazionale di esperti antiterrorismo e di analisti dati.


VIS e SIF, più sicurezza alle frontiere
La minaccia terroristica ha determinato la necessità di elevare l’efficacia dei controlli nei confronti degli stranieri che entrano e risiedono nell’area Schengen. In tale ottica, con la decisione 2004/512/CE del Consiglio, dell’8 giugno 2004, l’Unione europea ha promosso la creazione di un sistema VIS (Visa information system – Sistema d’informazione visti) che consenta lo scambio di informazioni sui visti di ingresso nell’area Schengen.
Il progetto VIS, che diventerà operativo a partire dal prossimo 24 ottobre dopo una specifica formazione degli operatori della Polizia di frontiera, è volto a realizzare un archivio comune di scambio di informazioni relative ai richiedenti i visti di ingresso presso gli Uffici consolari degli Stati membri dell’Unione europea e le frontiere esterne. Le informazioni contenute nell’archivio consentiranno di agevolare la verifica dell’identità tra il detentore del visto e il titolare dello stesso (il miglioramento dei livelli di sicurezza è dovuto anche all’uso di elementi biometrici associati al visto), contribuendo così alla lotta contro il terrorismo, all’identificazione di clandestini privi di documenti (semplificando il rimpatrio degli stessi) nonché all’individuazione dello Stato membro competente ai fini di una richiesta di asilo politico. Il progetto prevede la costituzione di una Banca dati centrale C-VIS ed una articolazione a livello nazionale N-VIS.
Abbinato al Vis, la Polizia di frontiera italiana ha proposto in sede europea il progetto SIF – Sistema informativo frontiere (già attivo dallo scorso dicembre nelle postazioni più importanti e ora esteso a tutti i presidi di polizia) per dotare le postazioni di Front-Office di un sistema integrato altamente tecnologico in grado di garantire: il controllo dei documenti biometrici e l’automatizzazione dei controlli documentali e delle interrogazioni a banche dati di polizia nazionali (SDI) ed europee (NSIS); il rilascio delle autorizzazioni al soggiorno presso gli uffici della Polizia di frontiera (art. 10 Reg. att. L.286/2002); la riduzioni dei tempi di controllo dei documenti e la ricerca di precedenti a carico degli stranieri.

 

01/09/2011