Annalisa Bucchieri
Iovine, giovani
Iovine, giovani. La radice latina è la stessa (iuventus=giovinezza) ma attinge nel primo caso al male mentre nel secondo alla speranza di un futuro migliore. Iovine è quell’Antonio boss dei Casalesi che la squadra mobile di Napoli lo scorso novembre ha trascinato via dal suo rifugio dorato a Casal di Principe, dopo 14 anni di latitanza. A incastrarlo una poliziotta sotto copertura che ha messo su una faccia da modesta casalinga per girare senza destare sospetti nelle vie del centro del casertano, registrando per mesi ogni minimo dettaglio che potesse servire ai suoi straordinari colleghi segugi. Poliziamoderna ne ha raccolto il racconto, molto più di una testimonianza perché dentro c’è l’emozione implosa di chi sa che per quel traguardo hanno lavorato in tanti e ancora di più sono stati quelli che ne hanno gioito. Perché con la Mobile c’era tutta l’Italia che conta: quella delle persone oneste. Caso o destino, nomen omen dicevano gli antichi, Iovine era soprannominato ‘o ninno, per il suo ingresso nella gerarchia camorristica già da ragazzino. Gioventù bruciata, anzi bruciacchiata e puzzolente di mafia. A differenza di quella odorosa di coraggio dei ragazzi di Casal di Principe che hanno brindato con i poliziotti la sera dell’arresto di Iovine. È di questi adolescenti, liceali e universitari che abbiamo voluto parlare. Di quelli che con il Progetto operativo nazionale hanno tirato fuori nei posti meno felici del Sud le idee più straordinarie per riutilizzare i beni confiscati alla criminalità organizzata. Di quelli che in tante iniziative di educazione e comunicazione messe in atto dalla Polizia di Stato hanno partecipato e fatto propria la parola legalità, riempiendola di significato, ancorandola alla loro quotidianità. Sono questi giovani (da quelli che hanno gremito gli spalti del Gran Teatro di Roma per il concerto 1 clik... X te a quelli che hanno progettato il calendario istituzionale 2011), che dimostrano come la legalità non sia un dogma da inculcare ma un valore da trasmettere con l’educazione, il dialogo, l’ascolto. Troppo spesso ultimamente, come ha sottolineato il prefetto Antonio Manganelli, alla Polizia di Stato è toccato un ruolo di supplenza alle carenze di soluzioni rispetto ai disagi sociali, in particolar modo a quelli delle nuove generazioni. I ragazzi che sono scesi a protestare in tante piazze d’Italia non sono avversari degli uomini in divisa. Sono anche figli, nipoti, amici loro. I poliziotti sono lì per difendere il diritto costituzionale dei cittadini a manifestare purchè avvenga nel rispetto delle regole della convivenza civile. Solo nel segno della legalità, appunto, si sconfigge Iovine e si fanno vincere i giovani.