Antonella Fabiani
Volevo fare l’attore
Dagli inizi nelle radio private alle 15 conduzioni di Miss Italia, fino all’attuale successo con i Soliti ignoti. L’energia e la simpatia di Fabrizio Frizzi in più di trent’anni di carriera anche nel segno della solidarietà
Ha l’aria del ragazzo perbene, modi garbati, una energia esplosiva e contagiosa. Nato in una famiglia dove si respirava aria di cinema, ha realizzato più di duemila trasmissioni a partire da Il Barattolo, Tandem, e poi Donna sotto le stelle, Scommettiamo che...? accanto a Milly Carlucci tanto per citarne solo alcuni e ha il record di ben quindici edizioni di Miss Italia. Si è cimentato anche nella recitazione non solo nel teatro ma anche in una fiction per la televisione, Non lasciamoci più accanto a Deborah Caprioglio. Non solo. È sua la voce del cowboy Woody del cartone Toy Story. Potrebbero essere gli indizi (per fare il verso al suo commissario dei Soliti ignoti) per risalire all’identità di uno dei più popolari volti televisivi e cioè Fabrizio Frizzi. Raggiunto nel suo studio a Roma ci parla, con una spontaneità che conferma quella trasmessa dal piccolo schermo, del suo lavoro, dei suoi gusti e del suo rapporto con la Polizia di Stato.
Come è nata la sua passione per il mondo dello spettacolo?
Il mio primo amore è stato il cinema. Mio padre, che era un distributore cinematografico, ne parlava sempre e all’inizio speravo di fare l’attore. Altra cosa importante è stato l’ascolto di Alto Gradimento, condotto da Gianni Boncompagni e Renzo Arbore. Un programma che è stato fondamentale anche per molti miei colleghi, perché apriva nuovi orizzonti, facendoci comprendere che si poteva fare qualcosa di nuovo. Poi, quando alla metà degli anni Settanta sono arrivate le Radio private, al principio fuori legge, mi ci sono infilato subito. A diciotto anni uscivo di nascosto di casa per andare all’Hilton dove c’era la mia radio del cuore e dove cominciai a lavorare nel 1976. In seguito ho iniziato a fare anche il teatro e poi è arrivata la televisione. Da allora non mi sono più fermato.
Tra le sue esperienze c’è anche quella di attore nei panni dell’avvocato matrimonialista Paolo Bonelli nella fiction Non lasciamoci più andata in onda in due serie. Le piacerebbe ripetere questa esperienza, magari nei panni di un commissario?
Quella è stata sicuramente un’esperienza arrivata in un momento difficile della mia vita. Mi ero separato da poco, avevo appena compiuto 40 anni e interpretare un ruolo come attore è stato coronare il mio sogno di adolescente. Per un anno e mezzo ho fatto solo l’attore e mi sono divertito come un matto. È rimasto un legame forte anche con gli altri attori e credo di essere diventato anche bravino nelle ultime puntante. Sì, certo. Magari! Rifarei molto volentieri questa esperienza se me la proponessero, nei panni di un commissario poi...
Lei ha presentato anche eventi legati alla beneficenza come Telethon. Nel 2000, invece, ha donato il midollo osseo a una ragazza, Valeria. Una scelta di grande generosità. Cosa ha significato per lei?
Proprio questi giorni ricorrono dieci anni da allora. È stata la cosa più bella che ho fatto nella mia vita. Valeria è come se fosse una parente per me. Chiaramente è stata una scelta maturata negli anni. Anche io quando ero ragazzo giravo la testa dall’altra parte quando sentivo parlare di sofferenza. Devo ringraziare un signore che un giorno venne a trovarmi nel mio camerino poco prima della messa in onda della prima puntata de I Fatti vostri. Era il papà di un ragazzo morto di leucemia che avrei dovuto intervistare poco dopo. Mi parlò di questa malattia e io lo ascoltai. È stato un incontro che ha cambiato il mio atteggiamento. Poi con il tempo sono diventato testimonial e poi un potenziale donatore, finchè nel 2000 mi hanno chiamato per dirmi che una persona stava morendo ed era compatibile con il mio midollo. Cosa mi ha dato questa esperienza? La gioia di sapere che c’è una persona in più. Poi ho anche conosciuto Valeria durante la Partita del cuore del 2006, è stato uno dei momenti più commoventi della mia vita.
Tanti anni di carriera confermano l’attenzione e l’affetto del pubblico. Qual è il segreto?
I motivi sono più di uno. Intanto fare programmi di qualità e poi l’impegno costante nel proprio lavoro. Io credo che il pubblico sappia riconoscere chi è vero da chi non lo è. In trenta anni ho fatto il presentatore, l’attore, ho anche cantato. Ho spaziato molto nella mia carriera e ho anche molto rischiato ma credo che il pubblico che mi segue abbia premiato il fatto che sono sempre rimasto simile a me stesso.
Siamo al secondo anno della conduzione dei Soliti ignoti. Un programma dal sapore poliziesco in cui i concorrenti devono indovinare l’identità di personaggi, presentati in trasmissione, attraverso alcuni indizi. Premiato dagli ascolti indica che è ancora possibile fare una tramissione non urlata, in grado di coinvolgere l’attenzione del pubblico con una sana suspense?
Penso che il successo del programma sia dovuta anche all’uso di un linguaggio garbato, non urlato, e anche al fatto che non ci siano presenze femminili svestite. Il mio personaggio, che è un commissario, dà del “lei” a tutti. La “gentilezza rivoluzionaria” di cui ha parlato un quotidiano riferendosi ai Soliti ignoti credo sia il segreto del suo successo, come pure l’uso di formule desuete che hanno la forza di arrivare fino al pubblico a casa. E poi quando sto lì dentro mi sento un po’ collega della polizia.
Ha partecipato a diverse iniziative della Polizia di Stato. Com’è il suo rapporto con le forze di polizia? Pensa che sia importante che alcune campagne di educazione alla legalità siano associate ad un volto noto?
Il rapporto con la polizia è buonissimo. Fa solo piacere stare vicino a chi garantisce l’ordine e la sicurezza del Paese. Tante volte ho presentato i concerti della Banda ed è sempre stato un grande onore presentare questi eventi. Così come non mi costa nulla partecipare alle manifestazioni per la legalità nelle scuole. Per chi fa il mio mestiere è un altro modo per sentirsi utile, ed è anche un modo per avere delle informazioni e riportarle nella vita di tutti i giorni. Quando posso essere vicino alle istituzioni o alla Polizia di Stato ci sto col cuore.
Alcol, droghe, velocità fanno parte della cultura dello sballo di molti giovani con gravi ripercussioni oltre che sulla salute anche sulla sicurezza sulle strade. La polizia ormai da anni dedica campagne di informazione di educazione alla legalità nelle scuole. Quale messaggio darebbe ai ragazzi?
Per quanto mi riguarda ho sempre voluto sentirmi libero dai comportamenti degli altri e dai condizionamenti. Quando ero ragazzo mi è accaduto due volte di eccedere nell’alcol e siccome ho visto come possa condizionare i comportamenti ho giurato a me stesso di non farlo più. L’invito quindi ai giovani è di evitare di stordirsi, perché la forza della propria testa va mantenuta per non danneggiare né il presente né il futuro. Se si ha forza in se stesso è meglio evitare di mettersi in situazioni da cui è difficile tornare indietro. E invece quando si entra in certi consumi non si sa se si può tornare indietro.
Tra i settori sotto l’attenzione della Polizia di Stato c’è anche Internet, ormai spazio di incontro di milioni di persone (Facebook, Myspace, Msn e Twitter…). Qual è il suo rapporto con questo strumento di comunicazione? Lo utilizza per entrare in contatto con il suo pubblico?
La Rete è meravigliosa e spaventosa allo stesso tempo. Io la utilizzo per lavoro, per le mie ricerche da poter fare in tempi abbastanza rapidi. Ma non più di un’ora al giorno. La bellezza di questo mezzo è che mette tutto a disposizione e questo implica la capacità di gestire il proprio tempo. Per quanto riguarda i rischi se avessi un figlio sarei molto preoccupato, ma ho sentito che oggi si possono mettere dei filtri per la sicurezza. Invece ho deciso da poco tempo di essere presente su Facebook, cosa che avevo sempre rifiutato. Lo utilizzo soprattutto per scrivere piccoli editoriali su argomenti che mi stanno a cuore e per stare in contatto con i miei fan. Ammetto di stare parecchio indietro con le risposte ma prometto che a partire da giugno risponderò a tutti i messaggi e alle richieste di amicizia che mi sono arrivate.
Gli adolescenti sono gli interlocutori più difficili a volte da sensibilizzare, soprattutto quando si parla di regole e di consigli. Per la difficoltà di sintonizzarsi sul loro linguaggio. C’è qualche consiglio che si sente di dare in questo senso?
Parlare agli adolescenti e riuscire a parlare nel tempo, a farsi ascoltare è davvero una prova ardua e non credo di avere ricette miracolose... penso che l’unica maniera sia quella di parlare loro con intensa verità, cercando di interessarli, di farsi capire, magari con esempi nitidi e memorabili, di coinvolgerli per entrare nel loro fortino a seminare valori che possano, prima o poi, germogliare.
Quali sono gli hobby e le passioni di Fabrizio Frizzi lontano dal lavoro?
Molte passioni le ho purtroppo perse per strada per motivi di tempo. Comunque il mio tempo libero lo dedico agli affetti, ai pochi amici scelti e alla costruzione dei progetti di lavoro. Tra le passioni che ho dovuto abbandonare c’è il correre in macchina, in pista naturalmente.
Quale programma o ruolo le piacerebbe ancora fare che non ha potuto realizzare?
Per quanto riguarda la tv, la ciliegina sulla torta potrebbe essere la conduzione del Festival di Sanremo. Ma spero di riuscire a fare qualcosa di bello anche per il cinema. Il primo amore, la passione di papà, un ritorno al punto di partenza.