Federico Moccia
Un anno insieme
La fotografia sa raccontare ben oltre le parole. Emoziona immediatamente senza tante spiegazioni
Come diceva John Hedgecoe «la fotografia può registrare volti o avvenimenti oppure narrare una storia. Può sorprendere, divertire ed educare. Può cogliere e comunicare emozioni e documentare qualsiasi dettaglio con rapidità e precisione». Questo vale in modo particolare quando ci avvicina a realtà che avvertiamo, per vari motivi, lontane dal nostro quotidiano. Le Istituzioni ad esempio, i loro ambiti e organi, raramente sono vissute in positivo e come parte del nostro vivere di tutti giorni. Ma una foto, anzi, una sequenza di foto che racconta quasi una storia può creare un rapporto che va oltre ogni pregiudizio e mancanza di informazioni.
Sono stato personalmente testimone di una bella iniziativa che ha dimostrato come la fotografia sappia davvero riscrivere i confini delle impressioni. La polizia ha da tempo compreso l’importanza di abbattere barriere e filtri fra se stessa e i cittadini, perché ci arrivi al meglio l’essenza del suo operato, rappresentato dalla tutela dell’ordine pubblico alla lotta al crimine, dalla prevenzione al soccorso, un complesso di potenzialità operative davvero variegato. Ma non è solo questo. La polizia non è qualcosa di astratto e lontano, è fatta di uomini e donne, di storie, di volti, di voci, di impegno, solidarietà, risate, legami. La polizia non è soltanto fatta di volanti azzurre e uniformi. Per questo ogni anno il consueto appuntamento col calendario della Polizia di Stato ci ricorda che il vero fattore di base è quello umano. Non è un caso che la vendita dei calendari abbia sempre scopi di solidarietà. Il ricavato delle vendite di questa edizione sarà devoluto a diversi progetti umanitari, tra cui quello dell’Unicef nel Bangladesh per favorire l’accesso dei bambini che vivono in strada ai servizi sociali di base, come scuola e assistenza medica, psicologica e sociale, e per offrire ai bambini-lavoratori forme di recupero e reinserimento sociale. Il tema per il 2011 sottolinea la figura del poliziotto che lavora, che vive in mezzo alla gente, la respira, la sente, ci si mischia. Perché è uno di loro. Il titolo è “C’è più sicurezza insieme”. E quel termine, “insieme”, dice tutto e lo dice subito. Esattamente come fa una fotografia. 12 scatti in mezzo alla gente. L’elemento di novità consiste nel fatto che le foto dell’impegno quotidiano della polizia, affinché dimostrassero davvero e al meglio il servizio per e con la collettività, sono state affidate a chi per approccio è abituato a non fare troppi sconti e a dire, senza giri di parole, cosa pensa di ciò che gli accade intorno. Nessun fotografo famoso e rinomato. Gli autori delle foto sono ragazzi. In particolare, gli studenti delle classi IV e V dell’Istituto di Stato per la cinematografia e la televisione “Roberto Rossellini” di Roma, che hanno testimoniato a modo loro come si possono avvicinare le Istituzioni alla gente e prima di tutto ai ragazzi stessi. La polizia ha chiesto agli studenti di raccontarla attraverso i loro occhi. Si è messa in gioco dando alle due classi questo compito in piena libertà, accettando il loro sguardo puro e diretto, e misurandosi con una capacità di giudizio che a quell’età è più che mai indipendente dal dover assicurare rispetto a prescindere. Ci voleva coraggio. E il coraggio c’è stato da entrambe le parti. Il capo della Polizia Antonio Manganelli, attraverso l’Ufficio relazioni esterne diretto da Maurizio Masciopinto, ha accolto questa sfida: come interpreterebbero i giovani il lavoro di ogni giorno dei poliziotti? Quanti dei pregiudizi di sempre riuscirebbero ad abbattere potendosi mettere davvero in contatto diretto con la loro attività? Nella libertà di esprimersi che è stata concessa ai ragazzi attraverso le foto che avrebbero potuto realizzare, ho visto un segno importante, generoso, coraggioso. E se il calendario fosse stata un’accusa nei confronti della polizia? Non ci sarebbe stato il tempo di cambiare nulla. E la risposta è stata positiva. I ragazzi, come veri professionisti, si sono impegnati con passione e curiosa attenzione. Lavorando sulle foto, scegliendo soggetti e inquadrature, vagliando ipotesi in gruppo, sono pian piano entrati nell’ottica più giusta: comunicare un’impressione, condividere con il grande pubblico un punto di vista che non fosse frutto di diffidenza. Perché, come diceva Fedro, non sempre le cose sono come sembrano. E conoscere i poliziotti personalmente, stare a contatto con loro, ha permesso agli studenti (come permetterà a tutti noi attraverso le foto) di comprendere che quella della polizia è una realtà normale, degna di considerazione e affezione. Non è giusto valutarla a prescindere senza conoscere le valenze.
Ho potuto assistere alle fasi di lavorazione di questo bel progetto, ho visto il “backstage” degli scatti, ho osservato i ragazzi scegliere, prendere decisioni, dare indicazioni, sentirsi importanti in senso buono, perché consapevoli dell’importanza che avrebbe avuto il risultato dei loro sforzi. Li ho visti capire a fondo che, come dice Hebbel, non è tutto oro ciò che luccica ma nemmeno luccica tutto quel che è oro. E soprattutto li ho visti lavorare insieme, esattamente come il titolo del calendario, contribuire tutti con idee e compiti diversi a creare un vero percorso di consapevolezza. «Chi vede un gigante, esamini prima la posizione del sole e faccia attenzione che non sia l’ombra di un pigmeo», diceva Novalis. Niente di più vero. E il nuovo calendario della Polizia di Stato ci mostra davvero che l’ombra è solo una parte della verità. Chi non ha paura di farsi conoscere da dei ragazzi e di mettere nelle loro mani il destino di un calendario, è sereno, conosce l’importanza della sua responsabilità.
La Polizia, il calendario e l’Unicef
È dal 2002 che la polizia ha allungato il passo dell’impegno verso i più deboli, sostenendo, in collaborazione con l’Unicef, diversi programmi di educazione scolastica per bambini e di formazione per i più grandi attraverso i proventi raccolti ogni anno dalle vendite del proprio calendario. È in quest’ambito che è stato siglato a Roma il 28 novembre 2008 un protocollo d’intesa tra il capo della Polizia Antonio Manganelli e il presidente dell’Unicef Italia, per rafforzare il legame tra i due enti nel difendere “insieme” il mondo dell’infanzia. “Insieme” è la parola che non a caso ritorna anche nel titolo del calendario della polizia 2011: “C’è più sicurezza insieme”. Quest’anno sarà il Bangladesh, il Paese con la maggiore densità di popolazione del mondo, a beneficiare di quest’aiuto, perché su 65 milioni di bambini, 5 milioni già lavorano e circa 400mila vivono in strada. La collaborazione tra Polizia di Stato e Unicef mira a far sì che questi bambini possano frequentare le cosiddette “scuole di strada”, ossia le scuole allestite all’aperto per loro. L’auspicio è che anche per il 2011 l’aiuto sia sostanziale come quello degli anni precedenti, se si considera che con la vendita del calendario della polizia 2010 si sono ricavati circa 159mila euro per il progetto Unicef nel Sud del Sudan, contro la violenza a donne e minori. Dalle prenotazioni già fatte presso gli uffici Urp delle questure, si stima che entro febbraio 2012 sarà possibile dare un aiuto concreto a 6mila bambini di strada, accogliendoli nelle scuole e nei centri di formazione professionale. Come fare di più? Continuando a comprare al costo di 8 euro il calendario da parete dalle dimensioni verticali 34x48 e con 6 euro quello da tavolo. Un grande gesto con una piccola spesa, considerando che in Bangladesh l’80% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno. Ulteriori informazioni sulle modalità d’acquisto sul sito www.poliziadistato.it.
Anna Lisa Spitaletta
Il sociologo: «Più forti, più consapevoli»
Il calendario 2011 sotto la lente di Giovanni Boccia Artieri, docente di Sociologia dei new media e Comunicazione pubblicitaria e linguaggi mediali all’Università di Urbino “Carlo Bo”. «Questo prodotto mi sembra il frutto di una maturazione diversa rispetto ai soliti calendari che possono essere autocelebrativi. Si vede che è fresco, meno banale a partire dalla prima immagine che è fra tutte la più dirompente e scioccante. Inoltre, attraverso questo progetto i ragazzi hanno riflettuto in gruppo, si sono confrontati tra di loro per vedere la polizia nelle diverse situazioni e trovare un’immagine che le potesse sintetizzare: questo è un processo altamente educativo. Il fatto che l’iniziativa non sia partita da loro ma siano stati invitati dalla polizia a farlo li ha costretti a confrontarsi con le loro idee e anche con i loro pregiudizi. Trovo particolarmente interessante il loro bisogno di andare oltre la divisa, di vedere l’aspetto umano e il risvolto familiare. Indica come la divisa per molti di loro, oltre ad avere un ruolo protettivo, rappresenta, forse inconsciamente, un freno, crei una distanza. Quindi, aver cercato di ricostruire una vicinanza significa aver cercato di metabolizzare questa distanza con delle immagini simbolicamente più forti. Dalla bella e “dura” partenza di gennaio si giunge mese per mese a rappresentare meglio il ruolo del poliziotto inserendolo in una dimensione più vicina al cittadino. Una delle foto più belle è quella dello stadio in cui c’è il bambino che viene protetto dal poliziotto, è un’immagine forte anche questa. Credo che la creatività stia nella costruzione di tutto il percorso. E anche le immagini meno originali, viste nel percorso, lo sono».