Alice Vallerini
L’età del gioco proibito
Cresce in Italia il popolo dell’azzardo online. Con forme preoccupanti di dipendenza. Anche tra i giovanissimi
Tramonta la figura del giocatore incallito che racchiudeva in sé, nell’immaginario collettivo, una sfilza di vizi, malcostumi e ossessioni oltre a una naturale propensione al lasciarsi coinvolgere dal malaffare. Niente più losche figure – così come voleva il cliché – curve sul tavolo verde fino a notte fonda con accanto un bicchiere mezzo vuoto e nell’animo nessuna voglia di rincasare. Oggi si gioca di più, si gioca (quasi) tutti, si gioca ad ogni ora del giorno e della notte e non necessariamente di fronte a un croupier. I monitoraggi dell’universo-scommesse e gli studi che fotografano il nuovo profilo degli adepti dell’azzardo parlano di un “popolo del gioco” trasversale, fatto di manager e disoccupati, ma anche di casalinghe di mezz’età, di pensionati, di adolescenti. Gente normale, padri di famiglia impeccabili, insospettabili ragazzine dall’aria timida e i massimi voti a scuola. Non tentano la fortuna nei luoghi “classici”, quelli storicamente deputati all’azzardo, ma ci provano col poker online, con il lotto, il gratta e vinci, le new slot. Timorosi nel puntare grosse somme tutte insieme e nell’infilarsi in luoghi che evocano il concetto tradizionale di “bisca”, sono disposti a bruciare pochi euro in modo sistematico e a sfidare la sorte nel quotidiano, magari dentro un bar. Specie in tempi di crisi, quando l’azzardo appare un metodo-scorciatoia per un balzo immaginario in un futuro migliore, fino a trascurare senza nemmeno accorgersene la scuola, il lavoro, gli amici e le passioni di sempre.
Una ricerca portata avanti dal Coordinamento nazionale Gruppi giocatori d’azzardo (CoNaGGA) sulle abitudini degli italiani attesta che ultimamente la spesa pro capite per le scommesse non fa che aumentare: con le giocate stimate per tutto il 2010, secondo le proiezioni, si potrebbero costruire non uno ma dieci ponti sullo stretto di Messina. I movimenti previsti sono infatti di sessanta miliardi di euro (sono stati cinquantatre nel 2009). Lo stesso studio mette poi in luce che le tipologie di giochi preferite dall’utenza sono quelle in cui mancano quasi del tutto le relazioni con altri giocatori, ossia le sfide che chi gioca si porta avanti da solo. E non è un mistero che l’alienazione dai rapporti umani è una di quelle condizioni che mettono l’individuo a rischio di dipendenza.
Gli esperti e i responsabili delle associazioni che da anni aiutano i “malati” di gioco a uscire faticosamente dal tunnel e a riappropriarsi della propria vita, spiegano che il recente proliferare di concorsi, lotterie, gratta e vinci, e l’avvento dei giochi online ha fatto aumentare di anno in anno il numero di persone che sborsano banconote di grosso taglio davanti alle “macchinette” dei bar e s’indebitano per rincorrere la fortuna: secondo le associazioni dei consumatori oggi la spesa media procapite nel nostro Paese è pari a circa ottocentonovanta euro annui. Una cifra che – com’è noto – non finisce tutta nei circuiti legali ma alimenta in buona parte un mercato parallelo sul quale da tempo ha affondato gli artigli la malavita. Senza contare il fenomeno dell’usura, che da sempre fiorisce proprio nelle circostanze in cui la disperazione di aver perso tutto lascia spazio nelle persone alla speranza di poter risalire la china attraverso la richiesta di prestiti a interessi stellari.
A porre l’attenzione sull’aggravamento della situazione, proprio nelle ultime settimane, è stato il Codacons, secondo cui l’Italia può definirsi “la capitale mondiale dell’azzardo”. Fanno sapere all’Associazione che i giocatori sono circa 28 milioni, ma quelli abituali sfiorano quota sette. Di questi circa 750mila presentano vari tipi di patologie legate al gioco e circa ottantamila autentiche forme gravi di dipendenza. «Si tratta di una vera e propria piaga sociale – evidenzia il Codacons – che getta sul lastrico le famiglie, crea indebitamento e spesso sfocia in suicidi e altre tragedie». La realtà drammatica dei “tossici da gioco”, tra l’altro, a detta degli esperti va sempre moltiplicata almeno per tre, se si considerano le conseguenze del “mal d’azzardo” sui familiari di chi entra nel circuito delle scommesse e non riesce a uscirne. I guai dell’intero nucleo si riscontrano a quel punto sul piano affettivo, relazionale e naturalmente economico, specie se si considera che secondo diversi studi di settore tra i lavoratori precari o saltuari l’80% ha giocato almeno una volta d’azzardo. «Coloro che hanno meno risorse economiche – spiegano al Coordinamento nazionale Gruppi giocatori d’azzardo – sono più disposti dei benestanti a spendere il proprio denaro per ricercare una vittoria che permetta loro di cambiare radicalmente la vita».
Ad evidenziare i problemi legati al dilagare delle nuove forme “soft” di scommessa, come le sempre più diffuse lotterie istantanee, e alla crescente propensione al gioco dei giovanissimi dovuta in parte agli apparentemente innocui tagliandini reperibili in bar e ricevitorie, è poi una recene ricerca condotta su 40mila studenti dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr) secondo cui gli adolescenti italiani sono sempre più pronti a lanciarsi nel gioco: in base ai monitoraggi relativi al 2009 il fenomeno, che va dai gratta e vinci (i preferiti in assoluto) alle scommesse sportive, dal lotto al superenalotto, è in preoccupante ascesa e interessa circa la metà degli studenti italiani, con un incremento maggiore tra le ragazze. I minorenni che scommettono illegalmente sarebbero più di mezzo milione: 550mila. Lo studio attesta che la speranza di diventare milionari, tentando la fortuna, è molto più diffusa al Sud che al Nord e che oggi il gioco d’azzardo cresce al ritmo del 13% all’anno. E ancora: dal 2008 al 2009, secondo il Rapporto Ifc-Cnr, la percentuale di studenti tra i 15 e i 19 anni che dichiara di aver “puntato” denaro almeno una volta negli ultimi dodici mesi è schizzata dal 40 al 47%: l’aumento maggiore è fra le ragazze, passate dal 29 al 36% a fronte di un “salto” dei coetanei maschi dal 53 al 57%. Per quanto riguarda i contesti di gioco, ai primi tre posti si trovano i locali pubblici non dedicati come bar, tabaccherie, pub (32%), case private (20%) e solo in ultimo le sale scommesse (12%). Secondo Rolando De Luca, psicologo e responsabile del Centro di terapia di Campoformido (Ud) per ex giocatori d’azzardo e per le loro famiglie, è stato proprio un favorevole contesto sociale fatto di offerte di azzardo sempre più “istituzionalizzate” a far sì che i giovani, fino a pochi anni fa estranei alla propensione per il gioco, ne siano oggi entrati a far parte. «Come aiutare i ragazzi? – si domanda De Luca – Indispensabile per cominciare un percorso terapeutico di recupero è la richiesta d’intervento da parte degli interessati che però presuppone la presa di coscienza del problema. Ma quasi sempre i giovani non avanzano tale richiesta e, infatti, a Campoformido, dove dal 1997 conduco dieci gruppi di terapia per giocatori d’azzardo e i loro familiari, uno solo è composto da giovani che per lo più praticano il poker online, le scommesse sportive su Internet e i gratta e vinci».
C’è infine un altro aspetto da non trascurare. Con le scommesse online sui cellulari e sui palmari, il mercato dell’azzardo ha acquisito in tempi record un ulteriore settore: l’iPhone, ad esempio, oggetto-feticcio adorato dai giovanissimi, è fornito di un buon metodo di hosting di applicazioni mobili per i casinò online e sta diventando un passatempo per gli scommettitori, e non solo per loro. Come se non bastasse, l’arrivo del nuovo Apple iPad, sul mercato da aprile, ha alzato la posta in termini di potenzialità e permesso di usufruire di applicazioni online ancora più sofisticate: il touch screen interattivo consente ai giocatori di mimare l’azione e vivere la sfida in modo più realistico. Gli appassionati di slot, per esempio, possono spingere fisicamente sullo schermo il pulsante “spin” piuttosto che cliccarlo con il mouse, migliorando l’esperienza all’interno dei casinò online. Uno scenario destinato ad evolversi in tempi brevi, visto che le tecno-novità non sono altro che un costante invito per gli operatori delle scommesse via Internet e delle slot, ansiosi di sviluppare e proporre nuovi prodotti dedicati ai cellulari: molte delle sale da gioco virtuali offrono già una serie di giochi entusiasmanti per il mobile, come le slot machine, il video poker, blackjack e invitanti roulette.
Il terrore di vincere
di Pupi Avati
Mio nonno paterno possedeva cavalli da corsa. Giocava d’azzardo. Era ricco, aveva un negozio di antiquariato importante nella Bologna degli anni Trenta. La sua passione per il gioco lo travolse conducendolo alla rovina. Tutta l’adolescenza di mio padre è stata segnata da questo evento che condusse suo padre addirittura a morirne. Vivo da sempre il terrore che un evento del genere si replichi all’interno del mio contesto familiare.
Ho nei riguardi del gioco una sana diffidenza che è dettata da una sorta di vigliaccheria, la paura di perdere, alla quale va ad aggiungersi la consapevolezza che il denaro “vinto” ai miei occhi non ha valore. Sembrerà assurdo, l’ho già affermato senza essere creduto, io non gioco (a nessun gioco!) nel terrore di vincere. So per certo che una grande vincita sconvolgerebbe la mia vita, rimetterebbe totalmente in discussione la scala di valori alla quale faccio da sempre riferimento. Girando spot pubblicitari una trentina di anni fa ho guadagnato parecchio in una giornata di lavoro. Beh, quel denaro ottenuto con così poco sforzo, l’ho sprecato spendendolo di fretta, il senso di colpa del ladro che si vuole liberare della refurtiva.
Quando nel 1986 decisi con mio fratello Antonio di affrontare l’argomento del gioco in un film, provenivamo da un insuccesso e stentavamo a reperire le risorse per mettere in cantiere un nuovo progetto. Quale racconto più economico di quello incentrato su una lunga partita a poker, cinque attori, un ambiente, un paio di mazzi di carte… così nacque Regalo di Natale...
Avevo già raccontato l’amicizia ma avvertivo di aver ecceduto nel dipingere quel sentimento solo in modo solare e rassicurante, omettendo il rischio del tradimento. E io il tradimento lo avevo subito e a mia volta praticato. Così, per raccontare come si erano trasformati i sorridenti amici della mia remota adolescenza ho scelto la notte più Santa da dissacrare e il gioco del poker (finalizzato alla vincita di denaro attraverso il bluff). La preparazione a questa regia l’ho acquisita negli anni, frequantando le compagnie teatrali. Trascorrevo nottate “osservando” attori, allora di grido, giocarsi i loro emolumenti al poker. Il grande brivido, l’emozione somma, gli occhi lucidi li ho sempre riscontrati in chi perdeva. Mai in chi vinceva. Credo che il poker si giochi (al di là dei bari che psicologicamente ed eticamente sono da equipararsi ai ladri) soprattutto per provare l’ebbrezza della sconfitta. Vittorio De Sica in questo era maestro sommo.
Il mio consulente è stato un ex biscazziere di Firenze (Giovanni Bruzzi). Lui ha stabilito l’andamento della partita obbedendo ad uno schema di eventi e di dinamiche psicologiche che io gli avevo anticipato. Il far coincidere gli accadimenti della vicenda con le varie “mani” della partita è stato complesso ma anche eccitante e l’equilibrio ottenuto mi inorgoglisce. Lo stesso Giovanni Bruzzi mi è stato consulente anche nel sequel del 2004 La rivincita di Natale. Avevo la sensazione che dal primo film il ruolo che aveva assunto il denaro fosse ormai inconfutabile. Volevo insomma aggiornare con un “tutti tradiscono tutti” quella che era una considerazione più consolatoria, se non altro meno negativa, che aveva motivato la prima partita.
Oggigiorno è un dato inconfutabile che la macchina interattiva sia diventata l’interlocutrice frequentata con la massima assiduità dalle nuove generazioni e che non si risolve solo nel rapporto con il gioco d’azzardo ma che può essere esteso a qualsivoglia contesto. Chi gioca con una macchina gioca contro se stesso.
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