Scuola Italia
Eric Holder, attorney general Usa: «State facendo un lavoro estremamente interessante contro terrorismo e immigrazione clandestina». Roberto Maroni, ministro dell’Interno: «Abbiamo definito una strategia di prevenzione basata sul rafforzamento della collaborazione tra i nostri Paesi e tra questi e gli Stati Uniti. Per quanto riguarda l’Italia il rapporto tra la nostra polizia e quella americana è eccellente». Sono citazioni tratte dai resoconti sul G6 di Varese di fine maggio. Insieme danno il senso della svolta che questo vertice (con i responsabili della sicurezza di Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Polonia, Italia, più il commissario europeo agli Affari interni e appunto il ministro della Giustizia americano) ha rappresentato. Ovvero, usando le precise parole di Eric Holder: «Dobbiamo imparare gli uni dagli altri». In sintesi: le strategie varate dall’Italia per affrontare immigrazione clandestina, terrorismo e criminalità organizzata rappresentano modelli coerenti da esportare
La novità vera è che l’Italia fa scuola. I fatti lo giustificano. Per esempio, gli accordi bilaterali stipulati con molti Paesi di origine e transito dell’emigrazione clandestina hanno ridotto quasi a zero il dramma delle carrette di schiavi e negrieri sulle nostre coste. Dunque, primo: il paradigma degli accordi sui flussi migratori diventerà pratica comune dell’Europa, dove si lavora affinché Frontex non sia più solo un’agenzia di coordinamento dei sistemi di sorveglianza alle frontiere Ue ma si assuma la responsabilità del controllo dei confini esterni e della gestione dei Centri di accoglienza e rimpatrio. Secondo: riguardo al terrorismo, tenendo conto in generale del fenomeno e in particolare dei pericolosi “kamikaze fai da te”, la strategia di prevenzione basata su accurati scambi di informazioni tra Italia, Ue e Usa, diventerà pratica corrente. Terzo: il modello di lotta alla criminalità organizzata (anche) attraverso l’aggressione ai suoi patrimoni illeciti, che in due anni ha prodotto il recupero di 11 miliardi di euro, verrà implementato in tutta Europa, per evitare tra l’altro che le mafie spostino i loro capitali in Paesi meno attrezzati giuridicamente. Sono queste le “best practices made in Italy” che il ministro Maroni porta in questi giorni all’Onu in occasione dei dieci anni della Convenzione di Palermo, pietra miliare della lotta globale alla criminalità transnazionale, firmata nel 2000. Strategie che al centro hanno il lungo lavoro di tessitura realizzato dagli operatori del Dipartimento della pubblica sicurezza.