Raffaele Lupoli
La macchia nera
Mentre gli esperti sostengono che a largo della Luisiana il petrolio continua a fuoriuscire dalla falla in quantità 12 volte superiore a quella dichiarata, le compagnie fanno a “scaricabarile”. E intanto il mare muore
Mentre la macchina dei soccorsi mette in campo tentativi sempre nuovi e diversi per arginarla, la marea nera scaturita dall’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon a largo della Luisiana continua ad espandersi. Quel maledetto 20 aprile il disastro causato dall’impianto per l’estrazione petrolifera ha scoperchiato una serie di polemiche su inadempienze e responsabilità, tanto che l’amministrazione Obama ha dovuto correggere il tiro rispetto al precedente via libera a nuove trivellazioni offshore in cerca di giacimenti di greggio. Intanto il Noaa, l’organismo federale americano che si occupa della tutela ambientale delle acque e delle coste marine, ha reso noto un primo bilancio dei mezzi messi in campo per bloccare la falla. Secondo il sito dell’agenzia, a più di un mese dall’incidente sono al lavoro 13mila persone, che hanno disposto a difesa delle coste oltre 600 chilometri di barriere di contenimento e assorbenti, e sono stati spruzzati 712mila litri di sostanze disperdenti. La situazione di emergenza ha innescato perfino contatti inediti tra Cuba e Stati Uniti. I due Paesi sono stati giocoforza costretti ad avviare un confronto “a livello operativo” per tentare di arginare la macchia oleosa in continua espansione e i relativi danni. Danni che peraltro sono ancora difficili da quantificare in termini economici ma che certamente, dal punto di vista ecologico, definiscono i contorni di una tragedia ambientale tra le più gravi della storia. Tanto più che ancora non si è chiarito quale sia la quantità di petrolio che quotidianamente è fuoriuscita dalla falla.
A leggere alcuni studi indipendenti, la perdita di petrolio originata dall’esplosione della piattaforma nel Golfo del Messico potrebbe essere molto maggiore di quanto stimato dal Noaa. Forse 4-5 volte di più. La cifra fornita dal governo americano è stata ottenuta con un metodo chiamato Bonn Convention, basato sui colori dell’acqua, che sono usati per stimare lo spessore della macchia di petrolio: «Ma questo protocollo è specificatamente non raccomandato per le macchie molto grandi», ha spiegato al New York Times Alun Lewis, un esperto britannico. La stima iniziale fornita da