Gianni Sarrocco
2011, il punto sull’Ordine pubblico
Maggiore dialogo e più formazione per assicurare il diritto di manifestare
Tamburi lontani di una guerra che è ancora tale solo nei ricordi di chi approfitta degli anniversari per rinfocolare nuovi rancori. I decennali in Italia, come altre ricorrenze, servono pure a tenere alti gli steccati e anche dopo due lustri dal sanguinoso e rovinoso G8 di Genova c’è chi tenta di riaccendere una polemica tenuta sempre in caldo sotto la cenere degli anni. Ma in molti aspettano questo decennale fiduciosi nel lavoro della magistratura, rispettosi delle sentenze quali esse siano e sicuri di aver sempre operato per garantire il diritto di manifestare. Invece quei tristi giorni del luglio 2001 con gli 8 potenti della Terra riuniti in una Genova assediata dai black block mischiati ai no global si ripropongono ancora nella ricorrenza dei dieci anni. Un arco di tempo enorme durante il quale in Italia la gestione dell’ordine pubblico è stata adeguata alle mutate esigenze dettate dai nuovi scenari socio-politici. Infatti non esistono più zone rosse, l’esibizione della forza non come deterrente, ma come anticipo di azione repressiva è fuori dalla filosofia del Viminale. Ciò nonostante il G8 di Genova, a sentire molti, deve essere ancora e solo il G8 della macelleria italiana, anche se molte cose sono mutate.
Manca poco più di un mese al decimo anniversario mentre nuovi focolai (leggi rischi per l’ordine pubblico) appaiono già all’orizzonte. Si sono risvegliati gli ambientalisti decisi a contrastare con tutti i mezzi l’avanzata della Tav in Val di Susa. Le tensioni sociali provocate dalla crisi economica sono esplose in maniera pericolosa anche per la pesante situazione dell’industria cantieristica pubblica. Che nella zona di Castellammare di Stabia ha una valenza particolare per possibili infiltrazioni di camorra e di gruppi antagonisti. Queste emergenze, però, oggi vengono gestite in maniera molto diversa. Gli avvenimenti di allora infatti hanno provocato una profonda riflessione nei vertici del Viminale. Così l’autocritica ha fatto nascere un cambiamento di tattica, perché l’impiego della forze spesso è controproducente, perché gli schieramenti contrapposti portano operatori di polizia e dimostranti a situazioni di logoramento anche psichico che possono sfociare in azioni senza ritorno.
Nulla viene più lasciato al caso, all’improvvisazione, ogni avvenimento è seguìto in anticipo grazie ai sensori sparsi sul territorio e monitorato in ogni sua fase dall’Ufficio ordine pubblico del Viminale che si avvale di un settore che si occupa di manifestazioni sindacali e politiche, di un altro che segue gli appuntamenti internazionali previsti in Italia e di un terzo settore che ha competenza sugli avvenimenti di carattere sportivo. E il tutto in stretto coordinamento con le altre forze di polizia (Carabinieri, Finanza, Polizia penitenziaria e Forestale). Ed è cambiata anche la scala dei rischi, come sottolinea Armando Forgione, direttore dell’Ufficio. Fino a poco tempo fa in testa alla classifica c’erano le partite di calcio, oggi invece ci sono le proteste spontanee che non hanno servizio d’ordine come invece avviene nella grandi manifestazioni sindacali.
Quale la nuova filosofia dell’ordine pubblico? Innanzitutto una maggiore preparazione del personale grazie all’istituzione di un’apposita scuola voluta dal ministro dell’Interno Maroni e dal capo della Polizia Antonio Manganelli, scuola il cui primo obiettivo è stato la socializzazione delle best practices. Nella struttura di Nettuno inaugurata nel dicembre 2009 vengono tenuti corsi formativi per funzionari e agenti nell’ottica di un processo di revisione del sistema formativo della Polizia di Stato avviato negli ultimi anni. Questo ha insegnato il G8 di Genova di dieci anni fa, non più sfasature nella catena di comando, non più iniziative individuali, ma rispetto di moduli, procedure e codici di comportamento improntati a una maggiore professionalità degli operatori di polizia.
Innanzitutto la piazza non è più la “bestia nera”. «Oggi – come spiega Raffaele Alfieri a capo del primo settore dell’Ufficio ordine pubblico retto da Armando Forgione – si cerca in ogni modo di coinvolgere la controparte dopo un attento esame e monitoraggio di tutte quelle manifestazioni che hanno un qualche rilievo per la ricaduta sull’ordine pubblico. È stato fatto sicuramente tesoro delle esperienze del passato e oggi puntiamo sulla negoziazione dello spazio pubblico». Una gestione “intelligente” e molto è stato fatto per costruire una cultura dell’ordine pubblico nata da un approccio diverso fatto di dialogo e di condivisione. «Non c’è più l’autoritarismo di una volta perché ora l’autorità è al servizio del cittadino dal momento che c’è un obiettivo comune da raggiungere – aggiunge Alfieri – . In sostanza c’è una coscienza diversa da entrambe le parti. La nostra è una nuova cultura basata anche sull’addestramento e sull’equipaggiamento degli operatori e sulla coscienza dei ruoli e delle alte funzioni che la legge riserva alle autorità di pubblica sicurezza. Inoltre oggi abbiamo di fronte un interlocutore più evoluto e ciò facilita il nostro lavoro teso ad assicurare il diritto di manifestare come quello di dare legalità e sicurezza a tutti gli altri cittadini».
Con questa nuova filosofia di gestione dell’ordine pubblico ben poche, da gennaio a fine maggio, le occasioni di gravi incidenti nell’ambito delle 4.400 manifestazioni avvenute in Italia, 1.218 di natura politica e 1.326 legate a tematiche sindacali e occupazionali. Per far rispettare questi diritti sono stati movimentati 330mila uomini (800mila la media di un anno).
Oggi la linea vincente della gestione dell’ordine pubblico è quella improntata al dialogo. Non a caso durante i corsi tenuti alla scuola di Nettuno si fa leva sul fattore umano, sulle capacità di tenere in piedi un confronto tra responsabili. A ciò si è arrivati dopo un analisi attenta e autocritiche sincere. Però a nulla servono le negoziazioni quando nelle masse si infiltrano gruppi isolati decisi a creare incidenti comunque, anche cercando di violare alcuni spazi confidando nell’effetto-traino che una volta funzionava, ma oggi non più. E a nulla serve, a distanza di tanto tempo, ricordare in maniera univoca le violenze del G8 del 20 luglio 2001, come se quei commando di black block fossero tutti usciti da un collegio di Salesiani. Funzionari e agenti oggi sono preparati anche a superare le provocazioni per il bene collettivo della sicurezza pubblica. E sul G8 ha già risposto esaurientemente il capo della Polizia Manganelli all’indomani della sentenza di primo grado, con una lettera inviata al quotidiano la Repubblica il 16 novembre 2008. «Credo che il Paese abbia bisogno di spiegazioni su quel che realmente accadde a Genova. L’istituzione – ha scritto Manganelli – attraverso di me, si muove e si muoverà a tal fine senza alcuna riserva non attraverso proclami via stampa, ma nelle sedi istituzionali e costituzionali. Si muove e si muoverà inoltre con i fatti. Dall’inizio del mio mandato mi sto adoperando per approfondire e correggere le modalità di intervento in piazza anche con un’apposita scuola. Abbiamo ai vertici dei reparti persone pulite. Io sono il loro garante e mi assumo, come ho già fatto, la responsabilità per gli errori che possano commettere». Una linea di garanzia che non lascia spazio a equivoci di sorta.