Antonella Fabiani

Cooperazione necessaria

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L’asse Italia-Africa nelle parole di Rodolfo Ronconi, direttore centrale dell’Immigrazione e della polizia delle frontiere

 Impegno e collaborazione costanti. A sottolinerarle il prefetto Rodolfo Ronconi (nella foto), direttore centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle frontiere mentre commenta l’attività del Dipartimento della pubblica sicurezza rispetto al contrasto all’immigrazione clandestina. Un impegno che negli ultimi tre anni, grazie a collaborazioni con diversi Paesi africani, ha concretizzato un approccio globale riguardo a una politica di cooperazione fatta di scambi di formazione tra gli operatori, ma anche a un’attività di contrasto che non abbassa mai la guardia.

Perché è stato scelto il nostro Paese come sede per la Conferenza euro africana 2011?
Posso dire di sentirmi orgoglioso di poter dire che l’Italia è l’unico Paese in Europa a riuscire a stabilire rapporti di collaborazione attraverso accordi internazionali con molti Stati africani, anche quelli della zona sub-sahariana. Ritengo che l’Italia abbia un ruolo di leader nella politica europea di gestione dell’immigrazione irregolare. La conferenza di Napoli è stata importante soprattutto per la presenza dei quattro tavoli tecnici di lavoro che partendo dall’immigrazione clandestina hanno affrontato altri scenari a essa collegati come il terrorismo internazionale, il traffico di stupefacenti, la tratta degli esseri umani e la criminalità organizzata. Mentre l’assoluta novità è stata il carattere permanente dei gruppi di lavoro dei Paesi africani che continueranno a lavorare agli altri anche dopo la chiusura della conferenza per cercare di trovare forme di collaborazione concrete e durature.

I primi mesi dello scorso anno hanno registrato un forte calo degli sbarchi sulle coste del Mediterraneo. Risultato di un lavoro di contrasto efficace.

Indubbiamente l’accordo con la Libia ha segnato una svolta nella gestione dei flussi migratori, ma anche quello con il Gambia, lo stesso per il Senegal e il Niger. Ma vorrei sottolineare che è anche l’atteggiamento con cui ci siamo posti nei confronti di questi Paesi che ha reso maggiormente positiva la collaborazione. Abbiamo messo da parte arroganza e superiorità che spesso ha contraddistinto l’atteggiamento di noi occidentali e abbiamo detto loro che eravamo andati per imparare dalla loro esperienza, per esempio, come si fa a fermare i clandestini in mezzo al deserto del Sahara. Il risultato è stato apertura e disponibilità: per me la soddisfazione più grande è stata sentirmi dire dalle autorità di diversi Paesi:“aiutateci a non far partire i nostri giovani” .

Qual è il livello di collaborazione operativa messa in atto con i Paesi africani per fronteggiare l’immigrazione irregolare verso l’Unione europea?
Negli ultimi tre anni abbiamo intensificato il lavoro di collaborazione con le polizie africane. In questa direzione rientrano i progetti con la Libia, il Senegal, la Nigeria e il Gambia, di scambio dei rispettivi funzionari per una condivisione della formazione e delle principali tecniche di contrasto. Il vantaggio sarà che gli operatori presso i posti di Frontiera saranno in grado di distinguere una persona gambiana da una senegalese. Il punto fondamentale di questi accordi è, infatti, la trasmissione di know how da entrambe le parti, utilissimo per le indagini. Certo poi ci sono Paesi che hanno bisogno di mezzi tecnici come strumentazioni e autovetture, ma cerchiamo di donarle in modo finalizzato, senza farle cadere dall’alto.

I gruppi criminali che gestiscono il traffico degli esseri umani potrebbero trovare altre tratte o altri punti di sbarco diversi da quelli tradizionali?
Occorre non abbassare mai la guardia perché se chiudiamo una strada i criminali ne cercheranno un’altra. Certo, pensare che immigrati clandestini non arrivino più con questi mezzi è aleatorio: è una lotta continua che nel frattempo ha dato risultati che ci invidiano in tutto il mondo. E questo è il frutto di un modo di gestire il problema dell’immigrazione che risponde a un approccio globale. L’importante è dialogare con questi Paesi, essere seri, mantenere le promesse che facciamo, far capire ai trafficanti che non abbassiamo la guardia.

Fare prevenzione aiuta quindi a fare meno repressione…
Certamente. Ospitare un immigrato clandestino in un Cie costa molto. Quindi se è possibile è meglio evitare di averli nei centri. La collaborazione che abbiamo intessuto funziona. In base a un accordo che abbiamo firmato quest’anno a Niamei non è arrivato più un nigerino e questo dimostra l’ottimo lavoro che sta facendo la polizia nigerina. Per noi è molto importante attraverso questi progetti creare le condizioni affinché queste popolazioni migranti abbiano interesse a mettere radici nel loro Paese invece di abbandonarlo.

Quali sono i principali mezzi utilizzati dagli immigrati irregolari per entrare nel nostro Paese?
Tutti. Dalla barchetta al noleggio di un aereo. Un anno fa ci era giunta la voce che alcuni immigrati fossero partiti dalla costa nord-africana con delle moto d’acqua ma non ne abbiamo avuto alcun riscontro. Poi ci sono gli oversteyrs che entrano regolarmente in Italia con visti di ingresso turistico e qui rimangono dopo che è scaduto. Non abbiamo le cifre esatte riguardo il loro numero però sappiamo che c’è stato un grande abbattimento di questo tipo di immigrazione.

01/02/2011