Antonella Fabiani

La forza del dialogo

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Figura carismatica e grande comunicatore, Giovanni d’Ercole, vescovo Ausiliare e vicario generale dell’arcidiocesi de L’Aquila ha il compito di restituire fede e speranza alle popolazioni colpite dal terremoto

È un volto noto al pubblico per la conduzione del programma televisivo Sulla via di Damasco, ma è anche stato, dopo anni dedicati al campo sociale, vicedirettore della Sala stampa della Santa Sede. Per monsignor Giovanni d’Ercole la vocazione sacerdotale si unisce a quella della comunicazione, rendendolo una personalità carismatica capace di catturare l’attenzione della gente con pacatezza e intensità. Dal dicembre dello scorso anno è vicario generale dell’arcidiocesi de L’Aquila, con il compito di collaborare alla ricostruzione delle chiese locali dopo la devastazione del terremoto ma anche di stare vicino a una comunità bisognosa di conforto. Un impegno che si ricollega idealmente a quello del fondatore dell’Opera a cui appartiene lui stesso: Don Orione, attivo durante il terremoto nella Marsica del 1915. Raggiunto nella provvisoria sede della Curia, un edificio prefabbricato, Giovanni d’Ercole ci parla dei grandi temi riguardanti l’uomo della nostra epoca, del significato della sofferenza, dei giovani, dei nuovi spazi di comunicazione virtuale, del compito della Polizia di Stato. Ma anche di speranza e solidarietà cristiane.

Il terremoto de L’Aquila ha lasciato una città ferita nelle cose e nelle persone. Molte di loro hanno perduto casa, lavoro, affetti. In che modo si aiutano le persone a rinnovare la speranza ed il coraggio per ricominciare? Come è stato accolto?

Con grande attesa e speranza. La mia missione è quella di venire in aiuto a una popolazione ferita nel cuore. Il terremoto ha distrutto le case e le chiese ma ha lacerato anche i cuori. Qui c’è tanto bisogno di ascolto, di stimoli. Io vorrei essere percepito come un sacerdote che sta con la gente, per condividere la loro difficoltà, per aiutarli a costruire insieme la speranza. Qui ci sono molte famiglie che hanno perso tutto, molti giovani colpiti dalla depressione. Ci vuole grande pazienza e grande capacità di accompagnamento. Questo è il lavoro che io faccio.

Sono molte le catastrofi in altre zone del mondo spesso dove c’è degrado e povertà. Tragedie collettive che molte volte provocano un senso di smarrimento. Perché?

I disastri naturali ricordano la fragilità dell’essere umano e della nostra società. Si corre dietro alla vita di tutti i giorni per poi scoprire che bastano trenta secondi per avere tutto distrutto. Questa è una gr

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01/07/2010